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Iran atomico, un film da rifare

di Andrea Tomasi

Gli iraniani non ci stanno a fare la parte dei cattivi. Nel “film”, che racconta del fallimento dell’accordo sull’utilizzo dell’energia nucleare (parliamo del ritiro americano dal Joint comprehensive plan of action), i ruoli dovrebbero essere riassegnati. Gli Stati Uniti si sono sfilati. E questa decisione rischia di destabilizzare il governo di Teheran. Paradossalmente, con questa retromarcia, l’amministrazione Trump rischia di innescare meccanismi molto pericolosi. A dirlo ai microfoni di CARAVAN è  Marina Forti (nella foto), giornalista freelance, collaboratrice di Reset e della rivista Internazionale.

Insomma si dovrebbe riavvolgere il nastro perché la narrazione del regista americano (coregista sarebbe il premier israeliano Benjamin Netanyahu) non sarebbe fedele alla realtà.

La retromarcia innescata dal presidente repubblicano rappresenterebbe un danno per gli equilibri internazionali e soprattutto un regalo ai falchi e alle correnti oltranziste del governo iraniano, racconta l’esperta. Si tratta di componenti che ora possono dire: «Ve lo avevamo detto. Non ci si può fidare degli americani».

Quello iraniano è un popolo orgoglioso. Il governo aveva fatto dei passi indietro in materia di atomica, aveva dato segnali di apertura. Teheran aveva cercato di riportare un’atmosfera di libertà interne. Ora – dice Forti – l’equilibrio è saltato.

Sarà fondamentale il ruolo giocato dall’Europa. L’iran ha detto che continuerà a rispettare l’accordo se gli europei resteranno in campo in questa partita. Ma l’Europa ha la forza e l’autonomia necessaria per andare avanti nonostante la posizione presa dal Paese a stelle e striscie?

ASCOLTA l’intervista integrale di Marina Forti:

 

 

 

 

 

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