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Dossier/ Quando il terrorismo è nostrano (2)

immagine: new york review of books

a cura di Lucia Frigo

L’estrema destra, in Europa, è un problema mai del tutto sopito. A più di 70 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, gruppi neonazisti, antisemiti e suprematisti continuano a ritornare sui titoli dei giornali e reclutare proseliti. La maggior parte di queste organizzazioni è monitorata soprattutto per “violenza di matrice estremista”, ovvero per atti come aggressioni razziali e crimini d’odio. Ma episodi di vero e proprio terrorismo si manifestano sempre più spesso, spingendo governi, Ong e persino Bruxelles a elaborare nuove risposte.

I Paesi europei hanno iniziato a fare i conti con un terrorismo di estrema destra straordinariamente letale già a partire dal 2011: era il 22 luglio quando il norvegese Anders Behring Breivik uccideva 77 persone tra Oslo e l’isola di Utøya . L’attentato, commesso completamente in solitaria, seguiva la sua pubblicazione su internet di un manifesto politico che inneggiava al suprematismo bianco e alla morte dei musulmani. Ma il terrorismo di destra sparge sangue anche in paesi come il Regno Unito, la Germania e persino l’Italia. La sparatoria di Macerata dell’aprile 2018, in cui un neonazista ha aperto il fuoco contro sei persone indossando la bandiera tricolore, è stata da subito etichettata dall’Europol come un attentato terroristico, commesso da un lupo solitario con numerosi legami con gruppi della destra radicale.

Il Report 2019 sul Terrorismo emesso dall’Europol documenta come i gruppi di estrema destra attivi nei vari stati dell’Unione Europea siano tra i più diversi: i Paesi scandinavi combattono da decenni movimenti neonazisti e identitari; nei Paesi Bassi, a causa degli alti tassi di immigrazione, la violenza è perlopiù di matrice anti-islamica; Repubblica Ceca, Austria ma anche Portogallo e Regno Unito sono più soggetti a violenza di tipo razziale, suprematista, con gruppi come “Generation Identity” a tutela della “razza superiore”, mentre in paesi come Germania e Ungheria l’antisemitismo rimane una delle prime cause di violenza estremista.

La costellazione di gruppi e cellule terroristiche è quindi spesso animata da motivi e priorità diversi, ma estremisti di paesi e organizzazioni diverse spesso comunicano tra loro, condividono materiali  e stringono legami anche con organizzazioni oltreoceano (principalmente negli Stati Uniti). Il gruppo “Generation Identity” è presente, con vari nomi e diversi leader, in alcuni Paesi dell’Europa Occidentale – ma anche in America e Oceania – ed è una tra le organizzazioni più attive sui social. Sfruttando la retorica anti-immigrazionista e tradizionalista (a difesa della cultura e delle tradizioni di un paese, che sarebbero “minacciate” dalle “invasioni” moderne), il movimento identitario raccoglie migliaia di sostenitori su Twitter e su Facebook. Solo una percentuale limitatissima dei contenuti condivisi da questi gruppi è illegale, perché colpevole di incitamento all’odio o per contenuti di stampo effettivamente terroristico: la maggior parte della propaganda rimane nell’ambito della libera espressione di opinioni politiche, e pertanto non può essere rimossa dai social media. Nonostante questo, anche i contenuti più blandi ottengono il risultato sperato, ovvero il continuo reclutamento di sostenitori e di militanti.

Questo dossier è la seconda parte di un approfondimento di Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo sul terrorismo di estrema destra. Potete leggere la prima parte cliccando qui.

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