Dovrà essere presentato nel mese di ottobre il Piano Mattei. Un piano che la premier italiana Giorgia Meloni ha definito un “modello di cooperazione non predatorio, in cui entrambi i partner devono poter crescere e migliorare”. Il progetto punta ad arrivare entro due anni al totale sganciamento dal gas russo e a trasformare l’Italia in un hub energetico tra il Nord Africa e l’Europa. Grazie alla costruzione di nuovi gasdotti, l’Italia diventerebbe un esportatore di gas naturale e di idrogeno verso Germania e Austria, oltre che il collegamento tra il Nord Africa e i Paesi dell’Europa centrale e settentrionale.
Sullo sfondo (ma nemmeno troppo) c’è la questione migratoria. In molti infatti temono che tutto il piano sia legato all’obiettivo di contenere l’immigrazione in Italia. I dettagli del Piano Mattei non sono ancora stati resi noti. In questo dossier si riportano alcune delle informazioni finora trapelate.
*In copertina foto di anatoliy_gleb su Shutterstock, di seguito un momento della cerimonia dell’accordo Italia-Algeria firmato nel gennaio 2023
L’ombra della questione migratoria
La “gestione della migrazione” è al centro del Piano Mattei. La premier italiana Giorgia Meloni ha discusso della questione in Libia sia con il generale Khalifa Haftar, che con Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, primo Ministro ad interim. Nell’aprile 2023 l’Italia aveva donato cinque navi alla guardia costiera libica di Tripoli per migliorare le operazioni di sicurezza nel Mediterraneo. Questo invio ha confermato la politica iniziata nel 2017 dall’allora ministro dell’Interno del governo Renzi, Marco Minniti.
Altro paese strategico è poi la Tunisia. Durante la visita di Meloni con la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e l’olandese Mark Rutte, nel giugno 2023, è stato annunciato lo stanziamento immediato di 105 milioni di euro per assistere la guardia costiera e la polizia di frontiera tunisine. Negli ultimi mesi la Tunisia è diventata uno dei principali punti di collegamento tra il continente africano e l’Europa. Nel luglio del 2023 è stato il Paese da cui partono più migranti verso l’Italia, avendo superato anche la Libia. Secondo le stime dell’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), già nel 2022 il 31% degli sbarchi proveniva dalla Tunisia, seconda solamente alle Libia con il 51%. Nel 2023 la situazione si è capovolta e la Tunisia è diventato il primo paese di transito per i migranti diretti in Italia.
Nel periodo percorso tra il primo incontro dell’11 giugno e la firma del memorandum d’intesa arrivata il 16 luglio le partenze dalla Tunisia sono molto cresciute. Una dinamica, secondo Open Polis, che lascia intravedere il rischio più evidente della strategia di esternalizzazione delle frontiere: “permettere a un paese terzo di usare la leva migratoria come strumento negoziale nei confronti dell’Europa. Un fenomeno che si è verificato anche nei casi libico e turco”. Come noto i migranti presenti in Tunisia si trovano in condizioni estremamente precarie. Centinaia di migranti sub-sahariani sono stati deportati verso zone desertiche vicine al confine con la Libia, senza cibo né acqua o all’interno di zone militari dove le persone non autorizzate (come i giornalisti) non possono entrare.
Algeria, Libia e Azerbaigian soci energetici
Nel 2022 l’Algeria è stata il maggior fornitore di gas dell’Italia, sostituendo buona parte delle importazioni che provenivano dalla Russia. Secondo il ceo di Eni, Claudio Descalzi, dall’inverno 2024-2025 si potranno sostituire i flussi gas provenienti dalla Russia. Nonostante l’aumento non si è però arrivati ai livelli promessi negli accordi firmati durante la visita di Mario Draghi a maggio 2022. L’azienda di bandiera Sonatrach aveva concordato con Eni l’aumento delle forniture da 4miliardi di metri cubi nel 2022 a 6 miliardi dal 2023-2024 tramite il gasdotto Transmed-Enrico Mattei, che porta il gas algerino fino a Mazara del Vallo in Sicilia.
Oltre all’Algeria l’Italia punta su Libia e Azerbaigian. Dalla Libia il gas arriva in Italia tramite il Greenstream, il gasdotto che collega il giacimento libico di Mellitah a Gela, in Sicilia. Il gasdotto è stato inaugurato nel 2004 dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e dal colonnello libico
Muammar Gheddafi. Gli accordi conclusi in quel periodo parlavano di 8 miliardi di metri cubi di gas l’anno, ma solo tra il 2007 e il 2010 si è raggiunta questa quantità perché da quel momento il gas è andato diminuendo gradualmente. Nell’ultimo viaggio in Libia, la presidente del Consiglio ha presenziato alla firma di un accordo tra Eni e la compagnia statale libica National oil corporation (Noc). L’intesa prevede un investimento di circa 7,3 miliardi di euro per lo sfruttamento dal 2026 di due giacimenti al largo della Libia. Ma anche in questo caso il governo italiano ha siglato un nuovo memorandum d’intesa che riguarda i migranti (vedi approfondimento 1).
L’Azerbaigian è l’altro Paese su cui il governo punta per rafforzare le importazioni di gas. Nel 2022 l’Italia ha importato più di 10 miliardi di metri cubi di gas dall’Azerbaigian, ovvero il 14% delle importazioni. Il Tap (il Trans Adriatic Pipeline), è il gasdotto che trasporta il gas a Melendugno, in Puglia. Al momento la sua capacità è di circa 10 miliardi di metri cubi l’anno, ma il governo italiano conta di raddoppiarla entro il 2027.