Ucraina, un copione già visto

Analisi di una partita pericolosa dove Mosca ha già vinto perché Kiev non potrà entrare nella Nato per anni. Questa consapevolezza è l'unica che può frenare l'escalation

di Danilo Elia 

Notizia per chi si è perso qualche puntata sull’Ucraina dal 2013: la guerra c’è già. Notizia numero due: l’integrità territoriale dell’Ucraina è stata già violata. Due volte, in Crimea e in Donbass. Dobbiamo ricordarlo perché la minaccia che incombe in queste ore ai confini con la Russia e la Bielorussia – 140mila uomini, in aumento, artiglieria, rifornimenti, la flotta del Mar Nero che lascia le basi – è attuale e concreta. Per gli ucraini però non si tratta del rischio di una guerra, ma di un’altra guerra nel loro Paese. Una differenza non da poco nel modo in cui raccontiamo e la percepiamo fuori dall’Ucraina quello che sta succedendo. Perché se gli ucraini questo lo sanno bene, le diplomazie occidentali – e parte dei media – sembrano averlo dimenticato. Chi oggi si adopera, o dice di farlo, per scongiurare l’invasione; chi si schiera in difesa dell’integrità territoriale; chi minaccia la Russia di pesanti conseguenze in caso di azioni militari sul suolo ucraino sta mettendo in scena una commedia già vista, otto anni fa. Quali furono le conseguenze allora? Annessione manu militari della Crimea e guerra in Donbass. Guerra che, nonostante i ripetuti cessate il fuoco, si continua tuttora a combattere.

A Kiev, invece, la memoria è ancora fresca. E la consapevolezza che, in caso di invasione russa dovranno vedersela da soli, ha un nome: “Memorandum di Budapest”. Quando nel 1994, all’indomani del crollo dell’Unione sovietica, in Occidente aleggiava l’incubo che i brandelli di arsenale nucleare finiti nelle mani di nuovi stati e governi potessero diventare fuori controllo, Usa e Regno unito ottennero dall’Ucraina da poco indipendente lo smantellamento delle proprie testate. In cambio, insieme alla Russia, si fecero garanti dell’indipendenza e dell’integrità territoriale del Paese. Merita ripetere: Russia, Stati Uniti e Gran Bretagna si sono fatti insieme garanti dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Meno di vent’anni dopo, quegli accordi si sono rivelati carta straccia. Per qualcuno oggi il solo ricordo è fonte d’imbarazzo. A Kiev invece sono un memento, la prova che neanche questa volta la diplomazia salverà l’Ucraina dall’aggressione russa.

Gli ucraini se la dovranno vedere da soli sul terreno, come del resto fanno già da otto anni in Donbass. Oltre le dichiarazioni di solidarietà, il chiacchiericcio scomposto delle diplomazie, le minacce di sanzioni alla Russia, nessuno muoverà un dito. In fondo, lo ha detto anche Putin ai media francesi durante l’ultima visita di Macron a Mosca: “Volete che la Francia vada in guerra contro la Russia?”. Possiamo mettere qualunque Paese, compresa la Nato, al posto della parola “Francia”. Questo però non vuol dire che i Paesi occidentali non possano fare nulla in termini militari. Possono dare agli ucraini i mezzi per difendersi da soli. Ed è quello che in parte stanno facendo, con la fornitura di missili anticarro di ultima generazione Javelin e NLAW. Non si tratta di una corsa agli armamenti per procura, ma di elevare l’effetto di deterrenza che un costo elevato della guerra, anche in termini di vite umane, può avere per Putin.

E la Nato? È vero, Putin ha provato a gettare la chiave inglese negli ingranaggi dell’Alleanza atlantica. È anche vero però che la narrativa dell’espansione della Nato è viziata da più di una fallacia logica. Intanto perché Mosca condivide già dei confini con il “nemico” e ha addirittura un territorio completamente circondato da membri Nato (è l’exclave di Kaliningrad). Ma soprattutto perché il ventilato ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza è semplicemente impossibile, almeno finché sul suo territorio esisterà un conflitto irrisolto. Esattamente come per la Georgia, dopo l’invasione russa dell’Ossezia del Sud nel 2008, o per la Moldova con il controllo delle truppe russe nella striscia separatista della Pridnestrovie. Un puzzle già completo per il Cremlino, se l’obiettivo è impedire l’ingresso nella Nato di questi Paesi ed avere una sorta di cuscinetto su tutta l’area. Una speranza, in queste ore di attesa in cui non ci sono certezze. 

Nel testo uno scatto del segretario di Stato americano John Kerry col Ministro degli Esteri britannico William Hague e il Ministro degli Esteri ucraino Andrii Deshchytsia dopo  il Memorandum ministeriale di Budapest sulla crisi ucraina (2014). In copertina, esercitazione Nato in Estonia (credit Nato)

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