Pakistan Pashtun

Situazione attuale e ultimi sviluppi

Domenica 30 luglio 2023, durante un comizio in vista delle elezioni di novembre del partito conservatore Jamiat Ulema-e-Islam (JUI-F), ha avuto luogo un attacco terroristico alla periferia di Khar, nel distretto nord-occidentale di Bajaur, al confine con l’Afghanistan. L’esplosione, causata da un attentatore suicida, ha ucciso almeno 54 persone e ne ha ferite più di 200. Si è trattato di uno dei quattro peggiori attacchi nel nord-ovest del Pakistan dal 2014, e il ramo locale del gruppo dello Stato Islamico in Pakistan ne ha rivendicato la responsabilità. Il gruppo, che si fa chiamare Stato Islamico di Khorasan (ISKP), ha dichiarato che l’attacco fa parte di una ‘guerra in corso contro la democrazia’. Dal 2017, l’ISKP ha preso di mira almeno quattro volte i funzionari del partito politico JUI-F, noto per i suoi legami con gli islamisti integralisti e per la sua condanna verso i militanti che cercano di rovesciare il governo pachistano. Il Pakistan ha visto una recrudescenza degli attacchi dei militanti islamici dallo scorso anno, non solo da parte dell’ISKP ma anche dei Talebani pachistani – i quali hanno condannato l’attacco di Bajaur. Il Ministro degli Interni Marriyum Aurangzeb ha scritto sui social media: “Porre fine al terrorismo è molto importante per la sopravvivenza e l’integrità del Pakistan. La recente escalation della militanza è piuttosto allarmante, soprattutto gli attacchi come questi, che sono condannati anche dai Talebani, e che non provengono dai Talebani ma da altri attori. Ciò significa che lo Stato pachistano potrebbe dover combattere su più fronti per controllare questo fenomeno”. Il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres ha condannato tutti gli atti di terrorismo e gli attacchi deliberati contro i civili e ha espresso la sua solidarietà al Governo e al popolo del Pakistan nella loro lotta contro questo flagello.

L’ex Primo Ministro del Pakistan, Imran Khan, sfiduciato nel 2022, è stato arrestato il 6 agosto 2023 dopo essere stato condannato a tre anni di carcere per corruzione. Khan, una stella del cricket trasformatasi in politico populista, fondatore e Presidente del Pakistan Tehreek-e-Insaf (Pti), è accusato dalla Commissione elettorale di aver abusato della sua premiership tra il 2018 e il 2022 per acquistare e vendere illegalmente regali di Stato ricevuti durante le visite all’estero, per un valore di oltre 140 milioni di rupie pachistane (500.000 dollari). Si tratterebbe di sette orologi, sei dei quali Rolex, braccialetti e altri oggetti. La condanna, emessa in contumacia, vieta a Khan di ricoprire cariche politiche per i prossimi cinque anni. In un messaggio preregistrato prima del suo arresto a Lahore, Khan ha esortato i suoi sostenitori a organizzare proteste pacifiche e a non rimanere in silenzio a casa. Anche se ci sono state piccole proteste, a differenza di quando il signor Khan è stato arrestato a maggio, non ci sono state proteste di massa in suo sostegno.

