Il mare al centro del conflitto. Il Punto

La scacchiera fluida su cui si muovono al momento soprattutto le forze navali alleate degli Stati Uniti. Morire a Gaza. Stallo ucraino

di Raffaele Crocco

Lo scontro armato continua. Anzi, il tono si alza nel mar Rosso. Lì si contano i primi morti. Gli Houthi yemeniti hanno attaccato un mercantile di proprietà greca, ma con bandiera delle Barbados. Tre marittimi sono morti e la True Confidence, così si chiama la nave, è in difficoltà nel Golfo di Aden. La risposta statunitense e inglese è stata immediata: due differenti attacchi aerei hanno colpito lo Yemen, bombardando l’aeroporto di Hodeida.

Il mare all’imbocco di Suez è sempre più affollato. Sono almeno tre le missioni navali messe in campo per ridurre il rischio degli attacchi Houthi ai mercantili. Gli yemeniti continuano gli attacchi in nome della “solidarietà al popolo palestinese” e gli obiettivi sono, non a caso, le navi dei Paesi alletti di Israele. Uno scontro, quindi, che ha radici altrove, ma che si traduce in un confronto militare che rischia di essere sempre più aspro. Nel mar Rosso si muove la flotta europea della “missione Aspides”, approvata dai ministri degli Esteri dell’Unione lo scorso 19 febbraio. L’obiettivo è ripristinare la sicurezza dei trasporti navali nel Mar Rosso e nella parte settentrionale dell’Oceano Indiano. Quattro le navi impegnate, appoggiate da aerei. E’ autorizzata ad aprire il fuoco contro presunti attacchi ed avrà la durata di un anno. La marina greca ha il comando strategico, l’Italia quello operativo.

Da quelle parti, contemporaneamente, incrociano le navi di altre due missioni: Prosperity Guardian e Atalanta. La prima è stata messa in piedi dagli Stati Uniti con altri Paesi, tra cui la Gran Bretagna. Il mandato ricevuto consente, a differenza di Aspides, di attaccare in territorio yemenita, come già avvenuto. La seconda, invece, è un’altra missione targata Unione Europea. E’ una missione antica, Atlanta (nome completo EuNavFor Somalia), attiva dal 2008 per proteggere le navi commerciali dalla pirateria a largo della Somalia e del Corno d’Africa. Se poi vogliamo essere precisi, dobbiamo segnalare che non distante da lì ci sono altre due missioni navali internazionali. Una è la European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz (EMASoH), operativa dal gennaio 2020 tra Oceano Indiano e Golfo Persico, a cui partecipano Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo. La seconda è la Combined Maritime Forces (Cmf), voluta da 41 Paesi per contrastare la pirateria nelle maggiori vie d’acqua internazionali, con base preso il comando Usa in Bahrain.

Il mare, insomma, è sempre più una grande scacchiera, in cui si muovono al momento soprattutto le forze navali alleate degli Stati Uniti. Intanto, in Palestina si continua a morire e continua l’opera di espulsione del popolo palestinese dai propri territori. La certezza che questo sia l’obiettivo reale del governo israeliano non viene solo dal massacro di Gaza, dove si continua a morire senza alcuna possibilità di soccorso umanitario. A confermare il piano è la notizia che saranno costruite in Cisgiordania – territorio sempre più solo teoricamente palestinese – altre 3.500 abitazioni negli insediamenti israeliani illegali di Maale Adumim, Kedar ed Efrat, non lontano da Gerusalemme. Vanno ad aggiungersi ai 18.500 già approvati prima della guerra. Una scelta che ha scatenato la reazione durissima della Giordania, che ha condannato i piani di Israele definendoli misure “unilaterali e illegali” in violazione del diritto internazionale. Nelle ultime settimane – il dato è da ricordare – in Cisgiordania sono morti almeno 100 bambini palestinesi, vittime delle azioni militari dei coloni israeliani.

Restano i civili le vittime principali del grande confronto mondiale fra “filomaericani” e “antagonisti”. In Ucraina si muore nelle città e nelle trincee. La Russia ha intensificato gli attacchi aerei, nonostante le enormi perdite rilevate dagli analisti internazionali. I cacciabombardieri russi Su-34, scortati da caccia multiruolo Su-35, stanno effettuando un centinaio o più sortite al giorno. L’intelligence europea spiega che le tattiche russe sono cambiate e che il supporto aereo “più aggressivo” ha aiutato le forze russe ad avanzare nell’Ucraina orientale.

Sono passati 743 giorni dall’invasione russa dell’Ucraina e la diplomazia appare sempre impotente. Un unico segnale è arrivato dalla Cina. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, in un briefing a margine dei lavori del Congresso nazionale del popolo, ha dichiarato che Pechino sostiene gli sforzi “per lo svolgimento a tempo debito di una conferenza internazionale di pace riconosciuta sia dalla Russia sia dall’Ucraina, in grado di garantire la pari partecipazione di tutte le parti e le discussioni eque su tutti i piani di pace”. “Il nostro obiettivo – ha concluso – è trovare la strada per far partire i colloqui di pace. Tutti i conflitti devono finire al tavolo delle trattative: prima iniziano i colloqui, prima arriva la pace”.

 

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