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Iran: la protesta non si ferma

A quasi due mesi dall’inizio delle proteste suscitate dalla morte di Mahsa Amini, deceduta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale di Teheran, l’Iran è ancora in fiamme. Nuove manifestazioni stanno interessando in particolare le università e le Regioni a Nord Ovest, a maggioranza curde. A motivarle, ancora una volta, una morte, quella della 35enne, Nasrin Ghadri deceduta dopo essere stata picchiata sulla testa dalla polizia. Un procuratore statale citato dai media del regime ha detto che la donna aveva una patologia cardiaca preesistente e ha sostenuto che sia morta a causa di un ‘avvelenamento’, senza fornire ulteriori dettagli.

Nella nuova ondata, secondo gli attivisti dell’ong Hengaw, la polizia ha sparato oggi contro i manifestanti ferendo 35 persone a Marivan, città del del Kurdistan iraniano. Tra il 5 e il 6 novembre, inoltre, almeno altre 16 persone sarebbero state uccise da colpi di arma da fuoco sparati dalle forze di sicurezza iraniane nel Sistan e nella provincia del Baluchistan. L’Ong Human Rights Iran stima che le vittime dall’inizio delle proteste a settembre siano 304, tra cui 41 bambini, in 21 province del Paese. Mentre i dati dell’agenzia degli attivisti per i diritti umani iraniani Hrana rilevano che sono quasi 15mila sono stati arrestati dal 16 settembre, 319 le vittime, tra cui 50 minori.

La sorte degli arrestati, inoltre, è in dubbio. 227 deputati su 290 hanno infatti firmato un appello per richiedere la pena capitale per i manifestanti, definiti “nemici di Dio”, affermando che le proteste sono state incitate “dagli Usa e da altri nemici”. In carcere da un mese anche le due giornaliste iraniane Niloufar Hamedi e Elaheh Mohammadi, arrestate dopo avere coperto le proteste in corso e accusate di “collusione per crimini contro la sicurezza nazionale” e “propaganda contro il sistema”.

*In copertina la protesta del 7 novembre 2022 all’Università di Sharif, tratta da Twitter. Nel testo: manifestazioni a Teheran  Iran (Darafsh – Own work)

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