di Raffaele Crocco
È arrivata la Befana, ma la calza è vuota, senza regali per ucraini e russi. Sono 316 i giorni di guerra, ormai e nulla appare ancora più lontano non solo della Pace, ma anche di un cessate il fuoco. Anche la chiesa ortodossa – sia il vertice filo Putin, sia la base più pacifista – se ne rende conto. Non a caso, il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Krill, ha invitato “tutte le parti coinvolte nel conflitto interno a stabilire una tregua natalizia dalle 12:00 ora di Mosca del 6 gennaio 2023 alle 12:00 del 7 gennaio, in modo che gli ortodossi possano partecipare alle funzioni religiose della vigilia e del giorno di Natale”. Voce, la sua, difficile da ascoltare.
In realtà, nel corso della settimana non si sono mai fermati i combattimenti. Esplosioni sono state avvertite a Sebastopoli e nelle zone limitrofe della città, in Crimea. Qui, la difesa antiaerea russa avrebbe abbattuto due droni ucraini. I russi hanno colpito invece la città ucraina di Nikopol. Sono state danneggiate molte abitazioni civili, un gasdotto e la rete elettrica. I russi, secondo molti osservatori, starebbero riorganizzando le forze per riprendere l’offensiva in febbraio. Nel frattempo, sembra essere Kiev la più attiva. Secondo l’intelligence ucraina, l’esercito russo perderà “fino a 70 mila uomini nei prossimi 4-5 mesi”. Il capo dell’intelligence militare di Kiev, Kyrylo Budanov, in un’intervista alla Abc ha ambiguamente annunciato ulteriori attacchi in territorio russo. Non ha detto, però, che ci sarà il suo Paese dietro queste azioni. Gli attacchi, ha spiegato, potrebbero diventare “sempre più profondi all’interno della Russia”. Alla domanda sugli attacchi alla Crimea, annessa illegalmente dalla Russia nel 2014, Budanov ha sottolineato che la penisola è “territorio ucraino e dunque possiamo usare qualsiasi arma sul nostro territorio”. Raccapricciante il suo racconto su quanto avviene lungo la linea dei combattimenti: “ci sono centinaia di cadaveri – ha detto – che stanno semplicemente marcendo in campo aperto e vengono usati dai soldati russi come scudi”.
A rendere possibile l’azione ucraina sono i consistenti aiuti militari in arrivo da Europa e Stati Uniti. Dopo una lunga telefonata con il presidente ucraino Zelensky, il presidente francese Macron ha promesso l’invio di carri armati leggeri AMX-10 RC. Si tratta di un mezzo moderno, di produzione francese. “E’ la prima volta ha spiegato – che carri di concezione occidentale sono forniti alle forze armate ucraine”. Finora, infatti, erano stati inviati solo vecchi carri armati di progettazione sovietica, pescati negli arsenali dei vari Paesi dell’Europa dell’Est. Proprio in questi giorni, si è saputo che anche il presidente Usa, Joe Biden, starebbe valutando di fornire all’Ucraina veicoli da combattimento Bradley, nei futuri pacchetti di assistenza militare a Kiev. Lo riportano le agenzie americane. A una domanda specifica dei giornalisti su questa possibilità, nel corso della sua visita in Kentucky, Biden ha risposto “si'”.
Armi, armi, armi: questa, insomma, è ancora la “cifra” di questa fase della guerra. I negoziati non ci sono. Zelensky continua a lavorare al piano di Pace in 10 punti da presentare alla comunità internazionale, ma Mosca lo ha già definito “irricevibile”. Il presidente turco Erdogan al capo del Cremlino, Putin, ha detto che serve una “tregua unilaterale per avviare il processo di pace”, ma la cosa è caduta nel nulla. Non sembrano esserci interlocutori internazionali in grado di frenare la guerra e chi potrebbe esserlo – la Cina- mostra tutto l’interesse a stare alla finestra. Così, nel silenzio delle cancellerie, in Ucraina si muore.