Afghana
Foto e testi: Giuliano Battiston
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![23_Raccoglitori di melograno durante una pausa per il tè, distretto di Argandhab, provincia di Kandahar, novembre 2021](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/23_Raccoglitori-di-melograno-durante-una-pausa-per-il-te-distretto-di-Argandhab-provincia-di-Kandahar-novembre-2021-scaled.jpg)
![24_Il ponte Beshud a Jalalabad, provincia di Nangarhar, novembre 2021](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/24_Il-ponte-Beshud-a-Jalalabad-provincia-di-Nangarhar-novembre-2021-scaled.jpg)
![8) Donne a Ghazni- Novembre 2021](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/8-Donne-a-Ghazni-Novembre-2021-scaled.jpg)
“Afghana” raccoglie alcune fotografie scattate tra l’estate del 2008 e il mese di novembre 2021. Nel Paese centroasiatico sono stati anni di duro conflitto, di vittime civili, di vite spezzate, di promesse non mantenute, risentimento, ingiustizia, frustrazione. Ma sono stati anche anni in cui la popolazione ha cercato di conquistarsi il diritto a una vita ordinaria: il lavoro, le amicizie, lo studio, il gioco, l’amore. Il racconto giornalistico sull’Afghanistan è stato condizionato dal “feticcio del conflitto”, l’idea che un Paese in guerra possa essere raccontato solo attraverso la lente dei combattimenti e della violenza. Con queste foto proviamo a raccontare la vita degli afghani e delle afghane dentro e oltre il conflitto.
![15_Un gruppo di donne rientra a casa dalla moschea a Lal_o_Sar Jangal, provincia di Ghor, estate 2010](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/15_Un-gruppo-di-donne-rientra-a-casa-dalla-moschea-a-Lal_o_Sar-Jangal-provincia-di-Ghor-estate-2010-scaled.jpg)
![16) Una lezione allo Afghanistan National Institute of Music di Kabul. Novembre 2016](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/16-Una-lezione-allo-Afghanistan-National-Institute-of-Music-di-Kabul.-Novembre-2016-scaled.jpg)
![22_Lavoratori nel bazar di Mazar-e-Sharif, provincia di Balkh, estate 2008](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/22_Lavoratori-nel-bazar-di-Mazar-e-Sharif-provincia-di-Balkh-estate-2008-scaled.jpg)
Il ritorno dei Talebani
Il 15 agosto 2021, dopo un’offensiva militare sui distretti rurali e sui capoluoghi di provincia, i Talebani hanno conquistato la capitale, Kabul. La velocità del collasso della Repubblica islamica, sorprendente perfino per i Talebani, ha avuto l’effetto di un vero e proprio cataclisma su istituzioni, politica, economia, società. In pochi giorni, la vita degli afghani e delle afghane – lavoro, amicizie, studio, gioco, amore – è radicalmente cambiata.
Oggi siamo in una delicatissima fase di transizione, i cui contorni verranno definiti dalle scelte delle autorità di fatto del Paese, dalla dialettica interna al movimento dei Talebani, dalle risposte della società, ma anche dalle iniziative che la comunità internazionale, e lo stesso Governo italiano, vorranno intraprendere o meno.
![25_Una studentessa universitaria alla 'scuola della pace' nella città di Mazar_e_Sharif, provincia di Balkh, novembre 2021](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/25_Una-studentessa-universitaria-alla-scuola-della-pace-nella-citta-di-Mazar_e_Sharif-provincia-di-Balkh-novembre-2021-scaled.jpg)
![18_Studentesse all'uscita di scuola nella città di Mazar-e-Sharif, provincia di Balkh, novembre 2021](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/18_Studentesse-alluscita-di-scuola-nella-citta-di-Mazar-e-Sharif-provincia-di-Balkh-novembre-2021-scaled.jpg)
![12_Studentesse ai giardini di Bagh-e-Babur di Kabul, novembre 2015](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/12_Studentesse-ai-giardini-di-Bagh-e-Babur-di-Kabul-novembre-2015-scaled.jpg)
La società civile
Nel corso degli ultimi venti anni, la società civile afghana ha svolto un ruolo cruciale nel promuovere la partecipazione pubblica, nel monitorare la situazione dei diritti umani, nel denunciare ingiustizie e corruzione, nel diffondere una cultura di pace, nel rivendicare il protagonismo di donne, uomini e giovani e il loro diritto a una vita ordinaria. Con l’arrivo al potere dei Talebani, in molte città la consolidata rete di attivisti e attiviste è saltata, a causa della repressione subita o temuta. Tanti esponenti della società civile hanno dovuto abbandonare il Paese. Molti però rimangono e auspicano il rafforzamento dei canali di dialogo e collaborazione con gli afghani della diaspora e con la società civile di altri Paesi, inclusa quella italiana.
