I conflitti dell’ex Unione Sovietica – Transnistria, Abkhazia, Ossezia del Sud e Nagorno-Karabakh – ai quali va aggiunto, dal 2014, il caso dell’Ucraina (vedi scheda) con l’annessione della Crimea da parte della Russia e con la guerra nel Donbass, sono spesso definiti impropriamente conflitti “congelati”. In realtà nessuno di essi lo e veramente: basti pensare ai casi dell’Est Ucraina e del Nagorno-Karabakh (vedi scheda), dove si continua a morire. Come notato nell’edizione precedente dall’Atlante, sarebbe più opportuno paragonarli a vulcani, con esplosioni improvvise e poi lunghi periodi di attività sotterranea. Sono Territori che non fanno parte ne delle strutture ne delle organizzazioni internazionali più riconosciute e si basano generalmente sul sostegno dei propri “Stati sovrani” e della Russia.
Gli studiosi sostengono che probabilmente il termine migliore e più neutro per definirli sia “de facto”. Thomas De Wall, uno dei maggiori esperti sui conflitti sopracitati, descrive gli Stati de facto come luoghi che esercitano sovranita sui propri cittadini ma non sono riconosciuti dalla maggior parte del Mondo come autorita legali de jure in quel territorio. In tutti questi casi, gli Stati de facto si sono separati da uno Stato sovrano che e riconosciuto a livello internazionale e che ne rivendica ancora la sovranità. Inoltre, si trovano in un’area di rilevanza strategica: la zona di cerniera tra l’Europa e l’Asia, tra l’Unione europea e la Federazione russa. Non e un caso, dunque, che Mosca giochi un ruolo centrale. Dopo il conflitto in Georgia nell’agosto del 2008, Mosca ha formalmente riconosciuto l’indipendenza di Abkhazia e Ossezia del Sud e ha accresciuto il proprio sostegno economico ai due Stati de facto, diventando la prima fonte d’entrata per questi Territori. Nagorno-Karabakh e Transnistria, invece, sono casi significativamente differenti ma entrambi accomunati dal non essere Stati formalmente riconosciuti da Mosca. Nel primo caso, il maggior sostegno arriva dall’Armenia, anche se dalla guerra dei quarantaquattro giorni in Karabakh (vedi scheda) la Russia e riuscita a rafforzare il proprio controllo sull’Area, proponendosi come mediatrice tra le parti e inviando una missione di peacekeeper a monitorare il cessate il fuoco. La Transnistria invece e geograficamente la più lontana dalla Russia e non riceve fondi diretti da Mosca in quanto Stato non-riconosciuto, ma questo non esclude altre forme di sostegno.
Cecenia
La Cecenia e una Repubblica della Federazione russa e confina a Nord-ovest con il Territorio di Stavropol’, a Est e Nord-est con la Repubblica del Daghestan, a Sud con la Georgia e a Ovest con le Repubbliche dell’Inguscezia e dell’Ossezia del Nord-Alania. La sua e una storia travagliata, fatta di periodiche ribellioni al potere centrale, sin da quando entro a far parte dell’Impero russo nel 1873. La Seconda guerra mondiale offri ai ceceni la prima occasione per insorgere contro Mosca, sperando di poter approfittare del fianco aperto lasciato dall’Armata rossa impegnata sul fronte. L’obiettivo era già da allora la completa indipendenza. Per questo i ceceni furono accusati da Stalin di aver collaborato coi nazisti e subirono una durissima repressione subito dopo la fine della Guerra. Deportazioni di massa decimarono la popolazione, con l’obiettivo di sopire le spinte di rivolta russificando la Regione. Fu l’implosione dell’Unione Sovietica a dare nuovo impulso alle spinte indipendentiste, che sfociarono in una guerra contro Mosca. L’allora presidente ceceno Džokhar Dudaev dichiaro unilateralmente l’indipendenza dalla Russia nel 1991, sull’onda di molte altre Repubbliche sovietiche. La risposta russa non fu subito muscolare. Una legge voluta da Boris Eltsin e approvata dalla Duma nel 1992 concedeva larga autonomia a 86 entità territoriali dalla forte caratterizzazione etnica all’interno della neonata Federazione russa. La Cecenia, pero, non ritiro mai la propria dichiarazione di indipendenza e la trattativa si areno. Eltsin ordino di impedire la secessione, inviando nel 1994 40mila soldati nella Regione. Aveva inizio la prima, sanguinosa, guerra cecena. I russi erano demotivati, mal equipaggiati e indeboliti da una catena di comando inadeguata e corrotta. Subirono una serie di sconfitte iniziali, ma grazie alla forza soverchiante presero il controllo della capitale Groznyj a febbraio del1995. Un anno dopo, nell’aprile del 1996, il presidente ceceno Dudaev fu ucciso durante un’operazione coordinata dall’intelligence militare russa. La morte del leader indipendentista favori il successivo cessate il fuoco siglato da Eltsin e gli altri leader ceceni, a cui segui il trattato di Pace che pose fine alla prima guerra cecena. Era l’agosto del 1996. Le prime elezioni del dopoguerra portarono alla Presidenza il comandante delle forze ribelli, Aslan Maskhadov. Ma il consenso di cui godeva non fu mai tale da scalzare il potere