Via dal Burkina Faso, la Francia torna a casa

Il ritiro delle truppe non coglie di sorpresa. È solo l’ultimo dei numerosi segnali dell’impopolarità crescente di Parigi in una Regione che già da tempo fa l’occhiolino alla Russia

di Marta Cavallaro

Il ritiro di Parigi dal Burkina Faso è diventato ufficiale quando lo scorso 22 gennaio il Ministero degli Esteri francese ha dichiarato di aver ricevuto da parte del governo burkinabè una richiesta formale di cessazione dell’accordo che regolava la presenza di Parigi nel Paese. Nelle dichiarazioni pubbliche del suo Ministero, la Francia si è impegnata a rispettare i termini dell’accordo stipulato tra i due Paesi nel 2018, ritirando le sue truppe entro un mese.

La richiesta delle autorità burkinabè non coglie di sorpresa. È solo l’ultima di una lunga serie: a dicembre il Ministero degli Esteri francesi aveva già ricevuto una lettera con cui Ouagadougou chiedeva a Parigi di sostituire il proprio ambasciatore, ritenendo che non fosse più un interlocutore affidabile. Nello stesso periodo le autorità burkinabè avevano ordinato l’espulsione di Barbara Manzi, inviata delle Nazioni Unite, definendola “persona non grata” e accusandola di aver trasmesso un quadro eccessivamente negativo degli standard di sicurezza nel Paese.

Al di là delle richieste formali, l’insofferenza della società civile nei confronti degli attori occidentali – ma soprattutto francesi – nella Regione era negli ultimi mesi sotto gli occhi di tutti. Manifestazioni antifrancesi hanno accompagnato il colpo di stato – il secondo in un anno – con cui la giunta militare di Ibrahim Traoré ha preso il potere a fine settembre dell’anno scorso. Da allora le proteste non si sono fermate. Ad ottobre i manifestanti hanno attaccato il centro culturale francese nella capitale Ouagadougou. A novembre hanno preso di mira anche l’ambasciata e la base militare francese nel Paese. Le manifestazioni si sono ripetute pochi giorni prima dell’annuncio ufficiale del ritiro francese.

Ad alimentare il malcontento popolare contro Parigi è una percezione generale del fallimento della missione francese nella Regione, che avrebbe dovuto supportare le forze locali nella lotta al terrorismo. Da anni il Burkina Faso lotta contro l’insurrezione jihadista attiva nella Regione del Sahel da circa un decennio. Il Paese è preda della violenza di cellule armate legate allo Stato Islamico del Grande Sahara (Isgs), affiliato all’Isis, e a Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (Jnim), affiliato ad Al Qaeda. A giungo dell’anno scorso, Mahamadou Issoufou, ex presidente del Niger e mediatore tra il Burkina Faso e l’Ecowas, aveva dichiarato che ormai Ouagadougou controllava solo il 60% del Paese e che il restante territorio rimaneva al di fuori del controllo dello Stato. Secondo gli ultimi aggiornamenti dell’International Crisis Group sulla situazione relativa alla sicurezza nel Paese, negli ultimi mesi del 2022 la violenza jihadista è rimasta diffusa con attacchi frequenti in diverse aree del territorio burkinabè.

Secondo quanto dichiarato da Al Jazeera, il militare burkinabè Ouedraogo ha giustificato la volontà della giunta militare di porre fine alla presenza francese dichiarando alla Radio-Television du Burkina che il suo esercito e il suo Paese vogliono da oggi essere “i primi attori nella riconquista del territorio”. Eppure, sono tanti gli indizi che portano a pensare che in realtà Ouagadougou sia alla ricerca di nuovi alleati. Sulle orme del vicino Mali, il Burkina Faso sembra avvicinarsi sempre di più alla Russia di Vladimir Putin, anche se il governo di Traoré non ha ancora dichiarato nessuna alleanza ufficiale. Mosca è vista sia dai vertici che dalla società civile con maggior favore rispetto alla Francia, grazie anche all’assenza di un suo passato coloniale nella regione. In più, in contesti come il Mali e la Repubblica Centroafricana, le truppe del gruppo Wagner, la società privata di mercenari russi, hanno dimostrato di essere in grado di rispondere tempestivamente alle richieste dei militari locali, nonostante le gravi violazioni di diritti umani e gli attacchi brutali alla popolazione civile annessi.

Il Burkina Faso non ha ancora confermato la presenza di Wagner sul suo territorio. Lo scorso 14 dicembre, però, il presidente del Ghana Akufo-Addo aveva accusato Traoré di ospitare i mercenari russi nel contesto di un incontro con il Segretario di Stato americano Blinken. Le dichiarazioni avevano scatenato un conflitto diplomatico che si è risolto solo con una visita del Ministro della Sicurezza nazionale ghanese a Ouagadougou qualche giorno dopo. Altri due eventi recenti sembrano testimoniare la crescente influenza russa nel territorio burkinabè. Il primo è legato al permesso concesso da Ouagadougou al gruppo russo Nordgold per lo sfruttamento dei siti minerari della regione di Yimiougou. Il secondo invece riguarda il viaggio non ufficiale del Primo Ministro burkinabè a Mosca per discutere della possibilità di stipulare degli accordi per lo scambio di attrezzature militari. La visita ha fatto parlare di possibili incontri segreti tra il Primo Ministro e i funzionari di Wagner.

Il precedente maliano rimane all’attenzione di tutti. Dopo nove anni di presenza francese nel Paese, Parigi ha completato la sua ritirata dal Mali ad agosto. Anche a Bamako il ritiro francese è stato segnato da due colpi di stato che hanno deteriorato le relazioni diplomatiche tra i due partner, dalla crescente impopolarità di Parigi agli occhi della società civile e da un avvicinamento evidente, oggi ufficiale, alla Russia. A novembre del 2022 Macron ha dichiarato formalmente conclusa l’Operazione Barkhane che, nei suoi momenti di massima gloria, contava circa 5500 truppe francesi dispiegate in Mali, Niger, Ciad, Burkina Faso e Mauritania. Circa 3000 truppe erano rimaste in Niger, Ciad e Burkina Faso, con un ruolo però visibilmente ridimensionato. Private della possibilità di agire indipendentemente, le forze francesi rimaste ricoprono solo una funzione di supporto alle azioni coordinate con gli eserciti nazionali. Alla luce degli ultimi eventi, le 400 forze speciali che la Francia aveva lasciato in Burkina Faso potrebbero essere trasferite in Niger. Saranno in grado di rimanerci?

*In copertina Burkina Faso, Ouagadougou – August 23, 2018: Daily Life of the West African City, foto di Dave Primov su Shutterstock

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