L’ONU e il Mondo: “Puntare sullo sviluppo sostenibile”

Colloquio con Maria Francesca Spatolisano, funzionaria italiana nel Segretariato generale al Palazzo di Vetro
La crisi climatica e la guerra in Ucraina avranno un posto di rilievo alle Nazioni Unite questa settimana, mentre più di 140 leader e rappresentanti statali provenienti da tutto il mondo si recheranno a New York. Gianna Pontecorboli ne parla con Maria Francesca Spatolisano, stretta collaboratrice del Segretario Generale Guterres tornato di recente da un lungo viaggio tra Africa e Asia dove ha per l’ennesima volta suonato l’allarme climatico

Si è aperta ieri, 19 settembre, la settimana di dibattito ad alto livello della 78esima Assemblea Generale dell’ONU. Capi di Stato e Primi Ministri provenienti da tutto il Mondo porteranno sul podio le loro richieste e i loro contrasti. E lo faranno in un momento di profonda sfiducia dell’opinione pubblica sulle possibilità dell’organizzazione internazionale di risolvere i problemi più drammatici e urgenti del momento. Vista dall’interno, con gli occhi di una donna che occupa una posizione di prestigio e ha anche una lunga esperienza di funzionaria e diplomatica europea, l’organizzazione internazionale ha però anche molti aspetti inaspettati e sconosciuti.

Dal 2018, Maria Francesca Spatolisano è una delle più strette e preziose collaboratrici del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres. Nella sua posizione di Assistente Segretario Generale per il coordinamento politico e gli affari tra le singole agenzie – nel Dipartimento degli Affari Economici e Sociali – è anche il funzionario italiano di più alto grado all’interno del segretariato.

Alla vigilia di un’Assemblea Generale, che ha molti e controversi temi sul tappeto e che sarà sicuramente carica di tensioni, la sua esperienza di diplomatica ad altissimo livello, prima all’Unione Europea – come funzionaria e ambasciatrice all’UNESCO, a Monaco e a Andorra – e ora al Palazzo di Vetro, le permette di esaminare gli avvenimenti con un’ottica speciale, professionale, politica e femminile al tempo stesso. Lettera22 le ha rivolto alcune domande.

Quali sono le sue previsioni su quello che avverrà nel Palazzo di Vetro nella imminente assemblea, in particolare nei settori di cui lei si occupa? Pensa che ci sia la possibilità di compiere qualche passo avanti concreto per la soluzione dei tanti problemi che turbano il mondo?

Noi tutti speriamo che ne esca qualcosa. Al Segretariato stiamo lavorando moltissimo perché sia utile e porti a risultati concreti. In particolare nel settore dello sviluppo sostenibile, il summit organizzato nel weekend prima dell’inizio del dibattito è stata una occasione importante di incontro delle Nazioni Unite con il resto del Mondo. Ci sono stati tutti quelli che hanno interesse a partecipare al nostro lavoro e poi domenica si stono tenuti diversi incontri aperti al pubblico specializzato per studiare una serie di passi con un impatto reale. Speriamo che questi partecipanti specializzati portino il loro contributo costruttivo. Al summit ci saranno per esempio dodici iniziative in cui speriamo di poter avere un contributo concreto e positivo nel medio e lungo termine. Uno di questi potrebbe essere l’impegno a creare dei posti di lavoro green, quindi sostenibili e non inquinanti. Ci aspettiamo un impegno per circa 400.000 lavoratori che sarà annunciato in questi giorni.

Parlando di sviluppo sostenibile, uno dei problemi più acuti è sicuramente quello di creare un sistema finanziario più adatto alle esigenze di oggi e più accessibile anche per i Paesi più poveri. Quale sarà, a suo giudizio, il risultato del summit in questo settore e quale la posizione delle banche che parteciperanno?

Anche in quest’ambito registriamo dei segnali positivi. La questione, ovviamente, non si può decidere all’ONU, ma il fatto stesso che ci sia una discussione avrà sicuramente un impatto, creerà una giusta pressione. Il denaro, è chiaro, è nelle banche e spetterà a loro metterlo a disposizione di chi ne ha bisogno per creare infrastrutture o anche semplicemente per sopravvivere o per studiare. Più a lungo termine, quello che speriamo di fare è costruire uno spirito di rinnovata fiducia nelle istituzioni finanziarie, non solo quelle internazionali, ma anche quelle locali, perchè sono necessarie tutte. È importante che i cittadini abbiano fiducia nelle istituzioni, anche quelle locali, perchè queste servono a creare le soluzioni per la vita di tutti i giorni, per l’educazione o la sanità, e tutto questo serve a ridurre le diseguaglianze.

