di Claudia Gambarotta
Il Consiglio Affari Esteri dell’Unione Europea, riunitosi ieri a Bruxelles, ha deciso l’imposizione di misure restrittive (sanzioni) a perone ed entità originarie di Cina, Repubblica popolare democratica di Corea, Libia, Myanmar, Russia, Sud Sudan ed Eritrea, “responsabili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani in diversi Paesi del mondo”, le cui designazioni si aggiungono all’inserimento in elenco di 4 cittadini russi lo scorso 2 marzo e rientrano nel primo pacchetto più ampio di inserimenti in elenco nell’ambito del regime globale di sanzioni dell’UE in materia di diritti umani, istituito il passato dicembre. “Le detenzioni arbitrarie di massa degli uiguri nello Xinjiang in Cina, la repressione nella Repubblica popolare democratica di Corea, le uccisioni extragiudiziali e le sparizioni forzate in Libia, le torture e la repressione a danno di oppositori politici e persone LGBTI nella Cecenia in Russia, le torture e le uccisioni ed esecuzioni extragiudiziali in Sud Sudan ed Eritrea” sono state le motivazioni indicate alla base delle ultime misure. Le sanzioni nei confronti dei 4 cittadini russi erano state invece giustificate dal “ruolo avuto nell’arresto arbitrario, nel processo e nella condanna di Alexei Navalny, come pure nella repressione delle proteste pacifiche legate al trattamento illegale riservatogli”.
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Il Consiglio ha ugualmente imposto misure restrittive a 11 persone responsabili del colpo di Stato militare attuato in Myanmar il 1° febbraio 2021 e della conseguente repressione militare e poliziesca contro manifestanti inermi e a 14 persone per atrocità contro la popolazione Rohyngia, con un emendamento al vigente regolamento europeo consolidato del 2013, che stabiliva le misure restrittive già in atto nei confronti del Paese. Nel quadro del regime globale le sanzioni consistono nel congelamento dei beni nell’UE delle persone ed entità inserite in elenco e, per le persone, il divieto di viaggio nell’Unione; è anche vietato alle persone ed entità dell’Ue mettere, direttamente o indirettamente, fondi a disposizione delle persone ed entità inserite in elenco.
Nel caso del Myanmar, a tali misure e a quelle già in essere (l’embargo su armi e attrezzature utilizzabili a fini di repressione interna, le restrizioni sull’esportazione di beni a duplice uso destinati ai militari e alla polizia di frontiera e di attrezzature per il monitoraggio delle comunicazioni impiegabili per la repressione interna, nonché il divieto della fornitura di addestramento militare e della cooperazione militare), si aggiungono “la sospensione dell’assistenza finanziaria destinata al governo, il congelamento di tutti gli aiuti agli organi governativi che si ritenga possano legittimare la giunta militare e l’intensa azione diplomatica”.
“Tardive e parziali” ha definito in un comunicato le misure restrittive adottate dal Consiglio l’associazione Italia-Birmania.Insieme, chiedendo che “le sanzioni attuali vengano integrate con urgenza da sanzioni economiche e finanziarie nei confronti delle aziende delle due holding militari MEHL e MEC”- di cui Amnesty International, in un rapporto dello scorso settembre, aveva identificato i legami con altre imprese multinazionali, “e delle banche controllate dello stato e dai militari e dai soggetti loro alleati”. Immediata è stata la reazione alle sanzioni impostele dall’Ue (le prime dopo l’embargo del 1989 seguito alla repressione delle manifestazioni di Piazza Tienanmen) della Cina, che ha inserito nella propria lista nera 10 persone e 4 entità dell’Unione europea. Le entità sono due organismi dell’Ue e due fondazioni private, mentre fra le persone, oltre a politici e parlamentari di alcuni Stati dell’Unione e a membri del Parlamento Europeo, è incluso il ricercatore Adrian Zenz, autore del contestato rapporto ʻXinjiangʼ.
Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e presidente del Consiglio Affari Esteri, nella conferenza stampa conclusiva, incalzato dai giornalisti sulle influenze di Cina e USA, ha definito “perfettamente coordinata” la reazione di Stati Uniti e Regno Unito, che subito dopo l’adozione delle misure da parte dell’Ue hanno imposto a loro volta sanzioni che le ripetono, mentre ha negato che la Cina si fosse imposta su alcuni Stati Membri e che un provvedimento relativo a Hong Kong fosse mai stato all’ordine del giorno della riunione.
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