Proprio la sfiducia del premier Imran Khan ha fatto subitre alla politica pachistana un ribaltone nell’aprile 2022. Il partito di Khan, Tehreek-e-Insaf (Pti), nelle elezioni del 2018 aveva ottenuto 115 seggi nell’Assemblea Nazionale. Aveva potuto imporre così Imran alla carica di primo Ministro, scranno vinto con 178 voti contro i 96 di Mian Muhammad Shehbaz Sharif, premier dall’11 aprile 2022 e Presidente della Pakistan Muslim League-N (Pml-N). La reazione di Imran non si è fatta attendere. Ha accusato anche gli Stati Uniti di volere la sua rimozione, per la sua politica estera indipendente e le relazioni amichevoli con Cina e Russia. Il suo partito ha poi portato in piazza numerose volte diverse centinaia di migliaia di suoi sostenitori. La tensione è arrivata alle stelle quando, in agosto, Imran ha rischiato l’arresto, commutato poi in una cauzione preventiva e in un rinvio del processo istruito in base alla legge anti-terrorismo. La sua popolarità resta alta, tanto da aver vinto il riconteggio dei voti nel 2022 in due circoscrizioni nel Sindh (terra dei Bhutto) e nel Punjab (terra degli Sharif). Il gioco è ora difficile per la Lega musulmana degli Sharif e il Pakistan People’s Party dei Bhutto, artefici del rovesciamento di Imran. A complicare il quadro, agosto ha visto il Pakistan sommerso da un’alluvione senza precedenti che ha causato vittime e sfollati. Sul fronte sempre caldo del conflitto con l’India per il Kashmir, e dopo il rischio di un’ennesima guerra nel 2019, nel febbraio 2021 i due Paesi si sono impegnati per un ennesimo cessate-ilfuoco lungo la Linea di Controllo (LoC) nel territorio conteso. Oltre che nel Kashmir, la tensione resta elevata per il Pakistan sia sulla frontiera con l’India (anche con scambi di artiglieria da entrambe le parti) sia su quella con l’Afghanistan, dove la fine della guerra contro la Nato sostenuta da Islamabad non si è tradotta in una maggior collaborazione tra i due Esecutivi poiché Islamabad accusa i talebani di ospitare combattenti jihadisti pachistani che vogliono rovesciare il Governo “apostata”. Sul fronte interno, prosegue la lotta contro i gruppi islamisti, quelli anti-sciiti o quelli separatisti. Gli spiragli per una trattativa col Tehrek-e-Taleban Pakistan (Ttp), rafforzati sia dalla vittoria talebana a Kabul sia dalla presenza di Imran Khan al Governo, si sono chiusi a causa della fine del Governo Khan e dei rapporti sempre più difficili con Kabul, il cui Esecutivo non è riconosciuto ufficialmente da Islamabad.

Per cosa si combatte

Sono due i fronti di conflitto che impegnano il Pakistan: l’esterno con l’India, a causa del Kashmir e per una sorta di psicosi che coinvolge la sorella orientale da cui si è separato nel 1947, e l’interno con una galassia variegata di attori armati. Tra questi, si trovano gruppi riuniti sotto il cappello del Tehrek-e-Taleban Pakistan (Ttp), che lottano per una rifondazione islamista del Paese, e altri di matrice religiosa anti-sciita o etno-nazionalista e separatista, specie nelle province del Belucistan e del Sindh. Nel 2020, il Ttp e altri gruppi a esso affiliati hanno condotto 95 attacchi in Pakistan, causando la morte di 140 persone, soprattutto nella Provincia del Khyber Pakhtunkhwa (KP), che nel 2018 ha assorbito le sette agenzie che componevano la cosiddetta “area tribale”. Nel 2021 e nel 2022, gli attacchi sono diminuiti, ma l’accordo di cessate-il-fuoco negoziato nel novembre 2021 è fallito come i precedenti. Questa volta i negoziati erano stati mediati dai talebani afgani con i quali il Pakistan ha, dalla loro presa di potere a Kabul nel 2021, rapporti più difficili in quanto Islamabad accusa Kabul di ospitare i militanti del Ttp. (Da notare tra l’altro che il capo di Al Qaeda Ayman al-Zawahir, solitamente rifugiato in Pakistan, è stato ucciso a Kabul il 31 luglio 2022). La tensione resta alta anche con le comunità pashutn del Khyber Pakhtunkhwa e del Belucistan. Nel KP è nato nel 2014 il Pashtun Tahafuz Movement (Ptm), movimento sociale per i diritti dei pashtun.

