Dossier/ Poco si investe in Cooperazione internazionale

Si investe ancora troppo poco in Cooperazione Internazionale. Solo cinque Paesi al Mondo raggiungono la soglia minima di aiuto allo sviluppo stabilita fin dal 1970 in ambito internazionale e ribadita nel 2015 nell’Agenda 2030.

La cooperazione internazionale, ovvero un insieme di pratiche a sostegno dello sviluppo dei paesi più svantaggiati, si realizza con pratiche differenziate. Gli ambiti di intervento dei progetti sono svariati e vanno dall’assistenza socio-sanitaria alla tutela dei diritti umani, dalla sicurezza alimentare e sviluppo rurale all’educazione di base e alla formazione professionale, dal sostegno a programmi di informazione e democratizzazione alla valorizzazione del territorio e del patrimonio culturale dei Paesi in Via di Sviluppo.

La cooperazione internazionale  può essere di tipo bilaterale, multilaterale, decentrata, non governativa. A portare avanti iniziative e progetti di cooperazione e aiuto allo sviluppo sono Governi e autorità locali, Organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite, la Banca mondiale, la Fao, le Organizzazioni non governative e altri soggetti come le associazioni di solidarietà internazionale, le realtà del commercio equo, il privato sociale e le cooperative.

 

*In copertina Lightspring su Shutterstock, di seguito due grafici tratti dal documento triennale di programmazione e di indirizzo 2021-2023 per la cooperazione internazionale e allo sviluppo italiana

Chi rispetta la soglia 0,70%

Nel 2021 i Paesi Ocse Dac (vedi focus 2) hanno investito nel settore della cooperazione allo sviluppo 185miliardi di dollari. Un valore in crescita rispetto 2020, ma solo in termini assoluti. Secondo le rilevazioni di Openpolis.it, infatti, confrontando questo importo con il reddito nazionale lordo complessivo di questi paesi emerge un rapporto Aps/Rnl pari allo 0,33%, ovvero una cifra identica a quella dell’anno precedente e molto distante dall’obiettivo dello 0,70%.

I paesi europei del gruppo Dac hanno raggiunto livelli migliori, arrivando allo 0,50% Aps/Rnl. In effetti solo cinque paesi al mondo (Lussemburgo, Norvegia, Svezia, Germania, Danimarca) hanno già raggiunto l’obiettivo 0,70 e sono europei.

Nel 2021 i primi dieci Paesi donatori di fondi destinati all’aiuto pubblico allo sviluppo in rapporto alla ricchezza nazionale sono stati Lussemburgo, Norvegia, Svezia, Germania, Danimarca, Paesi Bassi, Francia, Regno Unito, Svizzera, Finlandia. Ma le  cose cambiano notevolmente se invece che valutare gli importi in relazione alla ricchezza nazionale si osservano i valori assoluti. In questo caso, ad esempio, gli Stati Uniti, che in termini relativi si trovano in fondo alla classifica, si posizionano al primo posto: con 47,8 miliardi di dollari infatti gli Usa contribuiscono per quasi il 26% di tutto l’aiuto pubblico allo sviluppo dei paesi Dac. In termini assoluti, quindi i primi dieci Paesi contributori sono Stati Uniti, Germania, Giappone, Regno Unito, Francia, Canada, Italia, Svezia, Paesi Bassi e Norvegia.

Il caso Italia

L’Italia, nel 2021, è sedicesima tra i paesi donatori. L’Italia purtroppo rientra tra quei donatori che non solo ancora non raggiungono gli obiettivi della soglia 0,70 ma che si trovano anche piuttosto distanti dal traguardo, raggiungendo lo 0,29%. L’aspetto più preoccupante dei dati italiani riguarda però il loro andamento incostante negli anni.

Secondo le rilevazioni di Openpolis,it, infatti, dopo una crescita importante tra 2014 e 2017 il rapporto Aps/Rnl italiano è calato drammaticamente nei due anni successivi. Il 2021 poi ha rappresentato un nuovo anno di crescita ma non è chiaro se questa possa essere considerata stabile oppure di carattere episodico. Le risorse destinate al canale multilaterale (ovvero le risorse destinate da un paese donatore alle organizzazioni multilaterali di sviluppo) sono cresciute in modo stabile negli anni, perché legate a impegni di finanziamento obbligatori verso le organizzazioni internazionali di cui l’Italia fa parte. Quelle allocate sul canale bilaterale (ovvero fondi gestiti direttamente dal donatore) invece sono state storicamente discontinue. 

Questo è, secondo l’analisi, “segno della mancanza di una stabile politica di indirizzo, capace di una programmazione pluriennale”. A dispetto, infatti, di quanto dichiarato dalla legge L.125/2014 sulla Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo, l’Italia “non è mai riuscita a rendere la cooperazione allo sviluppo parte integrante e qualificante della politica estera italiana”. Per il triennio 2021-2023, le risorse di competenza in Legge di Bilancio 2021 ammontano a 1.709,6 milioni di Euro.

Secondo il documento triennale di programmazione e di indirizzo 2021–2023 i Paesi prioritari della Cooperazione italiana sono Etiopia, Kenya, Somalia, Sudan Burkina Faso, Mali (*), Niger, Senegal Mozambico nell’Africa Sib Sahariana, Egitto e Tunisia nel Mediterranei, Giordania, Iraq, Libano, Territori Palestinesi in Medio Oriente, Albania nei Balcani, Cuba, El Salvador per America Latina e Caraibi e Afghanistan, Myanmar per l’Asia. 

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