Nigeria

Situazione attuale e ultimi sviluppi

Terrorismo dilagante, crisi economica e fermento per le elezioni presidenziali: sono queste le tregrandi questioni che dominano la Nigeria.

Mentre Boko Haram ha subito duri colpi (nell’agosto2022 l’esercito nigeriano ha ucciso il leader del gruppo, Alhaji Modu, alias Bem Bem), guadagna sempre più potere il gruppo che si riconosce come La Provincia dell’Africa occidentale dello Stato Islamico (Iswap). La sua presa di potere è arrivata dopo anni di tensioni all’interno dello stesso Boko Haram, che alla fine si è frammentato. L’Iswap si sta espandendo in nuove aree rurali nel Nord-est della Nigeria. Ha inoltre assorbito nei suoi ranghi diversi combattenti del gruppo Jas (Jamā’at Ahl as-Sunnah lid-Da’wah wa’l-Jihād), ma deve ancora affrontare la resistenza di altre unità pro-Jas, in particolare il gruppo Bakura che invade le paludi, le rive e le isole del lago Ciad settentrionale. Sono scontri di potere tra terroristi che incidono sulla sicurezza dei civili.

Intanto, il Paese si prepara alle elezioni presidenziali che dovrebbero svolgersi nel febbraio 2023. Alle primarie del partito di opposizione People’s Democratic Party (Pdp) è stato scelto come candidato Atiku Abubakar. Il partito al potere, l’All Progressives Congress (Apc), non potrà ricandidare l’attuale Presidente Muhammadu Buhari, già al secondo mandato: sarà Bola Tinubu a correre per l’ufficio. Un terzo candidato è Peter Obi, ex governatore del grande Stato orientale di Anambra e vicino al movimento #EndSars.

Ma a preoccupare i nigeriani è soprattutto la questione economica, visto che anche il settore petrolifero (la Nigeria è il secondo produttore africano dopo l’Angola) non sta dando i risultati sperati. A fine luglio 2022, il ministro delle Finanze Zainab Ahmed ha dichiarato che i fondi petroliferi per il primo quadrimestre 2022 sono stati del 61% più bassi di quanto previsto e i dati Opec confermano che la produzione di greggio nigeriana ha subito un vero e proprio tracollo negli ultimi anni, toccando il fondo a maggio 2022 con 1,02m di barili al giorno (esclusi condensati). Nel luglio 2022, la moneta nazionale, la naira, ha toccato il suo tasso di conversione più basso di sempre rispetto al dollaro statunitense.

Tutto questo mentre i rapimenti a scopo di riscatto dilagano, soprattutto nel Nord del Paese. Al banditismo diffuso, che nel solo mese di novembre 2021 ha costretto oltre 11.500 persone a rifugiarsi in Niger, si sommano le tensioni etniche. Protagonisti sono i pastori nomadi peul o gli agricoltori hausa, storicamente in competizione per il controllo di acqua e terra, divenuta sempre più carente a causa della desertificazione. Gli scontri sfociano spesso in massacri di villaggi e sequestri di massa.

Per cosa si combatte

Vari gli scenari di conflitto aperti nel Paese.  Nel Nord-est si susseguono da anni scontri e attentati dovuti alla presenza dei terroristi islamici. Nel Middle Belt le tensioni e le violenze sono invece causate dalla contrapposizione fra gli allevatori e le comunità agricole e sono aggravate dalla desertificazione causata dal cambiamento climatico. Nella regione petrolifera del Delta del Niger, invece, continua l’attività di guerriglia di gruppi ribelli che combattono la dominazione delle compagnie straniere di estrazione. Esistono poi (e sono in aumento) episodi di ribellione con conseguente repressione governativa nel Biafra, per le rivendicazioni di indipendenza della Regione. C’è inoltre poi l’elemento criminalità, più o meno organizzata, diffusa in tutto il Paese e in particolar modo nelle grandi città. Un nodo centrale di instabilità resta il terrorismo. La Nigeria si è classificata al sesto posto nell’Indice di terrorismo globale (Gti) 2022 pubblicato dall’Institute for Economics & Peace (Iep), in miglioramento rispetto alla quarta posizione del 2017. Le morti totali per terrorismo nel Paese sono scese a 448 nel 2021, il livello più basso dal 2011. Non c’è però da gioire troppo, perché il numero di attacchi è aumentato del 49% tra il 2020 e il 2021. Il 36% di questi è stato rivendicato dall’Iswap, Boko Haram è responsabile solo dell’8%, mentre il 44% non è stato attribuito a nessun gruppo.