Lei ha già avuto in passato una lunga esperienza come delegato dell’Unione Europea in diversi settori delle Nazioni Unite. Che cosa ha significato tornare all’ONU? Ha trovato dei cambiamenti al Palazzo di Vetro?

Sono stata alle Nazioni Unite come delegata in diversi settori già 15-18 anni fa e, quando sono tornata, avevo dunque già una certa familiarità con le dinamiche delle Nazioni Unite. Ma venire come delegata o essere una funzionaria è profondamente diverso: il ruolo del delegato è molto più forte. Il ruolo del segretariato è supportare le necessità degli Stati, ma non di dirigere. Sono gli Stati che decidono che cosa faremo. Vi sono, poi oggi, per quanto ho potuto notare, delle differenze che sono il riflesso delle differenze nel Mondo. Sicuramente un tempo c’era maggiore coerenza con gli obbiettivi della Carta delle Nazioni Unite, che è culminata con l’adozione del Programma per lo Sviluppo Sostenibile. Questo entusiasmo per la cooperazione internazionale sembra ora smentito dai fatti in tante aree del Mondo e questo rende il nostro lavoro più difficile. Ma non sempre è così. Per esempio, quando si parla di intervento umanitario e anche di politiche dello sviluppo sostenibile, vi è ancora molto spazio per lavorare bene insieme, mentre quando entrano in gioco le tensioni geopolitiche, il disastro è evidente, come si rileva nella violazione della Carta delle Nazioni Unite che la Russia ha compiuto. Anche la pandemia ha creato tensioni tra il Nord e il Sud, perchè molti Paesi del Sud che si sono sentiti negletti, anche se poi, in realtà, le catene di solidarietà si sono attivate.

Durante l’Assemblea Generale si parlerà anche della posizione delle donne. Al di là dei drammi delle donne in paesi come l’Afganistan o l’Iran, qual è, anche in base alla sua esperienza personale, la vera posizione nei confronti dell’universo femminile nel cosiddetto “Mondo occidentale” e quali problemi rimangono da risolvere? Può citare degli esempi positivi?

Nel Mondo occidentale si registrano progressi e credo che si possano indicare tre settori nei quali siamo favorite. Tanto per cominciare, l’accesso al digitale è estremamente elevato ed è uguale per uomini e donne. Un altro aspetto positivo è la possibilità di partecipare in pieno alla vita politica. La partecipazione non è ancora paritaria ma è in crescita: nei Parlamenti statali ci sono un 26,7% di donne e, a livello locale, la presenza femminile è al 35,5%. La situazione va un po’ meno bene nella sfera delle grandi imprese, dove la partecipazione delle donne si ferma attorno al 28% ma anche in questo settore è in crescita. Nei Paesi occidentali, a livello giuridico i diritti sono uguali a quelli degli uomini in tutti i settori mentre in altre nazioni, purtroppo, sono ancora estremamente differenziati. Oggi si può rilevare che è diminuito il gap tra i Paesi nordici nordici e quelli del sud d’Europa, cioè Spagna e Finlandia, ad esempio, sono simili. Quella che è più lenta a cambiare è la cultura, la discriminazione di cui a volte non ci si rende neanche conto.

Partendo dalla sua esperienza personale, che difficoltà vede ancora oggi per una donna che vuole intraprendere una carriera importante a livello internazionale e che consigli può dare alle giovani?

Posso dire che io stessa, come giovane funzionaria dell’Unione Europea, ho avuto delle conversazioni non sempre facili con i miei capi di allora. È chiaro che c’è stata una evoluzione, vi è maggiore rispetto per il lavoro delle donne, però è anche vero che non è una situazione facilissima. Io, che mi definisco una femminista, dico sempre che la vera uguaglianza ci sarà solo quando una donna totalmente incompetente sarà a capo di una struttura, come avviene per tanti uomini (!). Scherzi a parte, credo che l’importante sia perseverare: molte porte saranno chiuse, ma non tutte, se c’è competenza e anche una certa determinazione. Bisogna proiettare l’immagine di una persona che risolve i problemi e non di una persona che li crea. La mobilità è anche un vantaggio: muoversi non fa male alla carriera e bisogna imparare ad assumersi qualche rischio calcolato.

Questo articolo è uscito anche su Lettera22

In copertina, il Palazzo di Vetro. Nel testo: Maria Francesca Spatolisano (Photo: United Nations)

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