di Emanuele Giordana
Ha lasciato abbastanza stupefatti l’uscita sabato scorso di Prabowo Subianto quando il ministro della Difesa indonesiano e Presidente in pectore alle future elezioni, ha presentato una sorta di piano di pace sulla guerra che infiamma l’Europa. L’Ucraina lo ha subito rifiutato bollandolo di “bizzarro” e sostenendo che si trattava nientemeno che di una proposta filorussa. Simili le reazioni della Ue. Gelo dagli altri. Intervenendo al “Shangri-La Dialogue defence summit” a Singapore, Prabowo ha invitato il Mondo a fare pressioni sia su Kiev sia su Mosca affinché avviino negoziati di pace, osservando che la guerra ha avuto impatti di vasta portata oltre l’Ucraina e la Russia. E fin qui nulla di male. Il piano prevederebbe una “cessazione immediata delle ostilità”, un cessate il fuoco “sulle posizioni attuali” e zone smilitarizzate che sarebbero garantite da osservatori e forze di pace delle Nazioni Unite. Ha anche suggerito un eventuale “referendum nelle aree contese” organizzato dall’Onu. Il ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, che era presente al vertice nella Città Stato, ha respinto categoricamente la proposta: “Sembra un piano russo, non un piano indonesiano …Non abbiamo bisogno che questo mediatore venga da noi con questo piano bizzarro”.
Che il piano sia bizzarro o meno è una questione di definizioni. Ma che il momento fosse inopportuno è una realtà. Di fatto, più che un piano russo, quello indonesiano corteggia l’idea cinese di un congelamento “coreano” – come è stato definito – delle posizioni. Il piano cinese non sta andando avanti e a Kiev non piace. Ma Pechino non è Giacarta e dunque qualche traccia la proposta cinese l’ha lasciata. Nel ricalcarla Giacarta si è spinta più in là ma – a quanto è sembrato – senza un’adeguata preparazione neppure con i suoi principali alleati: l’Asean, l’associazione dei Paesi del Sudest asiatico di cui l’Indonesia ha la presidenza. Un passo più lungo della gamba? Si. Anche perché il suo Paese viene dalla bocciatura di un precedente tentativo negoziale, quando il presidente Jokowi si recò a Kiev e Mosca nell’estate 2022 mentre era Presidente del G20. Fu un buco nell’acqua. Ripetuto a Singapore.
Purtroppo Jokowi ha collezionato diversi buchi nell’acqua a livello internazionale. Forte di un poderoso consenso nel suo Paese, dove ha condotto una vera e propria rivoluzione del welfare e che ha aiutato a uscire da una cronica povertà, Jokowi non è stato fortunato in politica estera. Durante la guerra afgana cercò di ritagliare all’Indonesia una parte come possibile mediatore con i Talebani. Senza riuscirvi. Poi c’è stato lo scivolone ucraino. Questo inverno infine, nel marzo 2023, Jokowi ha dovuto digerire la decisione della Fifa di annullare la Coppa del Mondo Under 20 del 2023 che si sarebbe dovuta tenere a Bali. Tutto ciò consiglierebbe prudenza.
La prudenza c’è stato ma più per Jokowi in sé che non per il suo Paese: si deve leggere nella scelta del luogo dove lanciare la proposta di mediazione e nella persona che l’ha fatto: Prabowo Subianto in un consesso di funzionari della Difesa. Paradossalmente, Jokowi ha scelto che a fare la proposta fosse Prabowo che è il “suo” candidato alle presidenziali, l’uomo che Jokowi vorrebbe lo sostituisse ai vertici della Repubblica. Ma con questa mossa, che ha evitato al Presidente e alla ministra degli Esteri Retno Marsudi una figuraccia, Prabowo ha dovuto scottarsi con un fallimento che getta l’ennesima ombra su un personaggio che vuole fare il Presidente nel 2024. Jokowi, non a caso, non ha commentato e lo stesso ha fatto la sua ministra degli Esteri. Bizzarro. Bizzarro ancor più di un piano che, meglio preparato e concertato, forse avrebbe avuto miglior fortuna e accompagnato gli sforzi di Cina e Vaticano, i due attori più importanti che a fermare la guerra almeno ci stanno provando.
Prabowo tra l’altro è famoso per essere un anti cinese. Che la sua uscita volesse essere un avvicinamento a Pechino? In altre parole, Prabowo – pur parlando di Ucraina – stava guardando più all’Indo pacifico che al teatro europeo? In parte si, visto che poi il suo intervento si è concentrato sulle tensioni nell’area con l’augurio che Cina e Usa gettino acqua sul fuoco. La figuraccia però resta e se non macchia direttamente Jokowi penalizza l’Indonesia, sempre più gigante economico ma pur sempre, ancora, nano politico. Giacarta tra l’altro ha per le mani una patata non meno bollente dell’Ucraina: la crisi birmana. Come Presidente Asean, l’Indonesia deve trovare una soluzione che per ora all’orizzonte non si vede. Così che si rischia un altro fallimento. Peccato. Questo grande Paese merita una più elevata statura internazionale ma guadagnarsela costerà fatica. Meglio sarebbe prima esercitarsi in casa (l’Asean) e poi tentare il colpaccio in un’arena dove giocano i Grandi del Consiglio di sicurezza. “Meglio essere il primo al mio villaggio che il secondo a Roma”, diceva un vecchio saggio. Soprattutto se si rischia, con mosse troppo azzardate, di finire in fondo alla classifica.
In copertina: immagine di Sunguk Kim (Unsplash)