di Nicoletta Dentico*
Da quando la Cina ha lanciato il primo allarme sulla nuova epidemia, alla fine di gennaio, la cooperazione internazionale tra governi è risultata la vera missing in action dalla scena, salvo qualche eccezione inattesa (la mobilitazione del personale sanitario di Cuba e Albania) e non disinteressata (la nuova edizione della Silk Road cinese in chiave sanitaria).
E le Nazioni Unite? Sospese come sono in uno stato d’eccezione che ne paralizza l’ordinario funzionamento, sono ancora l’unico approdo di riferimento tecnico ed etico del pianeta legittimato da un mandato sovranazionale. L’unico. Pur con tutti i limiti, e le complesse politiche interne. Covid19 rischia di esasperare le violazioni dei diritti umani nel mondo. Come per l’Europa, le Nazioni Unite si giocano su Covid19 la loro stessa raison d’être. Scusate se è poco.
E qui entra in campo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), ignorata da molti dei suoi membri e sotto feroce attacco da parte di Donald Trump. In queste ore è stata confermata la sospensione dei fondi all’Oms annunciata dal presidente americano il 7 aprile scorso, Giornata mondiale della salute, per beffarda coincidenza. In termini assoluti, gli USA sono il primo finanziatore dell’agenzia, con un contributo nel 2019 superiore a 400 milioni di dollari. Fondi che saranno destinati per il 2020 ad altre organizzazioni. Nel frattempo giungono segnali che il Dipartimento di Stato, USAID e altri funzionari dell’amministrazione stiano puntando alla creazione di una istituzione alternativa per la salute globale . Un gioco al massacro costruito ad arte da Trump. Il presidente americano non ha fatto altro che cacciare capri espiatori dall’arrivo di SARS-CoV-2 (in sequenza: la amministrazione Obama, la Cina, i mass media) per gettare su “altri” le responsabilità proprie nella controversa e divisiva gestione della pandemia, una gestione sotto scrutinio critico da parte della stessa comunità scientifica e – sempre di più – della stampa.
Se non è un colpo mortale, quello inferto all’Oms nel bel mezzo della tempesta virale, nel momento cioè in cui la comunità internazionale ha più bisogno dell’agenzia, ci arriva vicino. Va detto che è solo l’ultima vicenda, in ordine di tempo, sul mancato rispetto da parte di Trump delle principali traiettorie operative previste nel piano contro l’influenza pandemica redatto dall’amministrazione nel 2017. Una azione senza precedenti, come Covid19.
Da gennaio l’Oms è alle prese con una sfida sanitaria senza precedenti, di una complessità inaudita, nel tentativo di capire e domare la cinetica del nuovo coronavirus. L’azione del direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, pur se avrebbe meritato in alcuni passaggi più incisività, ha ottenuto il sostanziale apprezzamento di esperti e scienziati indipendenti che non sono teneri con Ginevra. Per mandato, l’Oms allerta i governi e mobilita la comunità scientifica, formula raccomandazioni, in un divenire della scienza che si costruisce per tentativi ed errori, successi e validazioni, nella constante e tempestiva condivisione dei dati. L’accusa di Trump punta il dito contro la presunta accondiscendenza dell’Oms verso Pechino, primo focolaio del virus, una complicità con la Cina nei ritardi e nella scarsa trasparenza che avrebbe frenato la comprensione sulla gravità del contagio. La realtà è un’altra cosa.
L’agenzia è stata piuttosto la prima vittima dell’iniziale oscuramento dell’epidemia di Wuhan. Secondo quanto racconta John McKenzie, del comitato di emergenze dell’Oms, quando Pechino allertò Ginevra il 31 dicembre, gli scienziati cinesi avevano già sequenziato e identificato un coronavirus, salvo che la comunicazione all’Oms è arrivata il 7 gennaio, e la sequenza genetica del virus è stata condivisa solo il 12 gennaio. Un tempo prezioso, sprecato. L’Oms si è vista poi negare l’autorizzazione per una prima missione alla metà di gennaio, quando appariva ormai chiaro quanto i numeri ufficiali di Pechino fossero lontani dalla realtà. Una questione ancora oggi aperta per il governo cinese. Tedros ha deciso di sfoderare la santa pazienza della diplomazia, senza un confronto aperto, per conseguire il risultato di un’azione condivisa contro il virus da parte della Cina. Che è arrivata, alla fine. Meritava una crocifissione pasquale?
L’Oms è una organizzazione che ha molte responsabilità, ma pochi poteri. E’ bene saperlo. Opera prevalentemente a regime di soft norm, indicazioni non obbligatorie. Al contrario di realtà come l’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc), l’Oms non ha facoltà di vincolare e soprattutto di sanzionare i suoi membri. Su questo punto dovremmo farci qualche sana domanda. “L’organizzazione è stata svuotata di potere e risorse”, sostiene Richard Orton editor di The Lancet. Il suo budget annuale si aggira intorno ai 2 miliardi di dollari (il budget è approvato su base biennale: il biennio 2016-2027 è stato di 4,34 miliardi di dollari, quello 2018-2019 di 4,42 miliardi), inferiore a quello di molti ospedali universitari. Una cifra irrisoria se pensiamo alla gamma vertiginosa di ambiti sanitari e di progetti di ricerca in cui è impegnata l’organizzazione.
Le epidemie più recenti hanno variamente esposto l’Oms alle critiche o ammaccato la sua credibilità, come è accaduto con la vicenda del virus Ebola fra il 2014 e il 2016. Ma è l’Oms stessa a soffrire. I governi che ne sono i titolari principali, invece di promuoverne l’autorevolezza scientifica e l’indipendenza politica, hanno fatto di tutto dagli anni ’80 in poi per contenerne l’autonomia di mandato a tutela della salute pubblica. Perché, come Covid19 ci insegna, la salute confligge con gli interessi dell’industria e dell’economia, di cui i governi si sono fatti inesorabili interpreti e portavoce. Hanno aperto le porte dell’Oms alla presenza dei privati che partecipano ormai come stakeholders nelle discussioni multilaterali. L’agenzia in queste condizioni non può operare all’altezza delle sfide. Necessita di una messa a punto urgente, non ci sono dubbi, per un vero rilancio operativo. Niente a che vedere con le riforme tecnocratiche apparecchiate per lei negli ultimi anni, per un ulteriore snellimento.
I governi giocano col fuoco quando fanno dell’Oms il capro espiatorio delle loro inefficienze nella gestione di Covid19, in un combinato pericoloso di irresponsabilità nazionalista e totale assenza di visione. Se c’è una certezza finora, essa è che la pandemia ha rilanciato la centralità della sola organizzazione internazionale pubblica sulla salute, e il ruolo che dovrà svolgere in futuro per la gestione delle crisi sanitarie. Gli scienziati ci dicono che ne verranno ancora, dopo SARS-CoV-2. Quando la vicenda sarà conclusa, un’accurata analisi sulle cause del contagio di Covid19 e sugli errori che hanno portato a questa tragedia sarà indispensabile. L’Oms non potrà sfuggire alle proprie responsabilità. Ma neppure gli Stati, nessuno escluso. E l’unica via d’uscita per salvarsi sarà riprendere in mano le fila di un multilateralismo maturo, degno di configurare la sopravvivenza dell’umanità sul pianeta.
* Nicoletta Dentico è a capo del Global Health Programme di Society for International Development (SID)
Questo articolo è una sintesi di quello pubblicato sul sito di Sbilanciamoci
Nella foto di copertina (Onu) la sede Oms di Ginevra
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