Di seguito le riflessioni di Raffaele Crocco (46mo Parallelo e Progetto Atlante) e di Emanuele Giordana (Afgana) sulla giornata di domani a Trento dove si svolge l’incontro pubblico: “Afghanistan il futuro negato” reso possibile dal sostegno della Provincia Autonoma.
di Raffaele Crocco
Perché il convegno “Afghanistan, il futuro negato”? Perché raccontare l’Afghanistan, oggi, significa soprattutto due cose. La prima è fare con onestà e durezza, come italiani ed europei, i conti con gli errori degli ultimi vent’anni. Parlo di vent’anni di occupazione militare che non hanno portato alcun risultato, non hanno creato nessuna democrazia, non hanno migliorato la vita degli afgani, spianando la strada al riaffermarsi dei Talebani. Oggi il reddito medio di un afghano, non dimentichiamolo, è 530euro l’anno.
La seconda cosa è fare i conti con un possibile futuro, che non passa necessariamente per il riconoscimento diplomatico del governo afgano attuale e men che meno, come si sente da qualcuno, per un nuovo scontro armato. E’ affermare, invece, la necessità di intervenire con gli strumenti della cooperazione internazionale per salvare vite e garantire il minimo indispensabile di diritti umani a milioni di persone, improvvisamente abbandonate a loro destino dalla nostra fuga dal Paese nell’agosto di quest’anno.
L’Associazione 46° Parallelo è nata a Trento nel 2008 dove ha creato il progetto Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo, pubblicazione annuale che si sviluppa anche in un sito e in eventi e progetti con la scuola e i giovani e nella produzione di mostre e di film-documentari con un centinaio di incontri pubblici ogni anno. Collabora con diverse realtà tra cui, a Trento, il Forum trentino per la pace e l’Associazione “Afgana”
di Emanuele Giordana
Afgana in passato è stata una rete importante di soggetti della società civile italiana con un ruolo forte in Afghanistan. Ora è un’associazione di ricerca e sostegno alla società civile afgana e il titolo dell’associazione spiega bene il suo mandato e di cosa ci occupiamo. Tre sono i punti che porremo all’attenzione della ministra: i conti col passato, i diritti nel futuro afgano, il ruolo e il sostegno alla società civile italiana e afgana
I conti col passato. Non ancora c’è stato dibattito parlamentare pubblico su una guerra persa: perché l’abbiamo fatta? E se andava fatta dove abbiamo sbagliato? Aveva e ha forse ragione, anche per il futuro, l’art 11 della Costituzione che ripudia guerre di aggressione? Come giustifichiamo un contributo alla missione Nato di circa 9 miliardi di euro di cui solo tra il 5 e il 7 % investiti in sviluppo e il resto in spesa militare in un Paese in cui abbiamo lasciato 7 afgani su 10 sotto la soglia di povertà?
Diritti. Giusto difenderli e sostenerli. Ma come senza un’ambasciata ne un ufficio di cooperazione? Come tutelare gli italiani che operano in Afghanistan senza nemmeno un ufficio di tutela degli interessi nazionali? Come verificare dove e come saranno spesi i milioni che abbiamo scelto di destinare all’aiuto umanitario?
Ruolo della società civile. E’ forte quello italiano sia nelle evacuazioni passate, sia in quelle future come anche è ancora forte una presenza di diverse organizzazioni italiane. Come tutelarle e come finanziarle perché possano difendere i diritti degli afgani anche in una trattativa inevitabile col regime talebano? E come del resto sostenere la società civile afgana senza rafforzare la nostra che è attiva ora e domani nel Paese? Qual è dunque l’impegno italiano nell’incerto futuro afgano? Anche per questo abbiamo organizzato a Trento il 14 dicembre una conferenza nazionale con tutti gli attori della società civile italiana che operano in Afghanistan e in Italia a sostegno dei nostri omologhi afgani. L’altro, riguarda la necessità di rendere pubblico questo dibattito per far si che non si spengano i riflettori sul futuro dell’Afghanistan.
A destra: Raffaele Crocco ed Emanuele Giordana a Gerusalemme nel 2009. Un lungo sodalizio
La foto di copertina (Jalalabad 2021) è di Giuliano Battiston