Situazione attuale e ultimi sviluppi
L’8 agosto 2022 sono stati giustiziati dalle autorità di Juba tre ribelli appartenenti al gruppo South Sudan People’s Movement/Army (Sspm/A), fondato nel maggio dello stesso anno. I tre uomini sono stati catturati nel Sudan dalle autorità locali. Secondo il leader del Sspm/A, si trovavano lì nello Stato per far visita a parenti e comprare medicinali per i compagni feriti. Sarebbero stati fermati dalle Rapid Support Forces (Rsf), paramilitari legati a Khartoum e capeggiati da Mohamed Hamdan Daglo (conosciuto come Hemeti), vice Presidente del Sudan e numero due del Consiglio militare di transizione. Molti membri delle Rsf erano janjaweed, i gruppi armati noti per le atrocità commesse in Darfur: bruciavano i villaggi, stupravano le donne, uccidevano gli uomini e rapivano i bambini per farne soldati.
L’arresto e l’esecuzione dei tre ribelli sono avvenuti al di fuori delle normali procedure giuridiche, ma apparentemente coordinati dalle autorità di Juba. Le esecuzioni extragiudiziali non sono nuove in Sud Sudan. In un rapporto del 2017, le Nazioni Unite e Human Rights Watch hanno per esempio espresso forti sospetti sulla morte di Dong Samuel Luak, avvocato e attivista sud-sudanese, e di Aggrey Ezbon Idri, membro di un partito dell’opposizione. I due sono stati uccisi a Nairobi (Kenya), ma non si esclude che siano state esecuzioni perpetrate dai servizi di Juba. La mancanza di appropriate strutture giuridiche estese su tutto il territorio nazionale è uno dei motivi citati dal Presidente sud-sudanese Salva Kiir per spiegare il rinvio delle elezioni al 2025, annunciato all’inizio di agosto 2022. Si tratta di una precisazione di primaria importanza, perché riguarda l’attuazione degli Accordi di pace del 2018. Questi hanno vincolato la possibilità delle elezioni (e dunque la fine del Governo di transizione, l’attuale) anche ad altre condizioni, come la stesura di una nuovaCostituzione e la riforma della gestione delle finanze pubbliche. La difficoltà nel realizzare gli Accordi è dovuta in parte ai dissapori tra il Presidente e il suo vice, Riek Machar, nonostante i due avessero concordato di governare insieme nel 2020. Lam Akol, leader del partito d’opposizione National Democratic Movement, ha preso le distanze dalla decisione del Governo: ritiene che si tratti di una tattica per mantenere lo status quo. Intanto la situazione umanitaria nel Paese è drammatica. Secondo un rapporto del World Food Programme, il 75% della popolazione vive in estrema insicurezza alimentare. Due milioni tra donne e bambini sotto i cinque anni soffrono di malnutrizione grave.
Per cosa si combatte
Il Sudan del Sud è nato il 9 luglio 2011 a seguito di un referendum. Due anni dopo, nel dicembre del 2013, è piombato in una delle guerre civili più sanguinose mai viste. Inizialmente i fronti contrapposti erano quelli del presidente Salva Kiir e quello del suo ex vice Riek Machar, rispettivamente di etnia dinka e nuer, le più numerose del Sud Sudan.
Questi fronti di guerra rimangono quelli principali ai quali si aggiungono altri gruppi etnici e di controllo di porzioni di territorio in tutto il Paese. Il Sudan del Sud è lo Stato più giovane del Mondo e per questo motivo la sua collocazione negli equilibri internazionali e regionali e ancora tutta da definire.
Nel Sudan unito la principale ricchezza, cioè il greggio, aveva uno sbocco, il terminale di Port Sudan sul Mar Rosso e gli oleodotti del Regime di Khartoum che lo trasportavano.
Oggi il Sudan del Sud rischia di essere una bolla di petrolio in mezzo all’Africa senza terminali, investimenti, attrezzature e tecnologie per sfruttare quella enorme ricchezza.
Questa è la principale posta in gioco economica della guerra, alla quale si aggiunge quella delle risorse idriche dell’acqua del Nilo Azzurro e quella del prezioso legname teak, il legno pregiato delle piantagioni e delle foreste del Paese.
