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Israele/Palestina: guai interni e violenza senza fine

di Nina Images on Shutterstock

Continuano, da sei settimane, le manifestazioni a Tel Aviv e in altre città israeliane, contro le misure annunciate dal governo israeliano di Netanyahu per limitare l’azione della magistratura. Decine di migliaia di persone stanno infatti considerando la proposta di legge governativa come una forma di bavaglio alla giustizia. Allee proteste ha fatto seguito un drammatico discorso televisivo del presidente israeliano, Isaac Herzog, che ha invocato un compromesso e avvertito che lo scontro minaccia di portare il Paese “al collasso costituzionale e sociale”. Allo stesso tempo ha proposto cinque punti per arrivare a una riforma giudiziaria più contenuta e ha chiesto al Governo di congelare il suo progetto. Richiesta respinta con forza da molti, tra cui Aryeh Deri, una delle voci più importanti dell’esecutivo. “Non ci siano fraintendimenti – ha detto – non torniamo sulle riforme”. Per lunedì 20 febbraio è attesa una nuova manifestazione davanti alla Knesset, a Gerusalemme ovest.

La riforma della giustizia darebbe al governo il controllo sulla selezione dei giudici e renderebbe le leggi fondamentali immuni dal controllo giudiziario. Alcune di queste tredici leggi sono alla base del carattere laico delle sue istituzioni. Netanyahu è per questo accusato di voler indebolire i giudici, che negli anni sono stati considerati una delle forze chiave per mitigare la coercizione religiosa.

La violenza in Cisgiordania

Intanto in Palestina la violenza non si ferma. Pochi giorni fa, a Salfit, nel nord della Cisgiordania, un colono israeliano ha sparato alla testa di un giovane palestinese di 27 anni, uccidendolo. Il Ministero della sanità palestinese afferma che si è trattato di un’esecuzione di piazza rimasta impunita. Un altro ragazzo di 21 anni palestinese è stato ucciso nei giorni successivi a Nablus e altri 13 persone sono rimaste ferite durante un raid delle forze armate israeliane (Idf) in Cisgiordania. Il numero dei palestinesi assassinati dall’esercito e dai coloni armati nel 2023 è salito a 47.

Così come continuano le azioni terroristiche. L’ultima risale a venerdì 10 febbraio, quando un uomo palestinese alla guida di un veicolo si è lanciato contro una fermata del bus, nel quartiere Ramot di Gerusalemme est, uccidendo sul colpo tre persone, tra cui due bambini.

Legalizzati altri insediamenti

E anche la colonizzazione non accenna a retrocedere, anzi. Il governo di Israele ha infatti annunciato la legalizzazione (la prima dal 2012) di nove insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est e la costruzione di ulteriori 10.000 alloggi sul territorio palestinese. Si tratta di insediamenti ‘selvaggi’, perché costruiti senza l’autorizzazione di Tel Aviv. Queste comunità illegali sono state sempre ampiamente tollerate dall’esecutivo, ma oggi si è arrivati addirittura alla ‘legalizzazione’ degli stessi.

Attualmente ci sono 475mila israeliani in Cisgiordania, dove vivono in tutto circa 2,8milioni di palestinesi. Il numero dei coloni è destinato a salire, nonostante sia noto che la formazione di questi insediamenti viola il diritto internazionale, in particolare la Quarta convenzione di Ginevra del 1949. Il via libera arrivato domenica 12 febbraio è stato presentato come “una risposta” agli attacchi palestinesi avvenuti a Gerusalemme nei giorni precedenti. La decisione ha suscitato le critiche di Stati Uniti e diversi Paesi europei: “Ci opponiamo fermamente a tali misure unilaterali – ha dichiarato il segretario di stato USA Antony Blinken – che esacerbano le tensioni e minano le prospettive di una soluzione negoziata a due Stati”.

I gruppi armati di giovani palestinesi

A dicembre, gli esperti delle Nazioni Unite avevano condannato il governo di Tel Aviv per la violenza record registrata nel 2022, l’anno più mortale dalla fine della seconda Intifada, ma questo anno potrebbe essere anche peggio. E in questo scenario pesa lo scoramento politico. La guida del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas è infatti sempre più messa in discussione da nuovi gruppi armati, come le Brigate Jenin e la Fossa dei leoni a Nablus. Organizzazioni composte da giovani tra i 18 e i 25 anni.

“Si allarga la crisi politica in Israele- commenta di Mattia Serra dell’Ispi Mena Centre – Mentre la maggioranza spinge per l’approvazione della discussa riforma della giustizia, continuano sempre più partecipate le manifestazioni di piazza di chi accusa il governo di minare la democrazia nel paese. La proposta di mediazione presentata dal Presidente Herzog la scorsa domenica non sembra essere riuscita a smorzare i toni di un dibattito ormai rovente. Allo stesso tempo, la decisione di legalizzare nove avamposti in Cisgiordania rischia di alzare nuovamente il livello di tensione coi palestinesi, specialmente in un periodo in cui continuano imperterriti gli episodi di reciproca violenza. In questo contesto, un nuovo periodo di caos e rinnovata violenza sembra affacciarsi all’orizzonte”.

*In copertina foto di Nina Images on Shutterstock

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