I soldati e le bombe di Donald

di Ilario Pedrini

«Non serve inviare più soldati americani in Siria o in Iraq per sconfiggere l’Isis». È quanto dice l’ormai ex ministro della Difesa, Ash Carter. In un’intervista all’Associated Press, ha affermato che tale mossa non farebbe altro che aumentare la resistenza nei confronti degli americani. Carter è invece favorevole a portare avanti una strategia anti-terrorismo gestita dalle forze locali. Una strategia, questa, che non viene condivisa dal neoinsediato presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Il repubblicano, che ha battuto la candidata dei Democratici Hillary Clinton, l’ha definita «eccessivamente cauta». «Se ci faremo carico della guerra in Iraq e in Siria – ha spiegato – innanzitutto, almeno nell’immediato, saremmo da soli, perché non ci sarebbero altri alleati. Ma poi correremmo anche il rischio che la gente che per ora è contro l’Isis possa farci resistenza e quindi aumentare il potere del nemico». Ma il primo test per il nuovo inquilino della Casa Bianca potrebbe essere quello di Pyongyang. «Esistono delle somiglianze tra Trump e il presidente nordcoreano Kim Jong-un» scrive Internazionale. «La minaccia di una crisi viene soprattutto dal fatto che la Corea del Nord ha appena annunciato che sta per testare un missile balistico intercontinentale capace di colpire il territorio statunitense con una testata nucleare. E Trump ha prontamente twittato che questo “non succederà”, lasciando intendere che lo impedirà con tutti i mezzi a sua disposizione, compresi quelli militari». Pierre Haski, giornalista del settimanale francese L’Obs (dal 2014 si chiama così il Nouvel Observateur), spiega che la Corea del Nord «ha dimostrato le sue capacità nucleari con cinque test, confermati dai centri di sorveglianza internazionali, e che dispone verosimilmente di varie testate nucleari». Pyongyang ha anche dimostrato di aver fatto progressi nel campo dei missili a lunga gittata. E la dinastia Kim ha fondato la sua sopravvivenza sulla buona gestione dei propri strumenti militari (quantomeno) di dissuasione e di ricatto da parte di un regime sui generis e senza scrupoli. Altro terreno caldo è quello dell’Iran, considerato tra i bersagli preferiti di Donald Trump, che ha denunciato l’accordo nucleare firmato con Teheran. Al suo fianco ha militari ostili alla Repubblica islamica. «Proprio un anno fa – scrive Haski –  i guardiani della rivoluzione avevano catturato due imbarcazioni statunitensi che si erano spinte nelle acque territoriali iraniane. L’equipaggio era stato filmato e umiliato prima di essere liberato a conclusione di alcune discrete trattative condotte dai partner dell’accordo nucleare, John Kerry e il suo omologo iraniano Javad Zarif».

 

 

 

 

http://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2017/01/10/donald-trump-politica-estera-test

http://www.internazionale.it/tag/autori/pierre-haski

foto da http://formiche.net/2016/11/09/cosa-fara-e-cosa-non-fara-donald-trump-alla-casa-bianca/

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