“Circondare i golpisti”

A colloquio con Zaw Wai Soe, ministro del Governo clandestino che spiega la strategia dei rivoluzionari birmani

 

di Theo Guzman

“Sono sicuro che vinceremo. Lo vedremo nel giro dei prossimi mesi perché il 2024 segnerà una svolta che sarà sotto gli occhi di tutti”. E’ ottimista Zaw Wai Soe, uno dei personaggi chiave del National Unity Government, l’entità clandestina che si è formata dopo il golpe birmano del 2021. Ministro dell’Istruzione e della Sanità (è uno specialista di medicina spinale) è convinto che le cose in Myanmar stiano rapidamente cambiando registro. Difficile dargli torto.
Dopo che alcuni giorni fa uno sciame di droni è arrivato a colpire la capitale Naypyidaw, in questi giorni Myawaddy è caduta nelle mani del Karen National Liberation Army e delle People’s Defence Force: è la città al confine con la Thailandia che chiude sostanzialmente il traffico commerciale da e per il Myanmar. E’ una città strategica: tagliata fuori dai rifornimenti, sostenuta solo dai bombardamenti dell’aviazione golpista, la città si è arresa ai “ribelli” e ha trattato l’evacuazione degli ufficiali. La periferia dell’intero Paese, negli Stati Shan, Kachin, Chin, Rakhine, Kayah, è sostanzialmente in mano alla Resistenza. Che sta accerchiando i golpisti. Abbiamo raggiunto Zaw Wai Soe per farci spiegare su cosa si basa adesso la strategia congiunta tra Governo ombra e i suoi gruppi armati (Pdf-Nug) e le Eao (Ethnic Armed Organization).
La svolta militare la induce all’ottimismo?
Si se si compara il colpo di Stato del febbraio coi precedenti: ne abbiamo avuti nel 1958, nel 1962, nel 1988 e nel 2021 e i militari erano in grado di controllare il Paese nell’arco di settimane. Nell’88, dopo un mese e mezzo il Paese era tranquillo e sotto totale controllo. Ma adesso? A tre anni dal golpe stanno perdendo e la Rivoluzione sta vincendo. Il processo è lineare: nel 2021 abbiamo formato un Governo e un Consiglio che riunisce e le varie anime rivoluzionarie del Paese e abbiamo cominciato a consolidare un’alleanza con le diverse componenti etniche (Ethnic Armed Organization ndr). Nel 2022 ci siamo preparati, organizzati e uniti per la nostra Rivoluzione. Nel 2023 abbiamo iniziato a mettere in campo la nostra strategia per vincere lavorando sui progressi politici interni e coordinando i nostri messaggi alla comunità internazionale, i vari aspetti finanziari e naturalmente l’azione militare. Con l’Operazione 1027 (azione militare congiunta scattata in ottobre ndr) siamo passati dalla difesa all’attacco. Il 2024 vedrà una svolta decisiva nei prossimi mesi. Potrete constatare che avremo vinto
La gente si chiede quanto è solida l’alleanza tra gruppi tanto diversi tra loro
Oggi possiamo leggere dichiarazioni congiunte del Nug e delle diverse anime della Resistenza. E’ stato un processo di unità lungo ma alla fine molti gruppi hanno scelto di aderire alla Resistenza: nello Stato Shan, nelle zone Karen, Karenni, Chin o Kachin. E lo si vede adesso con ciò che avviene in Rakhine o nello Stato Karen. Proprio nello Stato Karen, le Guardie di frontiera (Bgf- che prima erano alleate con la Giunta ndr) hanno scelto di non combattere più contro il Knla. Queste sono le cose che consentiranno alla Rivoluzione di trionfare.
Forse per la prima volta si vede l’unità di forze diverse e tutti i confini stanno collassando sotto l’effetto di un’operazione che appare coordinata. Ma in tanti si preoccupano per quel che succederà dopo. Questa unità reggerà? Si va verso una forma di Stato federale o la spinta si esaurirà in tante piccole secessioni?
Forse qualcuno si preoccupa ma non noi birmani. Il processo di unità è cosa fatta e noi stiamo tutti lavorando insieme e non solo sotto l’aspetto dell’attività militare. Ci sono stati tre anni di dialogo continuo per capirci prima di tutto fra di noi e questo ha portato a un coordinamento di forze diverse come abbiamo visto nell’Operazione 1027. C’era la Brotherhood Alliance (tre gruppi “etnici” armati ndr) ma anche le Pdf di Mandalay. Naturalmente sentiamo le preoccupazioni della comunità internazionale su una possibile frammentazione ma io la escludo. Fin dalla fine degli anni Quaranta si pensò a una forma Paese federale ma ciò non è mai avvenuto perché i militari non volevano. Ma adesso è arrivato il tempo di risolvere le controversie e di creare uno Stato federale democratico. Questa è ormai una scelta condivisa: un vero Stato federale con una vera democrazia. Non è una cosa che possiamo negoziare coi golpisti. Dobbiamo costruircelo da soli. Si vede come ormai il controllo sugli Stati Karen, Kachin, Chin o Rakhine sia passato di mano. Dalla periferia convergeremo uniti anche perché abbiamo la gente dalla nostra: una popolazione resiliente che soffre da tre anni e ha perso tutto ma che continua a partecipare e sacrificare la propria vita per la Rivoluzione
Cosa succederà all’esercito golpista se doveste vincere?
Noi abbiamo introdotto in quella che sarà la nuova Costituzione il concetto di “transitional justice”. La gente vuole giustizia. E dunque questo vale anche per i militari. Chi avrà commesso crimini contro l’umanità ne dovrà rispondere di fronte alle leggi nazionali e internazionali che regolano questi crimini. Ma attenzione, questo varrà per tutti noi. In buona sostanza, chi non ha commesso crimini non ha nulla da temere ma chi si è macchiato di fatti gravi ne dovrà dare conto. Noi per altro applichiamo anche il diritto umanitario internazionale che dice che, prima di tutto, prima dei militari, del Nug o delle Eao, c’è il popolo, le persone
Varrà anche per i Rohingya (la minoranza musulmana espulsa dal Paese negli anni passati ndr)?
Certo. I Rohingya sono cittadini birmani a tutti gli effetti e hanno sofferto come gli altri birmani: espulsioni, uccisioni, stupri. Siamo tutti fratelli e sorelle birmani. Tutti sullo stesso piano
Potranno tornare?
Certo. Anch’io voglio tornare nella casa della mia famiglia. E lo farò assieme ai Rohingya
All’Italia, come Paese membro della Ue, che non riconosce il Nug, cosa chiedete?
All’Italia e all’Europa intanto dico “grazie”. L’Europa ha condannato il golpe e si è mossa. Ma non è abbastanza. Noi abbiamo bisogno di riconoscimento politico e di assistenza umanitaria. Per questo dico al vostro governo e al popolo italiano: per favore state con noi e sosteneteci
La Cina?
Le cose cambiano anche per la Cina ma penso che i cinesi abbiano paura di una Birmania democratica

In copertina: manifesto di condanna del capo della Giunta Min Aung Hlaing. Nel testo: il ministro

Questa intervista è uscita anche su ilmanifesto

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