di Raffaele Crocco*
Si rovescia il mondo, a volte, con una telefonata. Tesi di complotti, trucchi, elezioni truffa vengono spazzate via. A vincere in Colombia è semplicemente stato un vecchio politico, Uribe, che ha detto quello che i colombiani volevano sentirsi dire: non diventeremo un Paese socialista.
L’impressione è che ci sia un legame stretto fra la vittoria di Uribe alle elezioni di inizio marzo e la bocciatura popolare, diciassette mesi fa, dell’accordo dell’Avana che ha messo fine alla guerra fra governo centrale e Farc. Per noi, che quei 52 anni di lotta li abbiamo visti da lontano, quella pace sembrava l’unica e migliore opzione per tirar fuori milioni di colombiani dalla miseria, dal pericolo, dall’assenza di diritti. Loro – i colombiani – continuano invece a dirci che non è così.
A non piacere a molti colombiani è il fatto che andranno all’Assemblea legislativa senza passare per i Tribunali della Giustizia speciale per la Pace. Sono organismi creati per esaminare le posizioni degli ex combattenti e valutare la gravità dei reati che hanno commesso durante la guerra. I dieci deputati e senatori eletti non avranno nulla a che fare con questi Tribunali e, quindi, nulla si saprà di ciò che hanno fatto. Saranno lì, a fare opposizione.
In qualche modo andrà bene. Saranno comunque un freno alle voglie sempre eccessive dell’oligarchia latifondista. Ma il ricordo di 5 decenni di guerra, con centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati, pesa nella memoria di chi ha subito tutto. Per di più, i territori lasciati liberi dalle Farc, con il loro ritiro, sono stati rioccupati dai narcotrafficanti, che li hanno chiusi a chiunque.
Fra qualche settimana ci sarà il vero secondo round. Si voterà per eleggere il nuovo presidente. Santos non potrà candidarsi: ha esaurito i mandati. I candidati in corsa potrebbero essere sette o otto, ma certamente Uribe – o chi correrà per lui – avrà qualche carta importante da giocare. Certo, le recenti riforme hanno dato maggiore solidità alla democrazia colombiana. Con l’ingresso della ex guerriglia, il Senato avrà 108 seggi, la Camera 172. Il Parlamento è cresciuto di numero e rappresentanza, anche con i nuovi rappresentanti delle comunità indigene e di colore, maggioritari nelle regioni della costa caraibica. Sono stati eletti in circoscrizioni speciali, create proprio per far esprimere ai residenti le preferenze che altrimenti sarebbero disperse nel resto del Paese. Anche loro saranno una ulteriore garanzia di tenuta democratica. Gli equilibri però restano fragili e i legami fra latifondisti e narcos profondi. Così, a dispetto di tutto, la pace in Colombia è davvero ancora da costruire.
*Raffaele Crocco è direttore dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo
FOTO tratta da https://colombiareports.com/alvaro-uribe/
http://enpazyarmonia.blogspot.it/2010/08/pensamientos-de-alvaro-uribe-velez.html