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Accordo USA-Cina: tanto rumore per nulla?

di Maurizio Sacchi

Il 14 di gennaio, Stati uniti e Cina hanno firmato la “Fase 1” dell’accordo commerciale, che dovrebbe risolvere la “guerra dei dazi” fra le due superpotenze. Il condizionale è d’obbligo, perché, malgrado la consueta retorica di Donald Trump  – “ Accordo gigante, epocale, mai visto nella storia” –  la gran parte degli esperti giudica questa congiuntura più un cessate il fuoco che una pace sostanziale e duratura.

Sarebbe ragionevole esaminare il nuovo accordo commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina e dire: tanto rumore… per questo?” . Neil Irwin,commentatore economico del New York Times, titola così il suo commento del 15 gennaio all’accordo appena firmato. E prosegue: “… l’ accordo iniziale non abolisce le tariffe esistenti su 360 miliardi di dollari di importazioni cinesi, il che significa che rimarranno i costi  aggiuntivi di cui molte aziende americane si lamentano. L’accordo blocca  solamente l’arrivo di una nuova raffica di tariffe originariamente fissate per  il mese scorso.”

Tutti i commentatori hanno espresso dubbi  sul fatto che i 200 miliardi di dollari di acquisti di prodotti americani, promessi dai cinesi  saranno realizzabili. In particolare, i 40 miliardi di dollari di acquisti agricoli, specialmente soia e carne suina previsti potrebbero superare la capacità produttiva degli agricoltori americani. Ma già da tempo negli ambienti di Wall Street più che alle reboanti promesse presidenziali, si credeva che una accordo tra le due maggiori economie del mondo fosse troppo conveniente per entrambe le parti. Ecco perché negli ultimi mesi la fiducia del mercato azionario: ha prodotto un’ascesa  del 12% nell’ indice Standard & Poor 500 da ottobre ad oggi.

Trump non ha mai potuto dimostrare che le minacciate tariffe del 15 dicembre non avrebbero effettivamente danneggiato l’economia americana”, ha affermato Douglas Rediker, presidente di International Capital Strategies . “E la Cina era alla disperata ricerca di evitare maggiori tariffe e di  ridurre quelle esistenti. Quindi arrivare a un “sì” era un obiettivo comune “. Conclude il New York Times: “Ciò ha lasciato spazio all ‘”ambiguità costruttiva”, come spesso la definiscono i negoziatori  per consentire a entrambe le parti di proclamare vittoria”.

Quali conseguenze avrà questo accordo?

  A questa offensiva l’Europa sta rispondendo con le   tassazioni ai giganti del web, da Google ad Amazon, e con il processo contro Lockheed, il gigante dell’aerospaziale, anch’esso accusato di sovvenzioni statali. Ma la forza contrattuale di un’Europa divisa, e che vede crescere i movimenti sovranisti che la indeboliscono ancor di più, non è paragonabile a quella cinese. Ci sono dunque molti elementi che fanno preoccupare.

Insomma, l’accordo annunciato il 14 dicembre è più un cessate il fuoco che una pace duratura. E se la prospettiva di Trump si limita a pochi mesi, la Cina gioca questa partita con lo sguardo rivolto ben più in là. Si può facilmente affermare che questa guerra è tutt’altro che finita, e che i suoi esiti sono ancora tutti da scrivere.

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