Mozambico

Situazione attuale e ultimi sviluppi

Il Mozambico è ancora preda del terrorismo islamico. Particolarmente colpita è la provincia di Cabo Delgado, a Nord. Si tratta di un territorio estremamente povero da un punto di vista socio-economico, ma molto ricco in risorse energetiche.

I giacimenti di petrolio e gas naturale sono la risorsa a cui puntano i gruppi terroristici attivi nell’Area. Nel marzo 2022, la città di Palma, sede di impianti di gas naturale, è stata presa da organizzazioni jihadiste che l’hanno messa a ferro e fuoco per una decina di giorni. Il progetto da 18 miliardi di euro di gas naturale liquefatto (Mozambique LNG) di TotalEnergies è stato sospeso nell’agosto 2021 proprio a causa della violenza terroristica nella zona di Palma. La graduale riapertura dei cantieri è prevista a partire da luglio 2023 secondo Alessandro Puliti, amministratore delegato di Saipem, azienda italiana in consorzio con TotalEnergies. Patrick Pouyanne, CEO di TotalEnergies, è stato invece più cauto, affermando di voler aspettare che la sicurezza e il rispetto dei diritti umani siano ripristinati a Cabo Delgado. Nel frattempo, il Coral FLNG, con cui Eni ha avviato la produzione di gas naturale liquefatto, ha iniziato le estrazioni nel novembre 2022.

Dal 2017 la guerra ha causato circa 4000 morti, un milione di sfollati e danni economici incalcolabili. Per tentare di arginare la crisi, Ruanda e la Comunità di sviluppo dell’Africa australe hanno inviato contingenti militari nel territorio di Maputo. Se la loro presenza ha sortito qualche effetto positivo in termini di controllo del territorio, ha anche determinato un allargamento del conflitto: la violenza si è diffusa anche a Niassa. L’altra Provincia settentrionale, Nampula, è la sacca di manodopera necessaria ai ribelli per continuare il conflitto. Questi sembrano essere aiutati dal gruppo Provincia dell’Africa Occidentale dello Stato Islamico, che invia effettivi e ha rivendicato già due attacchi terroristici nell’Area. Intanto, la popolazione civile continua a fuggire e cercare rifugio soprattutto al confine con la Tanzania. Alla crisi politica si aggiunge così la crisi umanitaria. Unhcr e i partner lavorano a stretto contatto con le autorità locali per assicurare a profughi e comunità ospitanti la copertura almeno dei bisogni primari. Ma rimangono grandi lacune, specialmente rispetto ai servizi di salute mentale e di supporto psicosociale. I siti ospitanti sono sovraffollati e presto raggiungeranno la massima capacità. Il maggior incremento della spesa umanitaria dell’UNHCR nel 2022 è stato registrato in Mozambico, dove sono stati assistiti più di 1 milione di sfollati interni. Il conflitto ha portato ad un aumento della malnutrizione: a Cabo Delgado, quasi 1,15 milioni di persone soffrono di una grave insicurezza alimentare, influenzata anche dalla guerra in Ucraina. Il Mozambico, infatti, importa circa il 30% del suo grano dalla Russia e l’8% dall’Ucraina. I recenti fenomeni atmosferici estremi (uragano Ana nel gennaio 2022, uragano Gombe nel marzo 2022, ciclone Freddy nel febbraio 2023) aggravano ulteriormente la situazione: fino a 1,7 milioni di persone in Mozambico sono minacciate da disastri legati al clima.

Sullo sfondo, la debolezza e corruzione dello Stato mozambicano, quasi inerte difronte al disastro, nonostante le imminenti elezioni municipali dell’ottobre 2023. Inizierà quindi un nuovo ciclo elettorale, che culminerà con le elezioni presidenziali, legislative e regionali nell’ottobre 2024.

Per cosa si combatte

Per spiegare le origini del conflitto, gli analisti hanno esaminato diverse ipotesi: l’estrema marginalità dell’Area, la competizione per le risorse, i conflitti etno-linguistici, il processo di radicalizzazione islamica. Una radicalizzazione che a Cabo Delgado (i musulmani sono circa il 18% in Mozambico, ma più del 50% in quella Provincia) è iniziata prima del 2017, come denunciato dalla Conferenza del Consiglio Islamico del Mozambico (organo dell’Islam tradizionale che collabora col Governo) svoltasi a Nampula nel novembre 2017. A quell’epoca si erano già registrati episodi di contestazione, repressi duramente dalla polizia, influenzati anche da predicatori provenienti da Kenya e Tanzania.

