Mekong. Il grigio e il marrone

Foto e Testi: Raffaele Crocco
logo-per-internet-footer-1-e1488465079413

Il grigio e il marrone: sono i colori a colpire. Siamo abituati a immaginare ciò che è “esotico” come qualcosa di forzatamente colorato. Arrivare sul Mekong, invece, significa incontrare senza filtri la durezza della vita sul grande fiume. I colori dominanti del cielo e dell’acqua ti buttano in faccia la realtà: vivere lungo un fiume, nell’Asia estrema del XXI secolo, è ancora difficile. È dal fiume che arrivano le risorse. È il fiume la casa e il rifugio. Se il fiume s’ammala, anche chi vive lungo le rive rischia.

Can Tho vive del Mekong. È il delta, in Vietnam. Qui c’è Cai Bei. È uno dei tanti mercati galleggianti di questa area, negli anni ’70 del secolo scorso famosa come teatro di guerra fra vietnamiti e nordamericani. Ora la guerra è un ricordo. Il mercato è il passato e il presente. È il cibo ad essere scambiato. I contadini della zona scendono con le loro piccole barche e portano ciò che coltivano. Le ampie imbarcazioni fanno da grossisti e deposito. Ogni grande barca vende un solo prodotto: ananas o zucche o altro. Da terra arrivano i commercianti. Comperano, scaricano e portano al mercato. Così ogni mattina, ogni alba sul fiume che muove verso il mare.

Le grandi barche hanno occhi sulla poppa. Servono a proteggere dagli spiriti che nessuno vede. E sul Mekong gli spiriti maligni posso sempre esserci. Negli ultimi anni, i cattivi spiriti hanno le sembianze di dighe. Ne stanno costruendo 130 lungo i 4.900 chilometri del fiume, sventrando montagne e modificando il percorso. Dal Tibet, dove nasce a 5.700 metri di quota, il fiume scende sin qui lentamente, portandosi dentro e dietro una quantità inimmaginabile di pesce e soprattutto il limo, che rende così fertili queste terre. Il colore bruno è dovuto proprio a quello. Se l’acqua diventa limpida è una specie di truffa, per chi abita lungo le rive. Il Mekong trasparente è un Mekong che muore, trascinando con sé tutto e tutti. Qui, la limpidezza, è pericolosa.

Anche il cambiamento climatico sta creando problemi. Le piogge sono diminuite e il fiume, da sempre un gigante, diventa sempre più spesso un nano assetato. Per i 60 milioni di essere umani che lungo le sue rive coltivano, commerciano, vivono, il pericolo di dover lasciare tutto per andare altrove diventa ogni giorno più concreto. Dicono: “Sarà peggio di una guerra”. E il Mekong, con tutta la sua storia, la sua vita, rischia di morire.

La storia del reportage

Le foto sono state realizzate nel gennaio del 2023. Sono parte di un lungo viaggio dell’autore e di Beatrice Taddei Saltini terminato a marzo del 2023, in Vietnam, Cambogia e Laos