Quando si offende il Re

Il reato di vilipendio alla Monarchia è tornato alla ribalta in Thailandia e in Spagna. Il caso del rapper Pablo Hasél e di quattro leader del movimento di protesta asiatico

Il reato di vilipendio alla Monarchia è tornato alla ribalta in Thailandia e in Spagna. Nei giorni scorsi ci sono state sentenze che hanno portato al carcere nel caso spagnolo e che hanno mantenuto in carcere in quello tailandese

di Alice Pistolesi

In Spagna è stato arrestato martedì 16 febbraio il rapper Pablo Hasél, condannato a nove mesi di reclusione per alcuni tweet che attaccavano la monarchia e le forze dell’ordine. L’accusa per lui è di “apologia di terrorismo” e “vilipendio della Monarchia e delle istituzioni dello Stato”. La pena rischia di salire a due anni per il rifiuto di pagare la multa di oltre 24mila euro prevista dalla condanna.

In Thailandia sono invece accusati di vilipendio alla monarchia quattro dei più noti leader del movimento di protesta, Arnon Nampa, Parit “Penguin” Chiwarak, Somyot Prueksakasemsuk e Patiwat “Mor Lam Bank” Saraiyaem. Lunedì 15 febbraio il ricorso alla Corte d’Appello per il rilascio temporaneo dei quattro accusati di diffamazione nei confronti della monarchia, reato gravissimo nel regno siamese, è stato respinto. La corte ha sostenuto che gli incriminati avrebbero offeso la corona e ferito i sentimenti popolari. I leader sono accusati di lesa maestà in base all’art. 112 del codice penale.

Il caso spagnolo

L’artista si era arroccato nel rettorato dell’Università della sua città, Lleida, insieme a decine di studenti e attivisti per dare risonanza mediatica al suo arresto, che ha definito un “gravissimo attacco” alla libertà d’espressione. Da lì la polizia catalana, lo ha raggiunto, prelevato e portato in carcere. Il  33enne è stato giudicato per la pubblicazione, tra il 2014 e il 2016, di 64 tweet nei quali insultava monarchia e forze di polizia, accusandole di “torturare” migranti e manifestanti e di una canzone intitolata “Juan Carlos El Bobón” (Juan Carlos lo sciocco). Oggetto dei tweet era molto spesso il re emerito Juan Carlos I, che si trova negli Emirati Arabi, dove ha scelto di rifugiarsi dopo i vari scandali che lo hanno travolto. La prima sentenza risale al marzo di 2018, quando l’Audiencia Nacional, l’organo che si occupa di reati legati al terrorismo, aveva stabilito la reclusione a due anni e un giorno. In appello la pena è stata ridotta a nove mesi.

Durante l’irruzione della polizia nell’università ci sono stati scontri: 15 persone sono state arrestate e 30 ferite. Manifestanti sono scesi in piazza per protestare contro quello che reputano un attacco alla libertà d’opinione e 200 personalità del mondo della musica e dello spettacolo, tra cui Pablo Almodóvar e Javier Bardem, hanno firmato un manifesto per esprimere solidarietà. Podemos, il partito di cui fa parte il capo del Governo, Pedro Sánchez Pérez-Castejón, ha annunciato che presenterà al ministero della Giustizia una richiesta di indulto, mentre il governo ha promesso di avviare una riforma del Codice Penale per impedire la detenzione per delitti legati alla libertà d’opinione.Lunedì scorso il tribunale dell’Audiencia Nacional aveva negato a Hasél la sospensione della pena in quanto il cantante aveva già subito due condanne, nel 2017 per resistenza a pubblico ufficiale e nel 2018 per violazione di domicilio.

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Cosa ne pensa Paolo Solimeno di Giuristi Democratici

“Le condanne penali per cui è stato arrestato Hasél – riferisce l’avvocato Paolo Solimeno di Giuristi Denmocratici – sono fra l’altro per “incitazione al terrorismo” e “oltraggio alla Corona”: condotte che il codice penale spagnolo punisce senza richiedere un concreto pericolo per la sicurezza pubblica o per le istituzioni, bastano semplici parole di esaltazione di attività eversive che dovrebbero essere protette dalla libertà di espressione del pensiero e dal diritto di critica sanciti dagli art. 16 e 20 della costituzione”.