Questa predicazione ha sfruttato abilmente il grande disagio sociale e il sentimento di esclusione dalle posizioni politiche, governative e di potere del gruppo etnico mwani in relazione al gruppo etnico makonde, componente storica del partito Frelimo al potere da sempre. I giovani aderenti ad al-Shabab non sono poi attratti tanto dal messaggio religioso (del quale, a differenza dei leader, hanno conoscenza sommaria) quanto dalla dimensione pratica: “Stiamo lottando per qualcosa”. Tutto ciò in coincidenza con le scoperte dei giacimenti di gas e con grandi investimenti slegati dal tessuto economico locale, con poco impatto sulla povertà crescente ma tali da generare ulteriori diseguaglianze e nuovi conflitti per la terra.

Quadro generale

Il Mozambico ottiene l’indipendenza nel 1975, dopo il crollo del Regime portoghese e dopo anni di lotta del Fronte di liberazione del Mozambico (Fremlino).

Il nuovo Stato deve subito fare i conti con la ribellione della Resistenza nazionale mozambicana (Renamo), costituita dai servizi segreti rhodesiani in ritorsione all’appoggio che Maputo garantiva a Mugabe e ai movimenti di liberazione nazionale dello Zimbabwe. Dopo l’indipendenza dello Zimbabwe (1980), il Sud Africa si impegnò a sostenere la Renamo. Il Fremlino cercò, inutilmente, un accordo con Pretoria. Al suo fianco nella lotta volle solo il vecchio alleato Zimbabwe.

Abile a destreggiarsi tra Occidente e Urss, il partito a capo del Mozambico non era altrettanto efficiente in politica interna. La Renamo ne trasse beneficio e la lotta tra le due fazioni continuò fino al crollo del Muro di Berlino. Allora, si aprì un processo di avvicinamento mediato dalla Comunità di Sant’Egidio e dal Governo italiano.

Nel 1994 si tennero le lezioni multipartitiche, che inaugurarono un periodo di relativa stabilità segnato anche dalla nascita di un nuovo partito estraneo alla guerra.

Nel 2014, la calma si incrinò quando il leader della Renamo Dhlakama riprese la contestazione violenta per ottenere l’elezione dei Governi locali. La Renamo, minoritaria a livello nazionale, era maggioritaria in alcune Province centrali.

Dhlakama morì improvvisamente. La sua scomparsa ha facilitato il monopolio di potere del Fremlino. La mancanza di una forte opposizione è causa-effetto di una corruzione dilagante nel Paese.

A fare gola sono i proventi dello sfruttamento delle risorse energetiche, i cui giacimenti sono soprattutto nel Nord. Qui si registra la maggiore presenza dello jihadismo mozambicano.

Dal 2019, il Governo ha dovuto affrontare una crescente instabilità soprattutto nella provincia di Cabo Delgado a causa delle azioni violente condotte da un gruppo di insorti denominati “al-Shabaab” (“gioventù” in arabo, ma niente a che vedere con l’omonimo e più famoso movimento jihadista somalo). La prima azione si è registrata nell’ottobre 2017 con un attacco nella città di Mocìmboa da Praia: da allora, gli attacchi si sono moltiplicati in tutta l’Area. Uno dei più violenti è stato quello contro la città di Palma nel marzo 2021. Gli insorti hanno conquistato la città, uccidendo un numero imprecisato di persone e provocando la fuga di decine di migliaia di uomini, donne e bambini che hanno cercato scampo senza alcun aiuto da parte delle istituzioni, fuggendo a piedi nella foresta o pagando per un trasporto via mare con ogni tipo di imbarcazione disponibile.

L’episodio ha allarmato anche i Paesi confinanti col Mozambico e quelli occidentali, preoccupati sia per gli investimenti delle compagnie petrolifere in quell’Area sia per la crescita di un movimento che, nel luglio 2019, ha dichiarato la propria affiliazione all’Isis. In realtà, la consistenza di questo legame non è chiara. Per questo, i Paesi della Comunità di sviluppo dell’Africa australe (Sadc), Ruanda, Unione Europea e Stati Uniti hanno offerto supporto militare per sostenere l’inefficiente esercito mozambicano. Il tema è molto delicato. Mentre non vi sono problemi per un supporto tecnico o per la formazione delle truppe, l’ipotesi di un intervento militare esterno è divisiva dentro lo stesso Governo.

Nel 2021, Ruanda e Sdac hanno inviato loro effettivi sul territorio di Maputo e poi prolungato la loro missione a tempo indeterminato. 

Il conflitto non si risolverà in poco tempo. Oltre alla debolezza delle autorità centrali, bisogna infatti considerare il fattore etnico costituito dalla storica tensione tra le etnie numericamente maggioritarie a Cabo Delgado, kimwane e makuwa (in prevalenza musulmani) contro i cristianizzati makonde che da sempre hanno rappresentato il Governo e i privilegi economici a ciò connessi.