Liberia

Ora tocca a George Weah. L’ex stella del calcio (unico africano a vincere il Pallone d’oro) ha raggiunto anche in politica un risultato di grande successo: dal gennaio 2018 è il 25° Presidente della Liberia, il suo Paese d’origine, dov’è tornato nel 2005, appena tre anni dopo aver smesso la carriera europea di calciatore. Difficile dire se sarà anche un capo di Stato da “pallone d’oro”. Il compito che ha davanti a sé è di quelli da far tremare le vene ai polsi: la Liberia è un Paese ancora poverissimo e proviene da 15 anni di guerra civile e dal flagello dell’epidemia di ebola, sconfitta solo nel settembre del 2015. I dati sono impietosi: il 63,8% dei liberiani vive sotto la soglia di povertà, la mortalità infantile al di sotto dei 5 anni è al 69,9 per 1.000; la speranza di vita è di soli 63,3 anni; un quarto della popolazione (circa 4,6milioni) non ha accesso all’acqua potabile e soltanto il 16,9% gode di servizi sanitari adeguati. Poco più di metà degli abitanti è analfabeta. Weah succede ai due mandati di presidenza dell’economista Ellen Johnson-Sirleaf che, fra molte luci e qualche ombra, ha avuto comunque il grande merito di aver traghettato un Paese con un’infinita storia di colpi di stato, dittature e guerre civili a uno Stato pacificato, capace di elezioni democratiche e in crescita economica. Tant’è che l’ex Presidente, nel 2011, è stata insignita del Premio Nobel per la Pace. Va anche detto che la vera capacità di tenuta della pace in Liberia si misurerà sotto la presidenza di Weah: il 30 marzo 2018, infatti, si è completato il ritiro della missione di pace dei caschi blu. Solo ora, quindi, il Paese non è più sotto la tutela Onu. King George, com’era chiamato da stella del calcio, fin dal suo insediamento, il 22 gennaio scorso, ha dovuto misurarsi con le enormi difficoltà in cui versa ancora il Paese. Il primo problema è stato trovare in tre mesi una sessantina di milioni di euro per far funzionare la macchina dello Stato. Le casse infatti erano vuote. Presto dovrà cercare di mettere in pratica il suo ambizioso programma, i cui cardini sono la lotta alla povertà e alla corruzione, la formazione dei giovani, il miglioramento del welfare, la creazione delle condizioni per gli investimenti stranieri.