di Raffaele Crocco
Il pericolo vero, ed è già qui, è che non si riesca più a frenare. Il timore è che passo dopo passo, risposta esagerata dopo risposta esagerata, provocazione dopo provocazione, nessuno riesca più a mettere la museruola alla crisi e alla guerra.
Vediamo: atto primo. Ma primo a caso, non in ordine di importanza o cronologico. Primo di questa ultima settimana di Risiko mondiale fra “filoamericani” e “antagonisti”. Atto primo, dicevo. La Francia effettua il primo test di lancio di un missile aggiornato con capacità nucleare, l’Asmpa-r. È stato progettato per essere lanciato da un caccia Rafale, l’aereo “nerbo” della forze armate francesi. Il test arriva – e non è un caso – 24 ore dopo l’annuncio russo di aver iniziato esercitazioni nucleari nel proprio distretto militare meridionale, vicino all’Ucraina. Per il ministero della Difesa della Federazione Russa si tratta della “prima fase delle esercitazioni della preparazione e dell’uso di armi nucleari non strategiche”. Azione, controreazione; provocazione, risposta. È la logica machista e pericolosa del confronto internazionale in atto.
Atto secondo. Mosca ha annunciato unilateralmente un cambiamento nei confini marittimi con Lituania e Finlandia, due Stati della Nato. Si tratterebbe di rivedere i limiti delle acque territoriali. Finlandia e Lituania insorgono, al Cremlino prima smentiscono, poi si limitano a “non confermare”. Il portavoce Dmitry Peskov, dice solo che il livello delle tensioni, specie in questa regione, “richiede relativi passi” dei ministeri e le agenzie russe “per garantire la sicurezza nazionale”. Frase ambigua, che nulla toglie e molto aggiunge alla tensione nella zona. Lassù c’è un pezzo di futuro dell’umanità, quella Rotta Artica che pare destinata a diventare la principale arteria per le merci prodotte in Asia e vendute in Europa. Mosca fiuta l’affare e vuole il massimo controllo di quella rotta. Così: azione, controreazione; provocazione, risposta.
Atto terzo. Lontano, sempre nel mare, nell’Oceano Pacifico. In Nuova Caledonia, colonia francese, gli indipendentisti lottano per avere un Paese loro, lontano dai francesi. Ci sono scontri, ci sono morti. A sorpresa, il governo di Parigi attacca l’Azerbaijan, stato ex sovietico nell’Asia centrale, lontanissimo dal Pacifico, di intromettersi e finanziare la ribellione. Come è possibile? Lo è, perché il governo di Baku, da anni in lotta con l’Armenia per il Nagorno Karabakh, si propone al Mondo come “paladino” dei popoli oppressi. Così, appoggiato da Cina e Russia, finanzia e alimenta la rivolta antifrancese del Pacifico, scatenando le ire di Parigi. Anche qui: azione, controreazione; provocazione, risposta.
Sono tre casi, raccontati dal passar dei giorni nell’ultima settimana. La tavola su cui camminiamo è sempre più scivolosa. E mentre le cancellerie giocano a mostrare i muscoli, i civili muoiono. In Ucraina, un nuovo, ennesimo attacco a Kharkiv, città del NordEst, ha ucciso diverse persone. L’attacco ha anche danneggiato le infrastrutture della municipalità e dei trasporti, rendendo più complicata la vita. Il governatore Oleh Syniehubov ha dichiarato che le forze russe hanno colpito Kharkiv circa 10 volte. Sono state colpite anche Zolochiv e Liubotyn. Mentre questo accade, Washington alza l’asticella della tensione, dichiarando di valutare “se permettere all’Ucraina di usare le armi statunitensi anche per colpire direttamente la Russia”. Una posizione nuova e grave: sino ad oggi gli Usa avevano imposto a Kiev di non usare le armi Usa per azioni contro il territorio russo. Cosa c’è da attendersi? Vedremo, ma: azione, controreazione; provocazione, risposta.
Infine, a Gaza, dove nulla cambia se non l’elenco dei civili uccisi dalle azioni militari israeliane. La richiesta del procuratore della Corte penale internazionale di arrestare il premier israeliano Netanyahu e i leader di Hamas per crimini di guerra e contro l’umanità è piombata sulla scena improvvisa e destabilizzante. Israele la respinge e chiede ai suoi alleati di fare altrettanto, ma la Corte è indipendente, anche se non riconosciuta da tutti i Paesi. Le conseguenze sono nella perdita di credibilità internazionale per Tel Aviv. Spagna, Irlanda e Norvegia hanno rimescolato le carte europee, riconoscendo ufficialmente lo Stato della Palestina. Ora sono 146 i Paesi del Mondo che riconoscono il diritto dei palestinesi all’esistenza.