Colombia

Il 7 agosto 2022 si è insediato alla presidenza della Colombia Gustavo Petro, primo esponente di Sinistra a ricoprire la carica nei 200 anni di indipendenza del Paese. Petro ha battuto il candidato di Destra Rodolfo Hernàndez con un margine di circa 700mila voti. “Questo è il Governo della vita, della pace, e sarà ricordato come tale”, ha detto nel suo discorso inaugurale.

La vittoria dell’ex guerrigliero del movimento M-19 era stata preceduta da timori di un suo assassinio, come già accaduto con ben quattro candidati progressisti nel Dopoguerra, Gaitàn, Pardo Leal, Galàn e Pizarro.

La “pace totale” citata da Petro comporta il disarmo dell’Esercito di Liberazione Nazionale (Eln), l’ultimo gruppo guerrigliero attivo. Ma anche la sconfitta delle narcomafie, come il famigerato Clan del Golfo: malgrado l’immenso danno recato alla società e l’ostacolo posto allo sviluppo sociale, continuano a generare enormi profitti. A questo proposito, il nuovo Presidente ha proposto una svolta rispetto alla politica proibizionista: “la guerra alla droga ha rafforzato le mafie e indebolito gli Stati, (…) ha portato gli Stati a commettere crimini e ha fatto evaporare l’orizzonte della democrazia”. Sul fronte della guerriglia, l’accordo di pace con le Farc prevedeva una riforma agraria radicale, che assegni la terra ai contadini che non l’hanno, e il sostegno dello Stato allo sviluppo delle campagne.

La vittoria di Petro è stata preceduta da un vasto movimento di protesta, sfociato in un lungo sciopero generale nazionale, con blocchi stradali e scontri con la polizia. Le proteste iniziarono il 28 aprile 2021, quando il Governo propose una riforma fiscale fortemente punitiva nei confronti della classe media, ritirata dopo settimane di paralisi del Paese. La riforma fiscale proposta da Petro va nel senso opposto, tassando i redditi più alti per finanziare la sanità, le pensioni e l’istruzione e garantire il salario minimo. Il tutto mentre dovrebbe avvenire la transizione energetica per sostituire i combustibili fossili con fonti pulite ed eliminare la dipendenza dell’economia dalle esportazioni di carbone e petrolio.

La riorganizzazione del fisco dovrebbe pagare questa rivoluzione pacifica. Tuttavia, al Congresso l’alleanza che sostiene Petro non ha la maggioranza: il cambiamento non sarà facile. L’industria petrolifera rappresenta quasi il 50% delle esportazioni (legali) del Paese. Potrebbe imporsi una scelta fra l’attuazione delle riforme sociali e la conversione verde. Il dilemma è molto concreto e attuale. Il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) ha appena annunciato una partnership nell’Amazzonia colombiana tra l’agenzia delle Nazioni Unite e GeoPark, la multinazionale del petrolio. L’azienda ha contratti per trivellare vicino alla riserva siona e uno, di cui il Governo è l’altro firmatario, espanderebbe le operazioni in quella che i Siona considerano la loro terra ancestrale. Petro ha dato poi prova di pragmatismo includendo in posizioni chiave politici che non provengono dalla Sinistra. Ha nominato Ministro degli Interni, responsabile delle relazioni politiche, Alfonso Prada, che ha avuto una carriera nei partiti liberali e verdi. Rimane il dubbio su come si comporterà la classe imprenditoriale, mai abituata ad avere a che fare con un Governo di Sinistra che promette di cambiare radicalmente la struttura economica del Paese.