Apocalisse ad Aleppo

di Ilario Pedrini
Nato a Damasco, dopo gli studi a Roma è tornato in Siria per «stare con la sua gente». Padre Ibrahim Alsabagh, francescano della Custodia di Terra Santa, da due anni è parroco di Aleppo, la seconda città siriana. Fino a quattro anni fa metropoli cosmopolita per quattro milioni di abitanti «e ora teatro di pesantissimi combattimenti, Aleppo è occupata per metà dall’esercito regolare siriano nella parte ovest e per metà da gruppi armati di miliziani jihadisti nella parte est, con combattimenti sulla linea del fronte che a volte avvengono persino a due metri di distanza. Lo racconta Nina Fabrizio, cronista dell’Ansa, che ha incontrato il religioso. Padre Ibrahim dice che «la lettura per cui Aleppo ovest non sarebbe vittima come Aleppo est di bombardamenti su innocenti è «sbagliata e fuorviante», riflesso di «una lettura politica» che non corrisponde alla realtà di una guerra che è già la «terza guerra mondiale a pezzi» (chiara citazione delle parole di papa Francesco). Il francescano è arrivato a Roma, dopo un non proprio facile viaggio a Beirut, per parlare di cosa è successo in Siria. Aleppo è una città dove manca tutto (elettricità, acqua, viveri, cure mediche) e dove ogni giorno si subiscono le conseguenze dei bombardamenti e dell’esposizione al lancio dei missili, che colpiscono anche case, scuole, ospedali e moschee. «Ad Aleppo la tregua fragile è saltata sabato scorso e già 20 missili sono caduti nella parte ovest da allora – spiega -. Si rischia che la situazione precipiti di ora in ora con un escalation di attacchi da entrambe le parti». «I missili che ci raggiungono sono lunghi fino a 3/4 metri – continua -. A pagare le conseguenze sono i civili innocenti. In tanti sono ridotti a vivere tra le macerie delle proprie case distrutte o in strada». Impressionante il racconto della lotta per il cibo: «Un pacco alimentare con un chilo di formaggio viene razionato e fatto durare da una famiglia anche un mese». È anche «emergenza sanità». «I medici più istruiti sono fuggiti, le cure sanitarie sono inaccessibili». E ancora sui disagi della vita quotidiana: «Da tre anni siamo senza elettricità, spesso per settimane senza acqua. Le famiglie sotto la soglia sella povertà hanno raggiunto l’impressionante quota del 92%. Si mandano i figli a scuola e non si sa se torneranno a casa». Per quanto riguarda i cittadini più piccoli, padre Ibrahim Alsabagh spiega: «I bambini ad Aleppo già parlano di missili e di pallottole come se parlassero di giocattoli, due minori su cinque manifestano malattie alla pelle causate dai trauma psichici causati dai bombardamenti, molti non dormono la notte e non mangiando né carne né formaggio. Soffrono la malnutrizione». La parrocchia di padre Alsabagh ha promosso 23 progetti umanitari per permettere alla popolazione di tornare ad un vivere civile. «Certo uno potrebbe chiedersi che senso ha riparare una casa in una città devastata dalle bombe. Eppure anche questo è un segno di speranza per chi è costretto a vivere tra le macerie». Intervistato da Andrea Avveduto per San Francesco patrono d’Italia, dice: «Qui c’è bisogno di tutto, qualche volta neanche possiamo dire di cosa abbiamo davvero bisogno. Quando arrivano gli aiuti umanitari possiamo fare molto per sostenere la gente che vive qui. Non dimenticate la generosità, come diceva San Paolo che faceva personalmente la raccolta speciale per i cristiani di Gerusalemme in grande difficoltà, e invitava a manifestare la carità che esiste nei cuori attraverso l’aiuto concreto alle altre Chiese in difficoltà. Noi continueremo ad attendere la Provvidenza e siamo sicuri che non mancherà mai di sorprenderci».
http://www6.ansa.it/ansamed/it/notizie/rubriche/cronaca/2016/10/27/siria-parroco-aleppo-basta-armi-e-ora-soluzione-politica_48d74749-823b-4a7d-b1ef-bf39809cd3d3.html

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