Nove palestinesi sono stati uccisi nella notte tra il 26 e il 27 gennaio in un raid dell’esercito israeliano a Jenin, in Cisgiordania. L’obiettivo dichiarato da Israele era arrestare un gruppo di militanti jihadisti che preparavano attacchi terroristici. Il ministro della Sanità palestinese Mai al-Kaila ha affermato che le ambulanze della Mezzaluna Rossa palestinese inizialmente non sono state in grado di raggiungere i feriti perché le truppe israeliane hanno limitato l’accesso alla scena e ha riferito che anche il reparto pediatrico di un ospedale locale è stato colpito da gas lacrimogeni israeliani.
Il Presidente palestinese Mahmoud Abbas ha indetto tre giorni di lutto nazionale e ha accusato Israele di aver effettuato un “massacro” avvenuto “nel silenzio internazionale”. Le autorità palestinesi hanno poi annunciato di aver interrotto il coordinamento con Israele in materia di sicurezza. Un decimo palestinese è stato colpito e ucciso durante uno scontro con le truppe israeliane nella città di al-Ram, vicino a Gerusalemme, mentre i residenti protestavano contro il raid di Jenin. Varie sono state infatti, nella West Bank, le manifestazioni di protesta. Due razzi sono stati poi lanciati dalla Striscia di Gaza, a cui sono seguiti attacchi aerei da parte dell’aviazione israeliana. Nessun gruppo a Gaza ha rivendicato la responsabilità dei razzi, entrambi intercettati dai sistemi di difesa aerea israeliani.
Il raid è stato definito dalla Bbc come il più sanguinoso degli ultimi 20 anni a Jenin e precede la visita della prossima settimana del segretario di Stato americano, Antony Blinken, che si recherà in Israele, Cisgiordania ed Egitto. Nel 2023 sono già almeno 30 i palestinesi uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania. L’anno scorso i morti erano stati oltre 150.
*In copertina Panorama of Jenin in Palestine, West Bank. Foto di Dominika Zara su Shutterstock