Giuliano Battiston
![14_Un lavoratore a Maza_e_Sharif, provincia di Balkh, novembre 2021](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/14_Un-lavoratore-a-Maza_e_Sharif-provincia-di-Balkh-novembre-2021-scaled.jpg)
![13_Un villaggio rurale nella provincia di Faryab_novembre 2011](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/13_Un-villaggio-rurale-nella-provincia-di-Faryab_novembre-2011-scaled.jpg)
![21) Due giovani pastori nella valle del Panjshir, nell'omonima provincia. Giugno 2020](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/21-Due-giovani-pastori-nella-valle-del-Panjshir-nellomonima-provincia.-Giugno-2020-scaled.jpg)
Parlare di Afghanistan significa raccontare un dramma che dura da più di quarant’anni. Significa parlare di un popolo – forse sarebbe corretto dire di più popoli – passato attraverso colpi di stato, occupazioni militari, guerra, guerriglia, governi oppressivi, nuova guerra, altra occupazione, ritorno del governo oppressivo.
Quattro decenni che le genti afghane hanno vissuto sulla loro pelle, senza che migliorasse in alcun modo la loro condizione di vita. Nel 2021, poco prima della fuga degli eserciti occidentali e del ritorno dei Taleban a Kabul, il reddito medio di un afghano era 530dollari all’anno. Meno di due dollari al giorno.
Significa miseria vera, ovunque ci si trovi. Questo – questa miseria cresciuta nel tempo, diventata solida a dispetto dei proclami di chi governava negli anni – ha impedito qualsiasi cambiamento reale. Ha tenuto il Paese fermo alla posizione iniziale. Ha bloccato ogni tentativo di mutare la storia.
Guardare le foto dell’Afghanistan significa tracciare la rotta di un fallimento permanente. È una terra in guerra perenne. È soprattutto una terra in cui la gente – la stessa gente che vedete in queste fotografie, queste facce – è senza saperlo in guerra con la storia. Una guerra che sta perdendo, a prescindere da chi governa, al netto del rumore eventuali delle armi.
Questa mostra, non a caso realizzata con le foto di Giuliano Battiston, uomo che l’Afghanistan lo conosce, vuole raccontare questa lotta, combattuta senza armi, senza pallottole, ma vissuta quotidianamente da chi, in Afghanistan, vuole sopravvivere.
Raffaele Crocco
![2) due giovani venditori di angurie, rientrati dal Pakistan, a Jalalabad, provincia di Nangarhar. Novembre 2015](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/2-due-giovani-venditori-di-angurie-rientrati-dal-Pakistan-a-Jalalabad-provincia-di-Nangarhar.-Novembre-2015-scaled.jpg)
![9) Su una barca sul fiume Helmand a Lashkargah, nella provincia di Helmand. Giugno 2006](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/9-Su-una-barca-sul-fiume-Helmand-a-Lashkargah-nella-provincia-di-Helmand.-Giugno-2006-scaled.jpg)
![7) Un trampoliere a Kabul. Maggio 2017](https://www.atlanteguerre.it/wp-content/uploads/2021/12/7-Un-trampoliere-a-Kabul.-Maggio-2017-scaled.jpg)
La storia del reportage
La mostra ‘Afghana’ è stata presentata a Trento il 14 dicembre 2021, in occasione del convegno ‘Afghanistan, il futuro negato’