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La conquista dell’Africa. Il gigante cinese (4)

Business team shaking hands in front of the flag

a cura di Alice Pistolesi

Nel Continente africano la Cina ha da tempo trovato molteplici risposte alle sue esigenze. Come abbiamo rilevato nelle uscite precedenti del ciclo “La conquista dell’Africa”, Russia ed Europa stanno in ogni modo cercando di affiancarsi al gigante asiatico nei rapporti (spesso non paritari) con il Continente. Ma la Cina non sta a guardare e rilancia, sempre più in alto.

Il 3 e 4 settembre 2018 si è svolto  a Pechino il Forum of China-Africa Cooperation (vedi chi fa cosa). Ai lavori del Focac, ai quali hanno partecipato i leader di quasi 50 paesi africani, il presidente Xi Jinping ha annunciato altri 60 miliardi di investimento nel Continente (vedi approfondimento 1).

Come analizzavamo nel settembre 2017 nel dossier “Cina-Africa, i passi del gigante asiatico nel Continente” i legami che uniscono le due zone del mondo sono molteplici: commercio, cultura, aiuti economici, forza militare.

La Cina è il primo partner commerciale dell’Africa. Nel 2016 gli investimenti diretti non-finanziari delle imprese cinesi in Africa sono cresciuti del 31%.

La logica dei rapporti è stata considerato a lungo diverso da quello neocoloniale in senso stretto.  La linea è stata infatti definita win-win, che in estrema sintesi significa: la domanda cinese di risorse naturali e la necessità dell’Africa di dotarsi di infrastrutture hanno permesso alle relazioni sino-africane di svilupparsi rapidamente.

Secondo gli osservatori  le azioni cinesi in Africa avevano come obiettivo quello di “ribadire che gli interessi cinesi si basano su vantaggi reciproci, secondo un rapporto paritetico finalizzato allo sviluppo del commercio e degli investimenti, senza alcuna intenzione di interferire negli affari di politica interna”.

Ma non è tutto così roseo. Per molti anni, i regimi africani hanno accettato la presenza cinese in quanto Pechino rispetta la sovranità nazionale dei loro Paesi e “non si immischia in vicende interne che non riguardano le potenze straniere” (a detta dell’ex primo ministro dello Zimbabwe, Robert Mugabe). Vicende come democrazia, diritti umani e sociali.

Chi osteggia le relazioni Sino-Africane lancia pesanti accuse di sfruttamento delle risorse minerarie africane in cambio di infrastrutture e investimenti. A questo si aggiunge la scarsa presenza di manodopera africana nei canteri cinesi, accompagnata però dall’impiego massiccio di bambini molto piccoli nelle miniere.

Nel dossier del settembre 2017 analizzavamo alcune di queste storture (dalle miniere di cobalto, ai casi delle città fantasma dell’Angola, al land grabbing). In questo approfondimento, invece, forniamo altri spunti, ripartendo dal vertice 2018.

Qui i precedenti dossier del ciclo “La conquista dell’Africa”

La conquista dell’Africa. L’avanzata russa (1)

La conquista dell’Africa. La rincorsa europea (2)

La conquista dell’Africa. I vecchi colonizzatori (3)

Dei rapporti Cina-Africa si è occupato anche Radio Caravan, analizzando in particolare la questione Botswana. Nel solo Botswana le operazioni industriali per lo sfruttamento dei diamanti ha prodotto “effetti” (effetti collaterali) già nei primi anni ottanta. Nella trasmissione si parla quindi dei danni causati agli ultimi Boscimani del Botswana. Circa 30 anni fa vennero scoperti diamanti a Gope, nella Central Kalahari Game Reserve, la terra dei Boscimani. Da quel momento cominciarono campagne di sfratti illegali e forzati di quelle popolazioni, avvenuti nel 1997, 2002 e 2005, con la scusa di preservare l’area perché la loro presenza era “incompatibile con la conservazione della fauna”.

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