Agenda 2030: i passi delle sfide globali

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile è il “programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità” sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU.

Nell’Agenda si trovano i 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) e un vasto programma d’azione per un totale di 169 ‘target’ o traguardi.

Con questa Agenda, i piano d’azione delle Nazioni Unite si basa ora su tre protocolli: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, la Addis Abeba Action Agenda e gli Accordi di Parigi sul cambiamento climatico.

L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile è stato all’inizio del 2016 e i Paesi si sono impegnati a raggiungerli entro il 2030. Gli Obiettivi per lo Sviluppo sono successivi agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) – conclusi nel 2015 –  e rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni fondamentali per lo sviluppo. La definizione data dalle stesse Nazioni Unite chiarisce cosa l’Onu intende per ‘Obiettivi comuni’: obiettivi che riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui. Nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità.

Gli ambiziosi sustainable development goals (SDG) da raggiungere entro il 2030 sono:

– porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo.

–  porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare,

– migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile,

– assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età,

– fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti,

– raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze,

– raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze,

– garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie,

– assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni,

– incentivare una crescita economica, duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti,

– costruire una infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione e una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile,

– ridurre le disuguaglianze all’interno e fra le Nazioni,

– rendere le città e insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili,

– garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo,

– adottare misure urgenti per combattere i cambiamenti climatici e le sue conseguenze,

– conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile,

– proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione,

– arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica, promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile;

– offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficaci, responsabili e inclusivi a tutti i livelli,

– rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile.

Monitorare gli obiettivi

Nel rapporto del Segretario Generale dell’Onu sulla realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, redatto nel giugno 2017, viene offerta una panoramica sui 17 Goals, evidenziandone i progressi, ma anche i passi indietro (vedi approfondimento 2).

In ogni modo per alcuni target non è stato possibile effettuare il monitoraggio a causa della mancanza di dati, oppure per indicatori non ancora metodologicamente sviluppati in maniera organica. Per la maggior parte dei contesti fotografati, il riferimento di partenza sono i dati tratti dal sistema statistico nazionale di ogni singolo Stato, elaborati da commissioni internazionali di esperti per ogni settore.

Proprio a questo fine l’Istat ha recentemente implementato indicatori per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, rendendo disponibili 201 indicatori relativi a 109 misure SDGs.

La finalità è quella di offrire un quadro di informazioni statistiche completo, garantendo le disaggregazioni utili a monitorare il progresso nel rispetto del principio fondamentale “no one left behind” (nessuno rimanga indietro).

E in questa direzione va anche la nuova piattaforma digitale creata per tutelare le risorse genetiche animali, con nuovi indicatori e per valutare il rischio di estinzione delle razze.

Il Domestic Animal Diversity Information System (DAD-IS) creato dalla FAO è un database digitale che permetterà ai Paesi di monitorare meglio e di gestire più efficacemente le proprie risorse genetiche animali, oltre a fornire un’allerta rapida in caso di rischio di estinzione.

Il sistema ha un’interfaccia rivisitata e di più facile utilizzo e offre un agevole accesso alle informazioni attraverso un set di filtri. La piattaforma include una serie di indicatori per monitorare i progressi verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs). Il sistema permette infatti ai Paesi di conservare informazioni rilevanti e di calcolare facilmente indicatori relativi all’Obiettivo di Sviluppo numero 2 su Fame Zero, in merito al mantenimento della diversità genetica degli animali da allevamento e addomesticati.

Il database è il frutto di 30 anni di raccolta di dati da 182 Paesi. Al momento contiene informazioni su circa 9.000 razze di bovini e pollame, incluso caratteristiche peculiari, distribuzione e demografia delle razze, oltre a più di 4.000 immagini.

Passi avanti e indietro

Dal rapporto presentato a giugno 2017 emergono luci (poche) e ombre nell’andamento del Pianeta.

Sul fronte povertà, per esempio, la situazione più critica rimane quella dell’Africa Subsahariana, con il 42,2% della popolazione in condizioni di indigenza. Nel 2016 circa 155 milioni di bambini sotto i cinque anni risultavano denutriti: di questi i tre quarti risiedono in Asia e Africa subsahariana. Per quanto riguarda l’istruzione nel 2014 due bambini su tre hanno frequentato le scuole elementari anche se nei Paesi più arretrati questa proporzione scende a quattro bambini su dieci.

Anche se il livello di istruzione è globalmente migliorato, ancora in nove Paesi su 24 del Sud Sahara e sei su 15 Paesi latino-americani, ha acquisito sufficienti nozioni linguistiche e matematiche. Non incoraggianti nemmeno i dati sulla parità di genere. Nel periodo 2005-2016 in 87 Paesi, il 19% delle donne tra i 15 e i 49 anni denunciava di aver subito violenza fisica o sessuale da un partner durante gli ultimi 12 mesi.

Il rapporto fornisce dati anche sulla violenza: il numero di vittime di omicidi volontari si attesta nel 2015 tra le 4,6 e le 6,8 vittime ogni 100mila persone. Molteplici le forme di violenza persistenti nei confronti dei bambini. Nei 76 Paesi per cui erano disponibili i dati, 8 bambini su 10, da un anno ai 14 di età, sono stati soggetti a maltrattamenti fisici o psicologici. In 35 Paesi, le percentuali delle giovani che hanno riportato violenze sessuali prima dei 18 anni di età arrivano in alcuni casi anche al 16%.

Buone notizie invece per le fondi idriche. Nel 2015 oltre 6.6 miliardi di persone, il 90% della popolazione del Pianeta, ha migliorato le proprie fonti di acqua potabile, prevalentemente nelle aree rurali, mentre 4.9 miliardi di cittadini del mondo hanno migliorato la rete dei servizi igienico-sanitari.

Brutte nuove dal fronte sanità. Dal Malaria Report 2017 dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), si rileva che non siamo affatto nella prospettiva di raggiungere gli obiettivi 2020, cioè il 40% in meno di mortalità e incidenza rispetto al 2015. Di conseguenza anche quelli 2030, che auspicano una riduzione del 90%, sono ben lontani.

Nel 2016 si stimano 216 milioni di casi di malaria nel mondo, 211 milioni nel 2015: erano 237 milioni nel 2010 e il 90% dei casi si manifesta nella regione africana.

In un altro documento, il Commodities and Development Report 2017,   pubblicato dall’United Nations conference on trade and development (Unctad) e dalla Fao, si affronta il tema delle materie prime.

Secondo il rapporto, senza un rinnovato impegno per un cambiamento delle politiche, i Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle materie prime (commodity-dependent developing countries Cddc), per il 2030 resteranno indietro nei loro risultati sociali ed economici rispetto ai Paesi con economie più diversificate.

Il rapporto Onu sulle materie prime e lo sviluppo sostiene che questo è uno scenario probabile, dato che i prezzi globali delle materie prime alimentari e non alimentari, ad eccezione del petrolio, dovrebbero mantenersi ai livelli del 2010.

Il Commodities and Development Report 2017 sottolinea quindi  la necessità che i Paesi Cddc perseguano una trasformazione strutturale per migliorare le loro prospettive sociali ed economiche di ridurre la povertà, realizzare la sicurezza alimentare e raggiungere gli obiettivi di sviluppo in generale.