Un Ministero della Pace come ‘cabina di regia istituzionale’ per dar vita a un nuovo sistema nazionale per la promozione della pace.
Questa la proposta che sta dietro la Campagna promossa dall’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII al quale hanno aderito (e stanno aderendo) varie realtà italiane impegnate nei temi della non violenza, della promozione della Pace e della salvaguardia dei diritti umani (vedi chi fa cosa).
‘Ministero della Pace, una scelta di governo’ parte da una constatazione: in Italia ci sono diversi organi (consulte, comitati, osservatori) che in modi differenti si occupano di attività connesse alla promozione della pace e alla prevenzione della violenza. A queste manca però una linea guida generale.
Per questo, secondo i promotori, il Ministero per la Pace potrebbe, in collaborazione con altri ministeri e gli altri organi istituiti presso amministrazioni statali, “individuare azioni coordinate nazionali e finalmente dare il nome ad una politica strutturale per la pace”.
Per avere un riscontro sul livello di gradimento che la proposta trova tra l’elettorato italiano, è stata realizzata un’indagine rivolta a un campione rappresentativo di elettori commissionata dalla Comunità Papa Giovanni XXIII e realizzata dalla Società Demetra, con la collaborazione dell’Università di Padova.
Agli intervistati è stato proposto un questionario articolato in cinque aree tematiche e composto da 38 domande.
Dall’indagine risulta che il 66% degli italiani è favorevole all’istituzione del Ministero della Pace, “dedicato a promuovere, a sviluppare e a coordinare le attività di prevenzione e di mediazione nonviolenta dei conflitti”.
Tre italiani su quattro ritengono che il nuovo Ministero dovrebbe avere un ruolo attivo e propositivo, a livello nazionale, europeo ed internazionale.
L’81% dei favorevoli ad istituire il Ministero della Pace, ritiene che debba essere dotato di un corpo civile di pace specializzato e finalizzato a implementare gli obiettivi fondativi del Ministero. Nel sondaggio si rileva anche che il 48% degli intervistati crede necessario potenziare, e il 30% mantenere l’attuale esperienza dei giovani italiani che attraverso i corpi civili di pace ed il Servizio Civile nei contesti di conflitto attuano, per conto dello Stato, attività nonviolente di promozione della pace e di tutela dei diritti umani.
La popolazione di riferimento per l’indagine è costituita dalla popolazione adulta residente in Italia in possesso di telefonia fissa, mobile o iscritta al Panel online Opinioni.net.
Il campione di intervistati è composto da 1.024 persone ed è rappresentativo della popolazione di riferimento per genere, fascia di età, zona geografica e dimensione comunale.
Più ONU ed Europa
Onu e Unione Europea dovrebbero avere un ruolo centrale nella gestione e nella prevenzione dei conflitti. Nel caso dell’ONU il 64% degli intervistati ritiene che questo ruolo debba essere potenziato, il 25% che debba essere lasciato così com’è, mentre un altro 15% crede che debba essere ridotto. Per quanto riguarda l’Unione Europea per il 62% è necessario un potenziamento, per il 13% una riduzione, mentre per il 21% andrebbe lasciato così com’è.
I risultati sono invece diversi se si chiede quale deve essere il ruolo dell’Italia. In questo caso, infatti, solo per il 39% degli intervistati questo dovrebbe essere rafforzato, per il 31% lasciato così com’è e per il 24% dovrebbe invece essere ridotto.
I promotori della campagna commentano così queste risposte: “L’impegno deve essere oggi profuso sulla via istituzionale alla pace, una via fatta di dialogo, negoziato, cooperazione, paziente confronto delle varie posizioni in campo e, allo stesso tempo, di ferma difesa della legalità internazionale. Per far funzionare il sistema di sicurezza collettiva occorre favorire la legittimazione diretta degli organi che decidono in sede sopranazionale e più partecipazione popolare alla presa delle decisioni attraverso avviando una moratoria sull’uso del potere di veto dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. L’unica alternativa possibile è restituire autorità alle legittime Istituzioni Internazionali”.
Non ci sono guerre giuste
Le guerre giuste non esistono. Questa la convinzione dell’85% degli italiani. E non solo in teoria. Le risposte, infatti, sono chiare e decise anche per quello che riguarda le spese militari.
Secondo il 79% degli intervistati nel nostro Paese le aziende che fabbricano ed esportano armi andrebbero gradualmente riconvertite ad altri settori. Quando si chiede se ci sono oggi le condizioni In Italia per diminuire le spese militari il 21% degli italiani non ha dubbi, mentre il 58% ritiene questa una scelta giusta ma sottolinea la mancanza di volontà di farlo.
Gli osservatori rilevano quindi che “questi dati imporrebbero la immediata cessazione della produzione di bombe nello stabilimento RWM di Domusnovas in Sardegna, destinate all’Arabia Saudita, ed utilizzate per bombardare lo Yemen dove, secondo l’ONU, si sta vivendo la più grave crisi umanitaria al mondo”.
Ma a che punto è l’Italia oggi in merito agli impegni internazionali nella direzione del disarmo? Come avevamo analizzato anche nel dossier ‘Armi nucleari: chi ne dispone, quante sono e il nuovo trattato‘.
l’Italia deve ancora ratificare il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, adottato dalla Conferenza delle Nazioni Unite il 7 luglio 2017. Inoltre il Paese non ha ancora assunto un ruolo di neutralità attiva al fine di costruire l’ordine di pace positiva che è enunciato dall’articolo 28 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e che è ulteriormente specificato dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sul Diritto alla Pace.