Saharawi, viaggio nelle città libere ma inospitali

Tifariti, uno dei sette territori liberati del Sahara Occidentale, è considerato simbolo e martire della guerra. Il racconto

di Alice Pistolesi

Tra i campi profughi nel deserto algerino e il territorio del Sahara Occidentale c’è una fascia, pressoché desertica, di sette città ‘liberate’. L’area di Tifariti è una di queste. La ‘città’ si raggiunge con 4-5 ore di fuoristrada dai campi saharawi in terra algerina che dall’anno dell’occupazione del Marocco ospitano il popolo saharawi in esilio. Tifariti non può essere considerata una vera e propria città, ma sta tentando di essere considerata tale: qui, oltre alle tende che ospitano un numero imprecisato ma esiguo di famiglie, si trova un ospedale, il centro di sminamento, una scuola elementare.

Tifariti è dunque una delle sette “città” dei territori liberati del Sahara Occidentale ed è considerata città simbolo e martire della guerra. Per questo il governo della Repubblica Araba Democratica Saharawi, che proprio oggi, 27 febbraio, compie 43 anni, sta costruendo a Tifariti la casa del presidente dove si realizzano spesso atti ufficiali.

Il paesaggio di Tifariti, città ‘liberata’ (foto di Sara Di Masi e Francesco Lastrucci)

In pochi vivono stanziali nei territori liberati, ma qualche mese l’anno, soprattutto nella stagione delle piogge, arrivano a Tifariti cammellieri e pastori che portano capre e cammelli al pascolo. Pare infatti che in gennaio e febbraio i campi strutturati del deserto siano molto meno popolati perché in molti si trasferiscono nelle zone liberate. Il fenomeno della vita nelle città liberate è aumentato negli ultimi anni. L’area, più vicina alla costa, ha più acqua e vegetazione del deserto algerino ma, nonostante il paesaggio leggermente più ospitale, le zone liberate non sono adatte alla vita. I campi del deserto, negli anni, sono diventati sempre meno temporanei per tentare  di rendere la vita dei saharawi meno drammatica possibile: da qualche tempo c’è energia elettrica e acqua corrente per quasi tutte le famiglie.

Nelle città liberate niente di tutto questo. Inoltre c’è la componente protezione. Secondo voci saharawi se ci fosse la ripresa delle ostilità con il Marocco le zone liberate sarebbero le prime ad essere attaccate e non avrebbero la protezione né dell’Algeria, né probabilmente delle Nazioni Unite.

A rendere ancora più inospitale il territorio ci sono le mine antiuomo. Le città liberate si trovano infatti vicine al muro di 2.700 chilometri che divide il deserto dal Sahara Occidentale. L’area che circonda il muro è una delle più minate del mondo. Le mine posizionate nel deserto rendono il territorio inospitale non soltanto adesso ma potenzialmente per sempre. Con le piogge gli ordigni tendono a spostarsi sotto la sabbia: viaggiare nell’area e portare le bestie al pascolo è ogni giorno più pericoloso.

La cisterna a Tifariti, città ‘liberata’ (foto di Sara Di Masi e Francesco Lastrucci)

Tra le realtà italiane che si occupano di fornire aiuti alle città liberate c’è l’associazione Saharawi Insieme di Pontassieve. “Il nostro comune è gemellato da 32 anni con Tifariti – spiega il volontario Andrea Artenzioli, reduce di un recente viaggio nei territori saharawi – Ma le Tifariti sono due, così come lo sono molte città saharawi. C’è la Tifariti ricostruita nei campi e quella liberata o che si trova nel territorio occupato dai marocchini. Quest’anno abbiamo deciso di avviare il dialogo e alcuni progetti con la Tifairi liberata. Per questo abbiamo incontrato il sindaco e consegnato materiale scolastico”. Gli aiuti internazionali, già dimezzati per i campi profughi del deserto algerino, tendono a non arrivare nelle città liberate, rendendo la vita nell’area ancora più impossibile.

L’ospedale di Tifariti, città ‘liberata’ (foto di Sara Di Masi e Francesco Lastrucci)

Qui la scheda conflitto dedicata al Sahara Occidentale dell’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo.

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