La rivolta pacifica del Myanmar

Foto di Svetva Portecali e testi di Emanuele Giordana
montura-internet-bianco

Prologo

È la strage l’arma quotidiana della giunta militare del Myanmar che ha ormai deciso di tentare il tutto per tutto nel tentativo, finora vano, di fermare le proteste di piazza. Secondo Assistance Association for Political Prisoners le vittime superano ora quota 700 e la stima di quanto avvenuto a Bago venerdi scorso, in una Regione centrale del Paese, è che in un solo giorno si sono contate ben 82 vittime. Nell’antica capitale, a Nord di Yangon, polizia ed esercito hanno sparato sulla folla senza andare per il sottile e dai lacrimogeni ormai si è passati alle esecuzioni sommarie di massa. È però una situazione che continua a vedere mobilitazioni di piazza e la scelta del governo clandestino – il Comitato che rappresenta il parlamento o Crph, esecutivo ombra de facto (il sito si può vedere all’indirizzo crphmyanmar.org) – è ormai orientata alla costituzione di un esercito federale, mossa che potrebbe vedere saldarsi l’alleanza tra gli eserciti regionali delle diverse autonomie armate e il governo ombra della Lega per la democrazia di Aung San Suu Kyi. Una possibilità reale dopo che il Crph ha fatto carta straccia della vecchia Costituzione voluta dai militari nel 2008. Reale ma in salita.

Biografia

Le foto che pubblichiamo sono di Svetva Portecali, una fotografa che ha documentato la protesta a Yangon, sin dalle prime settimane seguite al golpe di febbraio 2021. Danno conto delle grandi manifestazioni pacifiche che oggi si vanno invece spostando su una reazione difensiva sempre più violenta di un movimento di disobbedienza civile cui l’esercito risponde con stragi mirate e uso anche di armi pesanti. Ma queste immagini rimarranno il segno di una protesta diffusa che ha tentato con ogni mezzo pacifico di rispondere alla scelta illegittima degli uomini in divisa.