Quadro generale

La Nigeria è una federazione di Stati creata nel 1914 dagli inglesi che, alla fine dell’era coloniale, ne hanno disegnato i confini secondo i propri interessi. Di fatto hanno creato una sorta di “mostro” sociale, economico e politico, trasformando in un unico Paese il Nord povero, semidesertico, abitato da hausa e fulani nomadi dediti alla pastorizia e storicamente di religione musulmana, e il Sud densamente popolato da popolazioni stanziali appartenenti a due etnie principali (yoruba e ibo) di religione cristiana.

La Federazione nigeriana è composta da 36 Stati e un Territorio (l’area della capitale Abuja) abitati da 250 etnie differenti con tre gruppi dominanti. L’estrema eterogeneità di culture, economie, storie, lingue, realtà climaticoambientali e religioni rende difficile la crescita di un forte senso di identità nazionale. I primi quarant’anni della storia del Paese indipendente sono una catena quasi ininterrotta di colpi di Stato e regimi militari. Fino al 1999, quando i nigeriani hanno potuto votare liberamente per la prima volta ed eleggere alla Presidenza Olusegun Obasanjo, che ha poi governato la Federazione per due mandati. La Nigeria è considerata uno dei giganti africani, insieme al Sud Africa, non tanto per la sua forza economica, quanto per la concentrazione di popolazione, che ormai ha raggiunto i 201milioni di abitanti.

È inoltre un grande produttore di petrolio e di altre risorse naturali: gas naturale, stagno, ferro, carbone, calcari, niobio, piombo, zinco. In agricoltura ha un buon terreno per cacao, arachidi, olio di palma, mais, riso, sorgo, miglio, cassava, yam e caucciù. Alleva ed esporta bestiame, come ovini, caprini, maiali.

A fronte di tutta questa ricchezza, però, nel 2022 oltre 80milioni di persone vivono in estrema povertà secondo i dati pubblicati dal World Poverty Clock (Wpc): il 39% della popolazione. Il 53% dei nigeriani che vivono sotto la soglia di povertà secondo i parametri stabiliti dalle Nazioni Unite sono residenti nelle zone rurali. In Africa, la Nigeria è il Paese con il maggior numero di persone che vivono in questa condizione, seguita dalla Repubblica Democratica del Congo.

Si piazza poi alla 129esima posizione (era 120esima nel 2021) nella classifica sulla libertà di stampa redatta da Reporter Senza Frontiere, che definisce la Nigeria come “uno dei Paesi più pericolosi e difficili dell’Africa occidentale per i giornalisti, che vengono spesso osservati, attaccati, arrestati arbitrariamente e persino uccisi”.

Ma la società civile si è mostrata molto attiva. Tra ottobre e dicembre 2020, si è verificata la più grande ondata di proteste degli ultimi trent’anni. A innescare la miccia è stato, il 3 ottobre, l’omicidio di un ragazzo a Ughelli, nello Stato meridionale del Delta. Gli assassini sono alcuni ufficiali della Sars (Special Anti-Robbery Squad), la squadra speciale anti-rapina della polizia. Da questo episodio ha ripreso vita il movimento #EndSars, nato nel 2017 dalle denunce dei giovani contro violenza e corruzione dell’unita anti-rapina e dalla sfiducia verso lo Stato centrale che ha sempre nascosto i suoi crimini. Le unità Sars furono create nel 1992 per contrastare le attività criminali. Da sempre però sono state accusate di abusi sui cittadini: arresti arbitrari, detenzioni illegali, rapine, estorsioni, torture e omicidi, in larga maggioranza ai danni di giovani.

Nel 2020, da Abuja e Lagos la protesta si è estesa a tutta la Nigeria, paralizzandola per tre mesi. Ed è stata accompagnata da una lunga catena di cortei, sit-in, occupazioni, sparatorie indiscriminate della polizia sui manifestanti, morti, feriti e devastazioni causate anche da teppisti infiltrati.

Oltre allo scioglimento delle Sars, nel mirino dei manifestanti c’erano la corruzione del Governo, le diseguaglianze sociali, la mancanza di opportunità, le discriminazioni di genere e le ingiustizie subite dalla comunità Lgbtq+. Femministe e attivisti sono stati colonne portanti delle dimostrazioni di malcontento.

Il movimento, secondo gli osservatori, potrebbe avere un ruolo fondamentale nelle elezioni 2023, visto che alcuni dei promotori hanno individuato Peter Obi, il 61enne ex governatore del grande Stato orientale di Anambra come proprio candidato.