La questione delle perdite, dei soldati morti, feriti o dispersi, dei civili uccisi, rimane centrale. In questo giorno numero 638 della guerra d’invasione russa all’Ucraina, il numero delle perdite resta avvolto nel mistero. C’è chi suggerisce – usando le statistiche – che si possa essere arrivati complessivamente a mezzo milione di perdite, per entrambi i contendenti. Un numero mostruoso.
A far pensare che possa essere davvero così, cioè che la guerra stia triturando la vita e le speranze di migliaia di esseri umani, sono i comportamenti dei contendenti. In questa settimana, si è saputo che Kiev si sta muovendo per varare una nuova legge sulla mobilitazione militare generale. Il reclutamento verrebbe esteso ad altre fasce della popolazione. Secondo Oleksandr Zavitnevych, che è presidente della commissione per la sicurezza e la difesa nazionale, la legge è ormai in via di approvazione. Un segnale preciso, dicono gli osservatori, della difficoltà in cui si trova l’Ucraina, impegnata da un lato in una controffensiva per riconquistare i territori perduti che non ha dato i risultati sperati, dall’altro costretta a difendersi sul fronte meridionale, nella regione di Zaporizhzhia. La nuova legge dovrebbe prevedere anche il reclutamento di chi è stato condannato per reati di vario genere, degli studenti che erano esentati per i brillanti risultati universitari e, infine, di cittadini ucraini che hanno prestato servizio militare in altri Paesi, prima di avere la cittadinanza ucraina. Contemporaneamente, si è intensificata la caccia ai disertori, con multe e condanne al carcere per chi si rifiuta di combattere.
La Russia non sta certo meglio. Come era prevedibile, il ricambio del personale militare combattente sta diventando centrale anche per Mosca. Molti osservatori raccontano che il Cremlino ha recentemente ordinato un gran numero di certificati per famiglie di veterani di guerra e veterani di guerra: sarebbe il segnale di un aumento delle perdite nelle ultime settimane. Mosca poi, starebbe considerando anche l’impiego più ampio delle donne nelle forze armate, anche in ruoli di combattimento.
La guerra sta maciullando vite e risorse. I rifornimenti militari restano fondamentali soprattutto per Kiev, che deve contare sull’aiuto di Europa e Stati Uniti per resistere militarmente. La paura che la guerra nel Vicino Oriente, nella striscia di Gaza, possa distogliere attenzioni e rifornimenti è concreta. Il Presidente ucraino Zelensky ha chiesto rassicurazioni, spaventato dalle voci di una “possibile stanchezza degli alleati”. Al momento, le ha ricevute, sotto forma di impegni concreti. Ha iniziato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, garantendo che “abbiamo dimostrato che gli alleati continuano a supportarlo”. Danimarca e Belgio hanno annunciato la prossima consegna di F16. La Germania ha approvato un pacchetto da un miliardo di aiuti. Canada e Gran Bretagna hanno messo in campo risorse. Il segretario statunitense alla Difesa Lloyd J. Austin III ha, invece, parlato di un nuovo pacchetto da 200 milioni di dollari in armamenti vari.
Insomma, la guerra continuerà. Sul campo di battaglia ci sono scontri feroci nella zona di Avdiivka, un centro industriale nella regione del Donetsk, nell’est dell’Ucraina. In quell’area, in ottobre, la Russia ha lanciato una massiccia offensiva per conquistare la città. Secondo gli analisti militari, Mosca sta impiegando migliaia di uomini, carri armati e mezzi. Per fronteggiare l’attacco, l’Ucraina ha richiesto uno sforzo straordinario alle proprie forze armate. Altri civili, invece, sono morti in settimana a causa bombardamenti russi nelle regioni sud-orientali del Paese. Contemporaneamente, la controffensiva ucraina per la riconquista dei territori perduti sembra essersi fermata, proprio quando il freddo e la pioggia stanno tornando a condizionare la difficile vita di tutti.
Una situazione sempre più drammatica. Difficile immaginare una soluzione diplomatica in tempi brevi, nonostante la grande novità delle parole di Putin, dette partecipando in collegamento al G20 celebrato in India. Il presidente russo Putin ha detto che è necessario pensare a come fermare “la tragedia” del conflitto in Ucraina e che la Russia non ha mai rifiutato di partecipare ai colloqui di pace con Kiev. Nel suo intervento, Putin ha anche usato per la prima volta dal febbraio 2022 la parola “guerra” per definire quanto sta accadendo, mettendo in soffitta il termine “operazione speciale”. Parole accolte con interesse da Cina e da altri Paesi e che hanno, invece, incontrato il sarcasmo delle cancellerie europee. La premier italiana Giorgia Meloni, a Berlino dal cancelliere tedesco Scholz, ha detto che la Russia può dimostrare facilmente di lavorare per la pace “ritirando le proprie truppe dal territorio che si è invaso”. Una posizione ufficialmente condivisa. Ma sotto la cenere delle dichiarazioni ufficiali, assicurano molti, cresce la stanchezza europea per una guerra che pare non avere fine.