Rdc: l’ebola è (quasi) sconfitta

Dal 17 febbraio non si registrano nuovi casi ed è stato dimesso l'ultimo paziente ma l'Oms è ancora cauta

E’ guarito l’ultimo paziente affetto da ebola nella Repubblica Democratica del Congo e dal 17 febbraio 2020 non sono stati segnalati nuovi casi di malattia. Dopo 19 mesi sembra avviarsi alla conclusione la seconda peggior epidemia di ebola, dopo quella che colpì l’Africa Occidentale tra il dal 2013 al 2016 e la prima in un contesto di guerra. La popolazione è in festa ma l’Oms frena perché “esiste ancora il rischio di riemergere di Evd, è fondamentale mantenere operazioni di sorveglianza e risposta fino e dopo la fine della dichiarazione dell’epidemia”.

L’Oms non ha ricevuto finanziamenti per la risposta all’Ebola da dicembre 2019. “È necessaria un’iniezione urgente di 20 milioni di dollari per garantire che i team di risposta abbiano la capacità di mantenere il livello adeguato di operazioni fino all’inizio di maggio 2020”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità avverte infatti che se non ci sono più casi positivi, non si può dire che la malattia sia stata del tutto debellata. Tarik Jasarevic, portavoce dell’Oms, ha invitato alla cautela in considerazione dello stato di guerra del Paese africano e per la difficoltà di tracciare i pazienti: ”Data la complessità della situazione, bisogna essere prudenti con le valutazioni perché un solo caso potrebbe far riesplodere l’epidemia”.

Il virus più letale al mondo ha causato da agosto 2018 nelle regioni Orientali del Paese la morte di 2.264 persone e provocato oltre 3.400 contagi. La prima epidemia di ebola causò la morte di 11mila persone tra Guinea, Liberia e Sierra Leone. La riduzione delle vittime si deve al vaccino: 320mila persone sono state vaccinate in Congo. Il 30 per cento delle vittime nella Rdc, secondo dati Unicef, sono state minori di 14 anni e nel luglio 2019, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per la quarta volta nella storia, ha proclamato l’emergenza internazionale. L’epidemia ha infatti più volte minacciato i vicini Uganda e Ruanda.

Accanto all’epidemia e al contesto di guerra già presente e raccontato nella nostra scheda conflitto, si è dovuto affrontare anche uno scontro interno legato al virus tra chi lavorava per combattere la diffusione del contagio e chi invece, tra dietrologie e superstizioni, considerava il virus come un piano di potenze occulte che miravano a sterminare la popolazione per impadronirsi delle risorse del Paese. Alcuni medici sono stati uccisi i centri di salute sono stati dati alle fiamme e alcuni sopravvissuti al virus vivono ancora oggi nascosti perché accusati di aver ucciso i propri familiari. Anche Medici senza Frontiere è stata costretta a lasciare Katwa e Butembo nel febbraio 2019, dopo violenti attacchi contro i centri di trattamento in cui operava.

Superata l’epidemia, dunque, il Congo dovrà affrontare il tema della coesione sociale. Jeanpaul Kapitula, capo della Protezione civile di Beni, ha dichiarato a Lifegate: ”L’ebola ha provocato una frattura nella popolazione. Terminata l’epidemia la gente del Congo deve essere in grado di reagire e dimostrare una forte resilienza. Solo rimanendo uniti e dimenticando violenze e faziosità pregresse potremo risollevarci altrimenti la crisi perdurerà anche in assenza del virus”.

di Red/Al.Pi.

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