La guerra corre, il fatturato cresce

A causa della pandemia e della crisi nella logistica rallenta la produzione ma il saldo del commercio mondiale delle armi continua ad aumentare. L’Italia conquista posizioni nel Top 100 dei produttori. Il rapporto Sipri

di Emanuele Giordana

Non conosce crisi l’industria globale degli armamenti: non la ferma la pandemia, né crisi della logistica, né le difficoltà nella catena di distribuzione delle merci. Semmai la rallenta ma il suo fatturato è sempre in salita. Le armi continuano a viaggiare nonostante tutto e la spesa totale per farne rifornimento continua ad aumentare in barba alla crisi. Lo dice il Sipri di Stoccolma. E se l’Unione europea ha appena dato luce verde all’erogazione di oltre un miliardo per finanziare progetti “in collaborazione” nel settore della Difesa, l’Italia fa la sua parte nella compagnia internazionale che smercia sistemi d’arma nel pianeta.

Il rapporto del Sipri, l’istituto svedese che monitora il commercio mondiale delle armi, è dedicato alle  “Top 100 arms companies” ed è stato reso pubblico ieri mattina. Dice che le vendite di armi e servizi militari da parte delle 100 più grandi aziende del settore hanno raggiunto 592 miliardi di fatturato nel 2021, un aumento dell’1,9 per cento rispetto al 2020 in termini reali. Aggiunge che l’aumento segna il settimo anno consecutivo nella crescita globale della vendita di armi. I dati sono di prima della guerra in Ucraina che però rientra nei commenti a margine del rapporto: già colpita dagli effetti della pandemia, l’industria delle armi ha sofferto i buchi nella catena di distribuzione e approvvigionamento globale ma ciononostante è riuscita a crescere pur se in parte la produzione è diminuita anche per carenze di manodopera.

Sui reali effetti della guerra sulle vendite – di cui abbiamo per ora dati sommari – ne sapremo di più nel 2023 ma il Sipri spiega che l’invasione russa dell’Ucraina ha aggiunto problemi alla catena di approvvigionamento anche “perché la Russia è un importante fornitore di materie prime utilizzate nella produzione di armi” e che “ciò potrebbe ostacolare gli sforzi in corso negli Stati Uniti e in Europa per rafforzare le loro forze armate e ricostruire le scorte”, dopo aver svuotato gli arsenali spedendo armi a Kiev. Problemi dunque per “alcuni dei principali produttori di armi” che faticheranno a soddisfare “la nuova domanda creata dalla guerra ucraina.” Ma problemi che non hanno impedito al settore di aumentare il suo fatturato.

Venendo all’Italia, il Belpaese si distingue per la presenza di Leonardo e Fincantieri tra i grandi produttori mondiali. Godono di ottima salute, tanto che Leonardo è tra le prime 12 nella “Top100” delle aziende listate dal Sipri secondo il valore delle armi vendute nel 2021: ha guadagnato due gradini in classifica dal 2020 dopo colossi come la Lockheed Martin (tra le prime cinque, tutte americane), l’inglese BAE Sistem e cinque società cinesi. Fincantieri è solo a metà del guado, ma sale dal 48mo posto al 46mo.

In copertina: AgustaWestland AW101

 

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