Bavaglio in Burundi

Il nuovo direttore dell’unico media pubblico radiotelevisivo è Eric Nshimirimana, già capo di una milizia accusata di abusi e stupri. La panoramica di un Paese vittima di violenza e censura

Fare e ricevere informazione è sempre più complicato in Burundi. Il piccolo Paese africano è al 159esimo posto nella classifica sulla libertà di stampa nel mondo stilata ogni anno da Reporter Senza Frontiere.  La ong descrive così la situazione, che si è venuta a creare dal tentativo di colpo di stato del maggio 2015: “La maggior parte delle stazioni radio indipendenti sono ancora chiuse, decine di giornalisti non sono ancora in grado di tornare dall’esilio autoimposto, e coloro che sono rimasti hanno difficoltà a lavorare liberamente perché sono spesso molestati dalle forze di sicurezza, che sono incoraggiate da un discorso ufficiale che associa media non allineati con i nemici della nazione”.

A complicare la situazione c’è stata la nomina, arrivata a inizio luglio 2019, di Eric Nshimirimana, già capo di una milizia burundese, l’Imbonerakure, accusata di atrocità, alla direzione della radio-televisione nazionale RTNB, l’unico media pubblico radiotelevisivo del Paese.
La sua nomina ha scatenato la condanna da parte dei gruppi per i diritti umani. Human Rights Watch ha affermato che la sua nomina è stata “un duro colpo per tutte le vittime di abusi perpetrati dall’Imbonerakure, nonché per la libertà di stampa in Burundi”. L’Imbonerakure, l’ala giovanile del partito dominante CNDD-FDD, è stata accusata di abusi diffusi dopo la violenza scoppiata quando il presidente Pierre Nkurunziza ha cercato e vinto con metodi quantomeno controversi un terzo mandato nel 2015.

Abusi, violenze, omicidi, arresti, intimidazioni, che secondo gli osservatori, tra cui Hrw, continuano ancora oggi. Le nuove elezioni in Burundi sono previste per il prossimo anno e anche se i cambiamenti costituzionali approvati nel 2018 significano che gli sarà permesso di candidarsi ancora una volta, Nkurunziza ha detto che si ricandiderà. Secondo molti però questa nomina potrebbe essere funzionale proprio alle elezioni perchè controllare un media molto seguito, specie nelle zone rurali, potrebbe rappresentare un notevole vantaggio.

Intanto l’emittente radiofonica pubblica britannica BBC chiuderà le sue operazioni in Burundi dopo che non è riuscita a raggiungere un accordo con il governo sulla messa in onda dei programmi. Il regolatore dei media del Burundi, il National Communication Council (CNC), ha sospeso la BBC per presunta trasmissione di contenuti che “mettono in gioco la coesione e la riconciliazione nazionali”.

Oltre agli aspetti legati alla stampa il Burundi resta uno stato tutt’altro che pacificato. Le violenze e la repressione che hanno hanno causato almeno 1200 morti e oltre 400000 sfollati tra aprile 2015 e maggio 2017, secondo le stime della Corte penale Internazionale (Cpi), che aveva aperto una inchiiesta intrenazionale al quale era seguito il ritiro del Paese dallo Statuto di Roma.
Le tensioni politiche di questi anni hanno costretto oltre 374mila burundesi a rifugiarsi nei Paesi vicini: Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Rwanda e soprattutto Tanzania, dove i rifugiati burundesi sono oltre 192mila, accolti in campi di fortuna e privi assistenza umanitaria.

(di red/Al.Pi.)

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