Hong Kong

Che Taiwan guardi a Hong Kong con preoccupazione è normale, dopo la stretta sempre più serrata dell’abbraccio cinese che già il 27 marzo 2021 aveva visto il via libera del Consiglio legislativo (il mini-parlamentino di Hong Kong) alla controversa riforma elettorale voluta da Pechino: l’ultimo intervento in ordine di tempo per allineare la Regione autonoma speciale alla Cina continentale. Oltre a dare al Governo centrale diritto di veto sui candidati, il nuovo sistema restringe il numero di consiglieri eletti, nonostante nel complesso i legislatori salgano da 70 a 90. Di questi, 40 saranno nominati da una commissione governativa e altri 30 selezionati dai cosiddetti “collegi funzionali”, ossia la rappresentanza del mondo imprenditoriale. La legge segue quella sulla sicurezza nazionale del 2020, in risposta a un anno di manifestazioni la cui scintilla fu la proposta di nuove norme per l’estradizione. Ha un’idea molto restrittiva del concetto di sicurezza nazionale tanto che slogan come “Liberare Hong Kong” sono stati dichiarati sovversivi. Un’idea del clima che si respira lo si può dedurre dall’accusa principale, secondo Human Rights Watch politicamente motivata, a 47 parlamentari e attivisti sotto processo in base a questa legge: “cospirazione sovversiva” a seguito di attività politiche del tutto pacifiche. Cinque fra loro, indicati come i principali organizzatori della protesta (Benny Tai, studioso di diritto; Au Nok-hin, ex parlamentare; Chiu Ka-yin e Chung Kam-lun, ex membri del Consiglio distrettuale; l’attivista Gordon Ng Ching-hang) potrebbero ricevere pene che prevedono persino l’ergastolo.