Ambiente, il costo dell’inazione

I conti in tasca alla nostra bolletta climatica. Quanto ci verrebbe a penalizzare girarci dall'altra parte?

di Alessandro Graziadei 

“Il costo della mitigazione climatica sarà ingente, ma il costo dell’inazione sarà maggiore” ci aveva ricordato Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, all’inizio di quest’anno in occasione del varo del “Patto europeo per il clima”. Alla luce dei recenti disastri ambientali che hanno flagellato l’Europa e la relativa conta dei danni, figli anche delle conseguenze del cambiamento climatico, queste poche parole suonano come profetiche. Ma è realmente possibile stimare in termini economici qual è il costo del cambiamento climatico? La risposta è no se ci aspettiamo un dato preciso, perché molti studi sulle ricadute economiche dell’innalzamento delle temperature sono solo in parte comparabili: non tutti partono dalle medesime premesse, alcuni fanno riferimento solo ad una particolare categoria di danni, altri ad aree geografiche o a periodi temporali diversi, tuttavia sul tema sono state pubblicate una serie di analisi scientifiche relative, sia ai danni sinora provocati dal cambiamento climatico, sia ai possibili costi presenti e futuri che possono darci un quadro realistico della nostra “bolletta climatica”.

Iniziamo dalla prima e forse più autorevole stima quella del World Economic Forum (WEF) che ha recentemente inserito il clima tra i primi 5 rischi globali per ordine di importanza, il primo in termini di possibilità seguito nell’ordine dal fallimento delle politiche ambientali, dalle catastrofi naturali, dalla perdita della biodiversità e dai disastri ambientali provocati dall’uomo. Le stime del WEF supportate dalle analisi fatte nel 2019 dal National Bureau of Economic Research prevedono che da qui al 2100 se non si inverte totalmente il senso di marcia, il PIL pro capite globale potrebbe crollare del 7,22%…. (segue su Unimondo)

In copertina, uno scatto di Markus Spiske

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