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Ucraina, la strada in salita di Matteo Zuppi

Il Presidente Mattarella con il Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)

di Paola Caridi

“La nostra non è una mediazione, ma è un manifestare interesse, vicinanza e ascolto perché il conflitto possa trovare dei percorsi di pace. Tutto il resto sono attese che abbiamo tutti quanti, nello sperare che la guerra finisca, o speculazioni”. È lo stesso don Matteo Zuppi, il cardinale Zuppi, a definire al suo ritorno in Italia la missione di due giorni in Ucraina, compiuta gli scorsi 5 e 6 giugno. Non è uno sminuire il significato del viaggio che il presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha compiuto a Kiev, la sua visita a Bucha e la preghiera per le vittime, il suo incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy. È la descrizione – precisa – di una via, di una direzione: i “percorsi di pace”, appunto, di cui parla l’arcivescovo di Bologna.

I titoli dei giornali hanno dato, invece, un altro senso, decisamente irrealistico. Il senso di una missione impossibile, e del fallimento prevedibile. Come se la pace non fosse una ricerca continua. Bisogna mettersi a cercarla, la pace. A cercare dove è stata rinchiusa, la pace. Un passo dopo l’altro, lento, costante, senza sosta. Una mediazione non viene comunicata a noi giornalisti. Tanto meno la si mette nero su bianco in un comunicato stampa. Non c’è mediazione, dunque. C’è stata una visita, molto sotto i riflettori. Ci sono state parole importanti. Anzitutto, però, ci sono stati – in quest’ordine – gesti e poi incontri. La visita a Bucha. L’incontro con Zelenskyy. Poi il resto – vale a dire il possibile viaggio a Mosca – si dovrà preparare, e quando si riuscirà a organizzarlo lo sapremo con una comunicazione ufficiale.

Del resto, del percorso, dei passi uno dopo l’altro non sapremo nulla, o quasi. Fa parte delle mediazioni, e cioè della creazione di canali tra nemici. Perché la pace, è banale dirlo, si fa non solo tra nemici, ma tra coloro che – reciprocamente – vengono considerati i “cattivi”, i “terroristi”, i “nazisti”. La costruzione di canali di comunicazione ha necessità di tempo e di discrezione, di un estenuante lavoro di tessitura che fa a botte con il lavoro di cronaca…. continua su Lettera22

In copertina il vescovo, Presidente della Cei, Matteo Zuppi

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