di Luciano Bertozzi
L’Italia aumenta la presenza militare in Africa, il provvedimento del Governo Meloni sulle nuove missioni militari all’estero ne prevede una nuova in Burkina Faso. La missione ha l’obiettivo di sviluppare e rafforzare le capacità delle Forze armate del Paese africano, fornendo supporto nei seguenti settori: forze speciali, studi strategici, informazioni operative, sanità militare di campagna, formazione iniziale degli ufficiali e alta formazione, contrasto agli esplosivi improvvisati, tiro indiretto, ricerca e soccorso aeroportati, mobilità attraverso mezzi ad ala rotante, investigazione nel campo della minaccia asimmetrica, polizia di stabilità, potenziamento delle capacità dei centri di formazione della Gendarmeria Nazionale, con iniziale priorità al settore delle forze speciali e a quello informativo.
Fra gli obiettivi l’incremento di capacità per il controllo dei flussi migratori illegali e del terrorismo internazionale. Le attività di formazione, addestramento, consulenza, assistenza, supporto a favore delle forze di sicurezza e delle istituzioni governative, si svolgeranno in Italia e in Burkina Faso. Le predette attività di formazione, potranno essere svolte con la collaborazione e il coordinamento della missione italiana in Niger e della nuova missione europea EUMPM Niger. La consistenza massima del contingente nazionale è di 50 unità con un costo di circa 1,4 milioni di euro. La missione trova base giuridica nell’Accordo Italia e Burkina Faso per la cooperazione nel settore della Difesa, fatto a Roma il 1° luglio 2019 e ratificato dalla legge 29 aprile 2021, n. 72. Non ha un termine di scadenza predeterminato e l’area geografica in cui potrà operare è vastissima, non solo Burkina Faso, ma anche Niger, Mali, Mauritania, Chad, Nigeria, Senegal, Costa d’Avorio, Guinea, Togo, Ghana e Benin.
Il Paese africano è sconvolto dal conflitto fra milizie ed esercito che ha causato molte vittime, la distruzione di migliaia di scuole privando larga parte della popolazione del diritto all’istruzione. Amnesty International nel suo Rapporto 2022-23 ha denunciato le violazioni dei diritti umani compiute dalle forze di sicurezza governative “Ad aprile, notizie di stampa hanno indicato che decine di civili erano stati uccisi durante i raid dell’esercito contro i gruppi armati nei villaggi di Sokoundou, Wassakoré e Tin-Rhassan, nella provincia di Oudalan, vicino al confine con il Mali. Sull’episodio non è stata aperta alcuna indagine. Ad agosto, le autorità statali hanno ammesso la loro responsabilità per la morte di “diversi” civili durante i raid aerei lanciati contro i gruppi armati vicino a Kompienga/Pognoa, in prossimità del confine con il Togo. Fonti stampa hanno riportato che durante i raid erano stati uccisi circa 30 civili, in maggioranza donne. Il 30 dicembre, due quartieri con una maggioranza della popolazione di etnia fulani, nella città di Nouna, nella provincia di Kossi, sono stati attaccati da forze ausiliarie del governo. Secondo fonti locali, almeno 86 persone sono state uccise. L’ufficio del procuratore di Nouna ha annunciato un’inchiesta sugli omicidi.”
Inoltre il Paese è stato interessato da ben due colpi di Stato.
La deriva militarista che sta investendo l’Italia fa sì che invece di investire risorse per sviluppare percorsi di pace e di sviluppo si privilegi l’aspetto bellico, oltretutto senza porre alcuna condizione al nostro supporto, ad esempio sul rispetto dei diritti umani. La missione espone i soldati italiani a grandi rischi, oltre ad apparire in contrasto con l’articolo 11 della Costituzione. Il Parlamento dovrà esaminare il provvedimento governativo per l’eventuale ratifica e quindi sarebbe auspicabile un ripensamento di una missione che non porterà la pace ad uno dei Paesi più poveri del mondo, ma ulteriori sofferenze e darà luogo ad ulteriori migrazioni, proprio quelle che l’Italia cerca in tutti i modi di contrastare.
In copertina, sfilata di soldati italiani sulla Homepage del Ministero della Difesa