Tensione alle stelle in Palestina

Dopo il raid israeliano a Jenin la situazione è sempre più tesa. Incursioni aeree, lancio di razzi su e da Gaza e scontri in Cisgiordania. Il punto

Sono giorni particolarmente tesi in Palestina. Dopo il raid israeliano a Jenin del 26 gennaio, costato la vita a nove palestinesi, non si sono infatti fermate le violenze. Subito dopo i fatti di Jenin, il 27 gennaio, un uomo palestinese ha ucciso sette ebrei israeliani in un attacco in un insediamento di Gerusalemme Est. I giorni successivi si sono verificati altri raid e altre uccisioni di palestinesi, portando il numero totale di morti palestinesi, nel solo mese di gennaio ad almeno 35. Moltiplicati anche i raid aerei su Gaza e i lanci di razzi dalla Striscia. Aerei israeliani, ad esempio, hanno bombardato nella notte tra il 1 e il 2 febbraio la Striscia di Gaza almeno sette volte, uccidendo dieci palestinesi. Gli attacchi sarebbero una rappresaglia per il lancio di un razzo dalla Striscia verso la zona di Sderot, nel sud di Israele. La radio militare israeliana sostiene che il razzo palestinese sia stato intercettato dal sistema Iron Dome. Dopo i raid israeliani altri razzi sono partiti dalla Striscia di Gaza in direzione del territorio israeliano. A rivendicarli le Brigate Al-Qassam, l’ala militare di Hamas. “Le nostre Brigate Al-Qassam affrontano eroicamente l’aggressione dell’occupazione e il suo bombardamento della Striscia”, hanno detto, aggiungendo anche che il lancio di razzi è stata una risposta ai raid nella Cisgiordania occupata e al trattamento dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.

L’attuale clima di tensione in Cisgiordania ha infatti portato le autorità carcerarie israeliane ad adottare misure sempre più dure contro i detenuti palestinesi nell’ultima settimana, secondo i gruppi legali e per i diritti dei prigionieri palestinesi. Questi includono l’isolamento, l’aumento delle perquisizioni nelle celle e il divieto di visita.

Nei giorni scorsi, inoltre, il governo israeliano ha cercato di far passare una legislazione che secondo molti palestinesi equivarrebbe a una “punizione collettiva”. Questa comporterebbe la demolizione accelerata delle case dei familiari dei palestinesi che hanno effettuato attacchi, nonché piani per rendere più facile per gli israeliani ottenere armi. Intanto il massimo diplomatico degli Stati Uniti, Antony Blinken, ha fatto pressioni sul presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas affinché “riprendesse il controllo” di Jenin e Nablus in Cisgiordania. Il rapporto, pubblicato mercoledì, è arrivato sulla scia di un tour in Medio Oriente di Blinken all’inizio di questa settimana, dove ha incontrato prima il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e poi Abbas nella città di Ramallah, in Cisgiordania. I funzionari hanno anche affermato che una forza speciale palestinese riceverà addestramento per poi essere dispiegata nell’area per contrastare la resistenza dei gruppi armati.

La violenza di questi giorni ha fatto tornare Amnesty a parlare di Apartheid. Le autorità d’occupazione israeliane “devono smantellare il sistema d’Apartheid che sta causando così tante sofferenze e spargimento di sangue” nei Territori palestinesi occupati, ha dichiarato mercoledì la ong. Esattamente un anno fa l’organizzazione aveva pubblicato un importante rapporto di 280 pagine dal titolo “L’apartheid israeliano contro i palestinesi: sistema crudele di dominio e crimine contro l’umanità”, che rivelava la vera portata del regime di apartheid israeliano verso i palestinesi che vivono in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati, così come i rifugiati che si trovano in altri Paesi, ovvero oltre 5,6milioni di persone. 

“Da quando l’organizzazione ha lanciato un’importante campagna contro l’Apartheid, un anno fa, le forze israeliane hanno ucciso quasi 220 palestinesi, di cui 35 solo nel gennaio 2023”, ha aggiunto il gruppo per i diritti umani. “Le uccisioni illegali aiutano a mantenere il sistema d’Apartheid israeliano e costituiscono dei crimini contro l’umanità, così come altre gravi e continue violazioni da parte delle autorità israeliane, come la detenzione amministrativa ed il trasferimento forzato”.

Nel suo rapporto Amnesty International aveva documentato atti proibiti dalla Convenzione sull’Apartheid e dallo Statuto di Roma. Tra le misure adottate dalle autorità israeliane ci sono le restrizioni ai movimenti, sottoinvestimenti cronici e discriminatori nelle comunità palestinesi in Israele e la negazione del diritto al ritorno dei rifugiati. 

*In copertina Nablus, Palestine – January 06, 2019: Daily Life of Arabic City foto di Dave Primov su Shutterstock

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