di Maddalena D’Aquilio
Sono passati ventisei anni dalla firma degli accordi di Dayton e dalla fine della guerra in Bosnia. Più che una pace fu il congelamento del conflitto interetnico, ma la tensione è rimasta costante e palpabile. La guerra in Bosnia, con le sue atrocità e oltre 100.000 morti, rimane un segno indelebile nella storia d’Europa e non solo. Una ferita mai rimarginata, alimentata da accuse e recriminazioni reciproche. Il sistema bosniaco appare, più che altro, un rattoppo instabile e complicato. Ora però la situazione si è davvero aggravata: non si tratta più soltanto di proclami, ma azioni concrete. Il trattato di Dayton è a rischio; soprattutto è in pericolo la pace. Tutto prende avvio dalle aspirazioni secessioniste di Milorad Dodic, l’ex presidente della Republika Srpska (RS), l’entità serba in Bosnia Erzegovina, e attuale membro del consiglio di Presidenza. La Presidenza bosniaca è tripartita, ciascuno a rappresentare un’etnia: bosniacchi, croati e serbi. Le due entità autonome che compongono lo Stato bosniaco sono quella croata-bosniacca da un lato e quella serba dall’altro. … (continua: leggi tutto su Unimondo)
In copertina un’immagine di Miguel Alcântara