Quadro generale

La Repubblica Islamica del Pakistan, nata dalle ceneri del Raj britannico, è divisa in quattro Province, due Territori autonomi e il Territorio della capitale Islamabad. La sua genesi è segnata dal profondo trauma causato dalla Partition del 1947, in seguito alla quale morirono tra 500mila e due milioni di persone, con circa 15milioni costretti a spostarsi da un nuovo Paese all’altro. Le ambizioni di un partito religioso, la Lega Musulmana, si fusero con le mire britanniche volte a indebolire un’India sempre più filosovietica. In questo processo furono creati due Pakistan: uno Occidentale (quello odierno) e uno Orientale (l’attuale Bangladesh), separati da circa 1.600 km di territorio indiano. Nel 1971 un breve conflitto tra i due Pakistan portò alla nascita del Bangladesh come Stato indipendente. Dopo la morte del padre fondatore della Lega Musulmana (Muhammad Ali Jinnah) nel 1948, il Pakistan conobbe una deriva autocratica che per decenni fu caratterizzata da un susseguirsi di regimi militari e da un processo di radicalizzazione religiosa. Il periodo più oscuro fu quello della decade 1978-1988, sotto il dittatore Zia ul-Haq, il quale lanciò una campagna di islamizzazione della società.

Le relazioni storicamente tese con l’India e con l’Afghanistan hanno svolto un ruolo centrale nell’evoluzione dello Stato pachistano e hanno anche contribuito alla militarizzazione della politica locale. L’India è da sempre considerata come la minaccia principale all’esistenza stessa del Paese. La contesa per il Kashmir rappresenta il punto di convergenza di queste tensioni storiche. Ad oggi, sono state tre le guerre conclamate combattute per questa Regione. Oltre a conflitti diretti tra questi due Paesi dotati di un arsenale nucleare e con eserciti tra i più grandi al Mondo (quello indiano conta un milione e 200mila effettivi, mentre quello pachistano circa 600mila), la lotta per il Kashmir ha avuto luogo soprattutto come conflitto asimmetrico a bassa intensità. Da una parte l’esercito indiano con una presenza oppressiva nei riguardi della popolazione locale e dall’altra gruppi di guerriglieri sia di origine interna che infiltrati dal Pakistan.

Sempre intorno al Kashmir, ruotano tensioni legate a reciproci disaccordi sull’uso dell’acqua. Le gravi carenze d’acqua di entrambi i Paesi, che si prevede peggioreranno a causa del processo generale di riscaldamento globale, sono state aggravate da interventi come la costruzione di dighe e progetti idroelettrici. Simili problemi legati alla gestione di risorse idriche comuni condizionano anche i difficili rapporti con l’Afghanistan. Inoltre, per controbilanciare la minaccia rappresentata dall’India, negli ultimi tre decenni il Pakistan ha cercato di influenzare gli affari interni dell’Afghanistan soprattutto attraverso un uso mirato dei talebani afgani, con i quali però i rapporti sono divenuti più complessi dopo la loro vittoria sulla Nato nel 2021. La ragione principale per la politica di ingerenza nelle questioni afgane è collegata alla dottrina militare della “profondità strategica”, secondo cui l’Afghanistan deve essere un territorio “amico” in caso di un attacco indiano.

Il sostegno ai mujaheddin e ai talebani afgani e la guerra clandestina in Kashmir hanno rafforzato il potere e l’autonomia delle forze armate, in particolare dell’agenzia di intelligence militare Isi. Il Governo attuale ha sostituito quello dell’ex giocatore di cricket Imran Khan, salito al potere dopo le elezioni del luglio del 2018 ma sfiduciato nell’aprile 2022. Di stampo populista, il Governo di Imran si diceva avesse beneficiato dell’appoggio degli apparati militari, i quali erano in aperta rottura con il precedente Esecutivo di Nawaz Sharif. I “neutrals”, come i militari amano essere chiamati, gli avrebbero però voltato le spalle.

L’economia del Paese è caratterizzata da un sistema in mano a poche famiglie e ai militari, mentre nelle zone rurali è ancora forte la presenza di grandi proprietari terrieri, élite “feudali” che rappresentano il perno del carattere clientelare della politica e dell’economia nazionali. Quest’ultima è in uno stato costante di fabbisogno energetico ed è attualmente in grave crisi, stato di cui è stato accusato Imran e che ha portato il Paese sull’orlo del default. Il Fondo Monetario Internazionale è impegnato in continui negoziati col Pakistan, mentre Paesi amici (Cina, Arabia Saudita, Eau) concedono prestiti e ottengono investimenti a condizioni agevolate.