Repubblica Centrafricana

Situazione attuale e ultimi sviluppi

Il conflitto in Repubblica Centrafricana continua, in un tutti-contro-tutti che devasta soprattutto la vita della popolazione civile. La tregua unilaterale promessa dal Presidente Touadéra a ottobre 2021 è saltata a marzo 2022: il Governo ha infatti deciso di non riconoscere e non includere al tavolo dei negoziati la coalizione dei Patrioti per il Cambiamento, che dal dicembre 2020 raduna i vari gruppi armati ribelli. Di conseguenza, l’incontro (boicottato anche dai partiti di opposizione) si è risolto in un nulla di fatto e gli scontri armati sono ripresi con intensità tra la primavera e l’estate del 2022, registrando anche casi di lotte tra gruppi di ribelli e frange locali di giovani reazionari. Le Forze Armate Centrafricane, l’esercito al servizio del Governo di Bangui, faticano a tenere testa ai vari gruppi ribelli, pur con l’aiuto militare inviato da Russia e Ruanda. I contractors russi che da anni complicano il conflitto centrafricano si macchiano sempre più spesso di crimini nei confronti della popolazione civile: abusi, violazioni dei diritti umani, torture ed esecuzioni sommarie sono state ricondotte alle forze armate straniere e in particolare ai miliziani russi, che secondo diversi testimoni apparterrebbero al gruppo mercenario Wagner. Mosca nega qualsiasi coinvolgimento, ma il Governo centrafricano ha instaurato una commissione speciale che, affiancata da un gruppo di lavoro dell’Onu, indaga sulle vicende. Intanto, la popolazione soffre in silenzio: la crisi umanitaria è aggravata dai continui scontri e dall’intensificarsi di attacchi contro il personale umanitario internazionale (69 episodi solo nella prima metà del 2022). Il Paese resta al penultimo posto dell’Indice Globale sullo Sviluppo Umano, con più della metà della popolazione soggetta a grave insicurezza alimentare e un terzo dei minori sottoposto a lavoro minorile. Non aiutano le pesanti sanzioni che la comunità internazionale continua a rinnovare.

Intanto Faustin-Archange Touadéra, Presidente eletto nel 2016 e ancora nel 2020, mantiene la stretta al potere: i suoi alleati in Parlamento hanno proposto un emendamento della Costituzione che, se approvato, permetterebbe al sessantacinquenne di ottenere un terzo mandato (al momento proibito). Le opposizioni parlamentari, assieme ad attivisti e osservatori internazionali, temono una svolta dittatoriale: a chiedere un futuro per il Paese senza Touadéra è intervenuto anche l’ex Presidente Bozizè, latitante dopo la caduta del suo Governo nel 2013.

Per cosa si combatte

L’instabilità del Paese è da ricondursi ai vari gruppi armati ribelli che, sin dalla caduta del Presidente François Bozizé nel 2013, controllano oltre il 70% del Paese. Non sono chiari i motivi degli scontri che perdurano su tutto il Territorio. Se il golpe del 2013 era stato causato da una generale insoddisfazione contro il Governo centrale (anche sanzionato a livello internazionale) e dalla povertà estrema, certo le cose non sono cambiate. Tuttavia, non si registrano fratture di tipo etnico o religioso, né rivendicazioni particolari da parte dei ribelli. Soltanto un’instabilità diffusa e apparentemente incontrollabile. In questo “ecosistema dei gruppi armati”, come è stato definito, la guerra civile rappresenta un business efficiente per tutti: per i vari gruppi ribelli, per l’esercito (nel quale spopolano corruzione e nepotismo) e per il contrabbando di armi che prospera nel Paese. Ma soprattutto, l’instabilità della Repubblica Centrafricana è conveniente per i vari attori internazionali: in primis la Russia, che con il governo Faustin-Archange di Touadéra ha accordi non solo militari (con l’invio di quelli che formalmente sono istruttori, ma che si rivelano essere miliziani), ma anche economici per lo sfruttamento del ricco sottosuolo centrafricano. Altrettanto coinvolta negli affari del Paese è la Cina: sfruttando l’instabilità politica, Pechino ha stretto rapporti commerciali vendendo a Bangui materiale bellico, permettendo così al Governo di aggirare l’embargo di armi imposto dall’Onu.