“La CEDU – continua Solimeno – ha più volte accolto ricorsi contro condanne delle corti spagnole in applicazione dell’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La tecnica legislativa che giuristi e politici spagnoli chiedono oggi di abbandonare è fatta di fattispecie vaghe e indeterminate tanto da punire forme di dissenso e ostilità verso le istituzioni anche non concretamente aggressive o pericolose e anticipa oltremodo la soglia di punibilità della condotta. Sono tecniche repressive che troviamo nel codice penale italiano del 1930 e ritornano col contrasto al terrorismo vecchio e nuovo; hanno obiettivi demagogici o di controllo sociale e di riduzione degli spazi di libertà e pluralismo intollerabili specie se rivolti a forme di espressione artistica o satirica: nel caso di Hasél si puniscono dichiarazioni pubbliche e testi di canzoni. Il carcere e anche forti sanzioni pecuniarie divengono così forme di intimidazione che riducono non solo per il singolo, ma per la generalità dei cittadini il libero e sereno esercizio dei diritti costituzionali”.

“Il governo – conclude – promette di introdurre modifiche al codice penale che richiedano, per la punizione, dei livelli maggiori di gravità e pericolosità della condotta (“punire solo condotte che suppongano chiaramente un rischio per l’ordine pubblico”), mentre è più netta e condivisibile la posizione di Podemos che chiede l’abrogazione di varie ipotesi di reato: insulti alla Corona e altre istituzioni statali, offesa ai sentimenti religiosi, oltraggio alla nazione, esaltazione del terrorismo o umiliazione delle sue vittime. Con l’Eta ormai sciolto e la corona scossa da accuse di corruzione la Spagna – quindi con ridotti rischi di terrorismo e un calo di sacralità dell’istituzione monarchica – è chiamata ad applicare in modo più pieno e coerente i principi della propria costituzione sotto la pressione di forti e diffuse manifestazioni popolari e appelli del mondo della cultura e del diritto che dall’Italia non possiamo che apprezzare”.

Cosa dice Amnesty International

Amnesty International ritiene che la detenzione di Hasél per le sue espressioni artistiche sia ingiusta e ha lanciato una nuova campagna per chiedere, ancora una volta, la riforma del codice penale, poiché ritiene che alcuni dei suoi articoli violino il diritto alla libertà di espressione.

“La reclusione di Hasél – afferma Esteban Beltrán, direttore di Amnesty International Spagna – è una restrizione eccessiva e sproporzionata alla sua libertà di espressione, ma non è l’unico a subire le conseguenze di leggi ingiuste: molti altri artisti, giornalisti o attivisti hanno ricevuto pesanti multe o lunghi periodi di esclusione dal settore con una conseguenza intangibile ma triste per la nostra società: l’autocensura per paura di subire la repressione “.

Non solo Hasel…

Il suo caso, così come quello di altri utenti di social network, giornalisti, professionisti legali e artisti musicali, come Cesar Strawberry o la studentessa Cassandra fa parte del rapporto di Amnesty del 2018 in cui si denunciava come queste persone siano state perseguite ai sensi dell’articolo 578 del codice penale, che vieta la “glorificazione” del terrorismo e l'”umiliazione delle vittime di crimini terroristici”, reprimendo così espressioni di natura politica o provocatoria.

Negli ultimi anni, il numero di persone condannate per esaltazione del terrorismo attraverso i social network si è ridotto, da 35 nel 2016 a uno solo nel 2020. Tuttavia, nel 2019 c’erano ancora nove processi in Spagna per questo tipo di crimine. Tra il 2017 (31 persone condannate) e il 2018 (6 persone condannate) c’è stata la riduzione più significativa.

La Spagna è stata condannata tre volte (2011, 2016 e 2018) dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per l’applicazione dell’articolo di insulti alla Corona, in violazione dell’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

*In copertina foto di Pablo Hasél durante il suo arresto, da Twitter

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