Viaggio a Timor Lorosae

Testo e foto di Emanuele Giordana
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Con la “Rivoluzione dei garofani” del 1974, il Portogallo decise che, alla fine della lunga dittatura di Antonio Salazar, Lisbona doveva restituire alle sue colonie d’oltremare l’indipendenza. Una delle sue piccole appendici nell’Asia orientale era Timor Est – o Timor Lorosae in lingua locale – che si trova nella parte orientale dell’isola di Timor, in un braccio di mare che avvicina l’Asia all’Oceania. L’isola era allora divisa in due, Timor Timur e Timor Barat, quest’ultima sotto il governo della Repubblica indonesiana. Il 28 novembre 1975 Timor Est dichiarò la propria indipendenza ma, all’alba del 7 dicembre, l’esercito indonesiano la invase facendone una provincia dell’Indonesia: fu una vera e propria operazione su larga scala, fatta col beneplacito degli Stati Uniti, che scatenò una rivolta che divenne resistenza armata con largo consenso popolare. 

La guerra tra Giacarta e Falintil (braccio armato del Fronte di liberazione di Timor – Fretilin) sarebbe forse durata all’infinito se nel 1998, con la fine della dittatura del generale indonesiano Suharto, non si fosse aperto uno spiraglio negoziale, colto al volo dai rivoluzionari timoresi che si dimostrarono abili negoziatori. Anche se attraverso un passaggio tutt’altro che indolore, la parte orientale di Timor poté alla fine stabilire con un referendum la sua indipendenza: il 30 agosto 1999 votò contro l’annessione il 78,5% dei timoresi ma si dovette aspettare il 20 maggio 2002 per la formalizzazione definitiva dell’indipendenza del nuovo Stato. E’ uno Stato piccolo che non ha un milione e mezzo di abitanti. La scolarità è diffusa ma manca un’istruzione di alto livello. Ha oro nero ma si esaurirà e i detrattori, che guardano a un bilancio dello Stato che per il 70% viene dal comparto gas-petrolio, accusano Timor di una politica di sussidi – oltre il 40% del budget – che non incentiva certo l’imprenditoria privata. Infine c’è una crisi politica che si trascina tra il Partito del premier Xanana Gusmao e il Fretilin di Mari Alkatiri. Ma tra luci e ombre, a noi è sembrato che prevalgano le luci: è una giovane e fragile democrazia impegnata a uscire dal sottosviluppo e che nel 2025 diventerà l’11 membro dell’Asean, la grande associazione regionale del Sudest asiatico.