di capi clan e signori della guerra che in molte zone costituivano l’unica autorità presente. E probabilmente questa la ragione alla base di una nuova escalation che porto il conflitto a divampare nuovamente nel 1999. Il casus belli fu offerto da alcune incursioni dei ribelli ceceni nella repubblica del Daghestan, col probabile intento di fomentare le locali istanze separatiste, insieme a una serie di attentati con esplosivi in diverse città russe, compresa Mosca. La seconda guerra cecena ebbe inizio con una serie di bombardamenti aerei, finché le truppe russe non entrarono nuovamente nella Repubblica ad ottobre del 1999. Meglio addestrati e attrezzati rispetto a otto anni prima, i militari di Mosca presero velocemente il controllo di tutta la Regione. Il risultato fu pero una devastazione di enormi proporzioni, che porto alla totale distruzione di Groznyj. Si può dire che da allora le forze militari russe non abbiano mai più lasciato la Cecenia. Gli anni che sono seguiti hanno visto un progressivo abbandono della guerriglia da parte dei miliziani e una netta pacificazione della Repubblica. Il merito, se di merito si puo parlare, e in gran parte ascrivibile alla salita al potere di Ramzan Kadyrov, fedele alleato di Putin, saldamente alla guida della Cecenia dal 2007. Dai primi anni 2000 in poi, il presidente Putin ha delegato alle forze di sicurezza di Kadyrov la lotta contro la rivolta armata. Non solo: l’ampiezza del potere di Kadyrov sorpassa, oltre ai confini regionali, anche quelli nazionali, con una politica estera indipendente e principalmente orientata verso il Medio Oriente. Il prezzo che Mosca e disposta ad accettare per la “pacificazione” della Cecenia comporta pero gravissime violazioni dei diritti umani, tra cui rapimenti, torture ed esecuzioni extragiudiziali a danno della comunita Lgtbqia+, che dal 2017 hanno attirato l’attenzione internazionale e che purtroppo non sono cessate. Secondo Human Rights Watch, le purghe anti-gay cecene sono indirettamente collegate alla “legge sulla propaganda gay” della Russia del 2013, che ha portato a un aumento della violenza omofoba in Russia e conseguentemente e “prevedibilmente” anche in Cecenia.
Transnistria
La Transnistria o Repubblica Moldava di Pridnestrovie e una Repubblica de iure moldava ma de facto indipendente dal 1991, situata sulla riva orientale del fiume Dnestr, tra la Moldavia e l’Ucraina. Durante l’Unione Sovietica, faceva parte della Repubblica Socialista Sovietica Moldava, ma secondo il censimento del 1989 la Regione era composta per il 39,9% da moldavo/rumeni, per il 28,3% daucraini, per il 25,4% da russi e per il 1,9% da bulgari. Preoccupate dal crescente nazionalismo moldavo e dall’abolizione del russo come lingua di Stato (in Transnistria era la lingua utilizzata dalla maggior parte della popolazione), le autorita locali organizzarono un referendum popolare nel 1990 dalla cui votazione emerse che il 90% degli elettori era favorevole alla secessione dalla Moldavia. Per questo, il 2 settembre 1990, la Transnistria si autoproclamo indipendente. Il crollo dell’Urss l’anno successivo e la dichiarazione d’indipendenza della nuova Repubblica di Moldavia ostacolarono pero la spinta indipendentista di questo Territorio, che si ritrovo a essere formalmente parte dello Stato moldavo. Per questo, il primo marzo 1992, la Repubblica di Moldavia, supportata dalla Romania, e quella de facto di Transnistria, appoggiata dalla 14esima armata dell’esercito sovietico e dall’Ucraina, entrarono in guerra. L’esercito moldavo risulto sconfitto e le parti firmarono un accordo di tregua il 21 luglio 1992. Dopo il raggiungimento del cessate il fuoco, fu creata una zona demilitarizzata tra la Repubblica di Moldavia e quella di Transnistria supervisionata da militari russi, moldavi e transnistriani, a cui si aggiunsero successivamente anche una decina di militari ucraini. Da quel momento,la Russia ha continuato a sostenere la Repubblica de facto di Transnistria pur non riconoscendone l’indipendenza. In particolare, Mosca le manda regolarmente e in forma d’aiuto forniture di gas, indispensabili per far funzionare l’industria metallurgica del Paese. La Transnistria, pero, da anni non paga i relativi consumi. Cosi, il debito formalmente a carico di Moldovagaz, la compagnia energetica russomoldava che si occupa di trasferire il gas russo alla compagnia di riferimento transnistriana, continua ad aumentare e Gazprom, che detiene il 50% delle azioni della società moldava, ha avviato la 16esima causa contro Moldovagaz per i debiti insoluti. Il sostegno di Mosca in ambito militare ed economico, ma anche sociale (per esempio, dal 2008 paga indennità per le pensioni dei residenti parastatali), rende ancor piu riluttanti i transnistriani a riavvicinarsi alla Moldavia, raggiungendo così l’obiettivo della linea politica russa, ossia quello di mantenere la Moldavia sotto la propria sfera d’influenza.