Quadro generale

In balia dei coloni europei sin dal 1894, la Repubblica Centrafricana presenta una storia difficile, sia in relazione alla lotta per l’indipendenza (ottenuta dalla Francia solo nel 1960), sia nei suoi sforzi per un Governo democratico. In seguito alla dissoluzione dell’Impero francese, infatti, la Repubblica Centrafricana ha vissuto un susseguirsi di colpi di Stato e l’instaurarsi di una serie di dittatori fino agli anni ‘90. Da allora, sotto l’egida delle Nazioni Unite il Paese ha sperimentato una serie di elezioni più o meno democratiche, seguite però da tentati golpe e dalla creazione di fazioni interne a difesa dei vari leader.

Nel 2003, con l’ennesimo colpo di Stato, François Bozizé si autoproclama Presidente, senza però essere riconosciuto da buona parte del Paese: la Repubblica Centrafricana sprofondava così nella sua prima guerra civile. A terminare il Governo Bozizé (con la fuga in Chad dell’ex Premier), interviene nel 2013 la coalizione ribelle Séléka, che dopo una serie di scontri armati riesce a stabilire un cessate-il-fuoco e a condurre il Paese alle elezioni, tenutesi tra il dicembre 2015 e marzo 2016.

Massacrata da secoli di sfruttamento (prima come fonte di schiavi per la tratta intercontinentale e poi come colonia francese) e da guerre intestine tra fazioni ribelli, la Nazione si basa su un’economia di sussistenza, fatta eccezione per il commercio di diamanti (spesso di contrabbando) e di legname. Instabilità interna, forme di moderna schiavitù, lavoro infantile e bassissimi livelli di educazione portano il Paese al settimo posto nella lista degli Stati più poveri del Mondo e al penultimo posto nell’Indice Globale di Sviluppo Umano. Inoltre, quasi vent’anni di guerra civile hanno causato oltre 600mila rifugiati interni, secondo stime al ribasso. Innumerevoli altri hanno lasciato il Paese per sempre: 100mila solo nel 2021. Chi non fugge spera nell’aiuto della comunità internazionale.

La Repubblica Centrafricana ha infatti ottenuto il triste record per il maggior numero di missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite, con la missione Minurca ininterrottamente rinnovata sin dalla sua istituzione nel 1998. Ma i rapporti con l’Onu sono difficili: il personale umanitario ha spesso denunciato abusi e violazioni dei diritti umani commesse dall’esercito nazionale e dai suoi alleati russi che però il Governo di Bangui ha rifiutato di prendere in considerazione.

Le relazioni internazionali della Repubblica continuano inoltre a deteriorarsi. A livello regionale, le autorità delle Nazioni Unite hanno riscontrato un inasprimento dei rapporti con il vicino Ciad, anche a causa della presenza di miliziani russi che si teme possano destabilizzare il Paese confinante.

La Francia, ex partner privilegiato ed ex madrepatria, ha chiaramente rifiutato un coinvolgimento più sostanziale nelle sorti di Bangui quando, nel 2016, ha ritirato la propria missione militare Sangaris, inviata nel 2013 dopo il colpo di Stato. Gli interventi di Parigi, ora di natura soprattutto umanitaria, incontrano una comunità scettica: la Francia è ritenuta in parte responsabile per l’instabilità politica della sua ex colonia.

Grazie a una costante campagna di propaganda anti-francese condotta con l’aiuto del Presidente Touadéra, è la Russia a presentarsi come partner privilegiato. Ma la dipendenza economica e militare della Repubblica Centrafricana nei confronti di Mosca rischia di essere una bomba a orologeria: a seguito dell’invasione dell’Ucraina, la Russia è ancor più sanzionata e penalizzata a livello internazionale, uno sviluppo che potrebbe isolare ancor di più la Repubblica Centrafricana e i suoi abitanti.