Venezuela

Due eventi del 2022 hanno segnato una svolta nelle relazioni conflittuali del Venezuela, ovvero l’insediamento di Joe Biden alla presidenza degli Stati Uniti e la vittoria del candidato delle Sinistre Gustavo Petro alle presidenziali in Colombia.

Nel primo caso, le sanzioni volute da Trump, che colpivano il petrolio (la principale fonte di reddito del Paese), sono sul punto di cadere. Bene è ricordare che, più che dal cambio di amministrazione Usa, ciò si deve alla crisi energetica determinata dal conflitto in Ucraina. La Chevron, ancora presente in Venezuela, starebbe lavorando a un accordo per spedire il petrolio direttamente negli Stati Uniti, dopo che l’azienda petrolifera statale venezuelana (la Pdsva) avrà ridotto la sua partecipazione a meno del 50%. Il Venezuela dispone delle riserve di petrolio più grandi al Mondo (304miliardi di barili). In parallelo, Washington starebbe valutando l’allentamento delle sanzioni nei confronti del Venezuela per incoraggiare la ripresa delle trattative fra l’opposizione sostenuta dagli Usa e il Governo di Nicolas Maduro in vista delle elezioni politiche previste per il 2024.

Intanto, le relazioni diplomatiche tra Venezuela e Colombia sono state ripristinate in pieno dopo una pausa di tre anni. Il nuovo Presidente colombiano Gustavo Petro ha espresso la sua intenzione di normalizzare le relazioni diplomatiche con Caracas, dopo che il confine terrestre di 2mila chilometri tra i due Paesi è rimasto chiuso tra il 2019 e l’ottobre 2021. La Colombia del predecessore Ivan Duque è stato infatti uno dei circa 60 Paesi che non hanno riconosciuto le elezioni presidenziali del 2018 in Venezuela, boicottate dall’opposizione, che hanno riconfermato Maduro alla guida del Paese. Il processo di normalizzazione tra i due Stati includerà la piena riapertura del confine. Venezuela e Colombia hanno anche l’intenzione di ristabilire le relazioni militari. Continua, intanto, la la grande migrazione dal Paese. Un sondaggio di Consultores 21 del 2019 stimava che tra i 4,7 e i 6milioni di venezuelani hanno lasciato il Paese. La crisi dei rifugiati venezuelani è così la seconda più grave al Mondo, dopo quella siriana. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) calcola che tra i migranti coloro che hanno acquisito uno status, come rifugiati o come individui dotati di permesso di soggiorno, siano 2milioni e 600mila.

La spinta migratoria è data dalla difficile situazione interna del Paese. Nel 2017, il Presidente Usa, Donald Trump, ha imposto sanzioni sul debito statale del Venezuela che vietano di effettuare transazioni con Caracas, compresa la partecipazione alla ristrutturazione del debito stesso. L’importo complessivo delle obbligazioni in default è pari a 36miliardi di dollari. L’isolamento di Caracas ha prodotto effetti molto gravi sull’economia e la società. Un rapporto pubblicato da Transparencia Venezuela nel 2022 stimava che le attività illegali nel Paese costituivano circa il 21% del suo Pil. Secondo il rapporto, il traffico di droga, petrolio e oro, così come le attività illegali nei porti e nelle dogane, hanno generato oltre 9,4miliardi di dollari per il crimine organizzato protetto da funzionari corrotti. A questo si aggiunge uno stato di violenza tra i più gravi al Mondo. Nel 2021, si sono verificati quasi 40,9 omicidi ogni 100.000 abitanti, in calo rispetto ai 45,6 dell’anno precedente. Dal 2017, anno in cui questa cifra ha raggiunto il picco, il tasso di omicidi in Venezuela è diminuito anno dopo anno. Malgrado ciò, il Paese occupa uno dei primi posti al Mondo per tasso di assassinii, insieme a tutti gli Stati dell’Area caraibica.