Quadro generale
Il Sud Sudan si divide da Khartoum con il referendum del 2011, dopo quasi cinquant’anni di guerre.
Il Trattato di pace tra i due Stati aveva fissato delle tappe nel percorso di separazione della Regione meridionale del Sudan. A un periodo di transizione di cinque anni, durante i quali Juba avrebbe goduto di ampia autonomia, sarebbe seguito il referendum sull’autodeterminazione, nel quale il 98,83% dei votanti si è espresso a favore della secessione.
Il nuovo Stato è menomato non solo dal conflitto ma anche da prolungate carestie, una condizione che ha causato 2milioni di morti e 4 di rifugiati e sfollati. Le infrastrutture sono quasi completamente distrutte. A ciò si unisce unoStato sociale debole che deve affrontare diverse emergenze umanitarie. La prima è data dal rientro in patria di 350mila sud-sudanesi. Quindi, i conflitti etnici scoppiati tra 2012 e 2013, soprattutto nella regione del Jonglei.
La guerra civile seguita è costata la vita a 400mila persone. Ancora oggi, i rifugiati nei Paesi limitrofi sono 2,3milioni, mentre gli sfollati interni sono 1,3milioni. Anche le relazioni internazionali del Paese sono tese. Nello stesso momento in cui si è scatenata il conflitto civile, a Sud-ovest, lungo il confine con il Centrafrica, vi sono stati scontri armati causati dalle incursioni del gruppo ribelle Esercito di Resistenza del Signore. A Nord, vicino al Sudan, le tensioni sono determinate dalle lotte con l’esercito di Khartoum e i gruppi armati del Sud Kordofan e del Nilo Azzurro, due Regioni che non hanno potuto votare per l’autodeterminazione nonostante abbiano combattuto a fianco dell’Esercito di Liberazione del Sudan del Sud nella guerra per l’indipendenza. Tutti questi conflitti hanno originato oltre 200mila profughi.
Dal punto di vista economico, il petrolio costituisce il 98% delle entrate del Sud Sudan. Con la scissione del Grande Sudan, l’85% delle riserve di greggio è rimasto al Sud, ma i soli oleodotti utilizzabili sono quelli che attraversano il Nord. Il contenzioso sul “diritto di passaggio”, per il quale Khartoum esigeva un prezzo salatissimo, ha portato il Governo del Sud a interrompere le estrazioni dal gennaio 2012 fino al marzo 2013, quando sono riprese a seguito di un nuovo accordo con Khartoum.
L’anno senza introiti del greggio ha precipitato Juba in una profonda crisi economica, che ha costituito una delle premesse al rigurgito di guerra civile a fine 2013.
Da allora, la società sud-sudanese è rimasta estremamente povera, come testimoniano gli indicatori sociali. Il Sudan del Sud, che ha una forte crescita demografica annua e un tasso di fertilità per donna di 5 figli, ha una speranza di vita di soli 56 anni e una mortalità infantile (sotto i 5 anni) di 92,6 bambini ogni mille nascite. L’analfabetismo (sopra i 15 anni) è del 69% mentre solo 5 bambini su cento hanno completato le scuole primarie. Meno del 7% della popolazione può accedere a servizi sanitari adeguati, mentre solo il 58,7% riesce a raggiungere l’acqua potabile.
Ancora oggi, persistono le schermaglie tra etnie. Nella politica, si riflettono nelle tensioni tra il Presidente Salva Kiir Mayardit (dinka), il vice-Presidente Riek Machar Teny Dhurgon (nuer) e il leader d’opposizione Lam Akol Ajwin (shilluk). 2Ad agosto 2022, gli Usa hanno deciso di terminare l’assistenza ai meccanismi di monitoraggio del processo di pace in Sud Sudan proprio a causa dell’incapacità dei leader nazionali di trovare accordi per attuare gli impegni internazionali presi. In una nota del Dipartimento di Stato statunitense si legge che il “il Sud Sudan deve ancora approvare una legislazione elettorale in linea con il calendario dell’accordo di pace. Il [Paese] non ha ancora un esercito professionale per servire e proteggere la popolazione. E ancora, i membri della società civile e i giornalisti sono regolarmente intimiditi e viene impedito loro di esprimersi”.